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Mentre un giudice blocca la norma che riduce la possibilità di abortire in Mississippi in nome del "diritto di scelta della donna", la dottoressa Kathi Aultman svela la menzogna teorica che ha portato all'omicidio di oltre 60 milioni di bambini solo negli Stati Uniti.
Il 19 gennaio scorso il Mississippi è riuscito a mitigare la normativa abortista, abbassando il numero di settimane di gravidanza in cui è permesso da 20 a 15, ma è bastata l'immediata denuncia del Center of Reproductive Rights a far bloccare dal giudice federale Carlton Reeves l'esecuzione della norma. «Lo stato - ha detto il giudice - non può proibire alla donna di decidere».
La libertà di decisione è il mantra relativista che da oltre cinquant'anni tiene in piedi l'industria miliardaria dell'aborto. Proprio il 19 marzo Kathi Aultman, ex abortista, intervistata dalla CBN News ha rigettato luce sulle bugie di un sistema che ha portato all'omicidio di circa 60 milioni di bambini solo negli Stati Uniti.
Aultman ha cominciato la sua battaglia pro life raccontato a parlamenti e politici la sua esperienza come direttore di una clinica abortiva della Planned Parenthood (il colosso abortista finito in numerosi scandali fra cui la compravendita di organi di bimbi abortiti). Laureata in medicina, sin dall'inizio Aultman era convinta «che una donna deve avere il diritto di scegliere se essere incinta oppure no…non consideravo minimamente l'uguaglianza del feto».
Come può un medico proseguire nell'omicidio seriale di bambini, la donna lo ha spiegato così: «Guardavo il tutto da un punto di vista scientifico, mettendo completamente da parte qualsiasi emozione. Era stupefacente, ero solita mandarli, i diversi resti (dei bambini abortiti, ndr), giù nel reparto di patologia…guardavamo ai resti e mi affascinava». Pare di sentir parlare gli agenti delle SS che a processo, conclusa la Seconda Guerra Mondiale, non mostravano segni di sconvolgimento: «Non avevo alcun problema con quello che facevo», chiarisce la donna. Nemmeno quando Aultman commise un aborto mentre lei stessa era incinta, perché, si giustificava così: «Il mio bambino era voluto. Il loro no». A maggior ragione, verrebbe da dire, ma per lei esisteva solo la donna: «Non sembrava un problema per la donna che stavo facendo abortire. Non vedevo contraddizioni, nessun problema».
Ma il primo colpo all'ideologia femminista che aveva assorbito in università arrivò quando Aultman cominciò a prestare servizio nel reparto di terapia intensiva neonatale, dove aiutava i bimbi grandi come quelli che abortiva a lottare per la vita. Guardarsi mentre li aiutava, quando dall'altra parte li uccideva, la colpì. Ma, come accade quando non si cerca la verità, la dottoressa mise subito a tacere la sua coscienza.
Dopo il parto del suo primo figlio, però, altri fatti disturbarono la sua tranquillità. Il primo riguardava una giovane al suo terzo aborto, con i primi due già effettuati dalla dottoressa: «Andai dalla responsabile della clinica e le dissi che non lo avrei fatto, stava usando l'aborto come un contraccettivo. Ma loro mi dissero (ripetendole le parole con cui lei stessa si era sempre giustificata, ndr) che non avevo il diritto di prendere io quella decisione». L'episodio successivo Aultman lo ha spiegato così: «La seconda donna venne insieme alla sua fidanzata che le chiese: "Vuoi vedere i tessuti?" ma lei scattò e disse con una voce davvero arrabbiata: "Non voglio vederli, voglio solo ucciderlo!". E pensai: ma cosa ti ha mai fatto questo bambino?».
Alla CBN News Aultman ha ricordato anche quando una signora con 4 figli, smentendo quanti difendono l'aborto in nome dei "diritti delle donne", andò da lei perché «il marito pensava che non avrebbero potuto permettersi un altro figlio e lei pianse tutto il tempo». Proprio pensando all'ostilità delle prime due donne e al dolore della terza, la dottoressa cominciò ad ammettere che «il fatto che un bambino non era voluto non poteva essere una giustificazione sufficiente per praticare la procedura».
Aultman più tardi si convertì al cristianesimo, ma non smise comunque di credere nella "libertà di scelta" della donna di uccidere suo figlio, anche se la lettura del libro Il Cristianesimo così com'è, di C.S. Lewis, la fece vacillare. Ma solo qualche anno dopo, quando lesse un articolo che mostrava la similitudine fra olocausto nazista ed aborto, la donna capitolò, prendendo coiscienza di tutto il suo male: «Ho probabilmente ucciso più persone di Ted Bundy o di ogni altro assassino di massa», ha confessato dimostrando ancora una volta la banalità del male descritta da Hannah Arendet e che portò le SS ha commettere crimini tremendi senza quasi rendersene conto, perché "obbedivo agli ordini" e perché "lo facevano tutti".
Oggi per Aultman non è semplice convivere con il suo passato anche perché, «una delle cose più belle per una ginecologa e ostetrica è incontrare i bambini che ha aiutato a nascere o il figlio di quei bambini. È amaro perché penso a tutte quelle persone che non incontrerò avendo praticato l'aborto».
Aultman che l'anno scorso ha parlato davanti al Congresso per difendere le proposte di legge che vietano l'aborto non appena si manifesta il battito fetale, ha raccontato la sua gratitudine per il fatto che Dio ora la usi per proteggere e salvare i bambini «mentre un tempo li uccidevo». Ci vollero anni però, perché quando si rese conto del crimine umanitario commesso la donna non riusciva a perdonarsi: «In quel periodo - ha concluso - vidi nella mia mente le ginocchia e i piedi di Gesù e io che piangevo ai suoi piedi, mi disse: "Sei più potente di me? Sei più importante di me? Sei più forte di me che ti posso perdonare mentre tu non ti perdoni? A quel punto capii che mi aveva perdonato e che avevo bisogno di perdonare me stessa, fu la mia vera guarigione». Quella che ha poi portato Aultman a dedicare il resto della sua vita alla lotta contro l'aborto.
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