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Una coppia nel 2003 fa ricorso alla fecondazione artificiale per avere un figlio. Vengono prodotti dieci embrioni, tre dei quali vengono impiantati mentre i rimanenti sette finiscono crioconservati. Nel novembre del 2015 la coppia aveva chiesto al centro a cui si erano rivolti di «cessare la crioconservazione esigendone la riconsegna». In altri termini la richiesta era volta alla loro distruzione.
Il centro per la fertilità aveva risposto loro che, secondo quanto stabilito dalla legge 40 del 2004, non potevano procedere alla loro distruzione. I due però non si arrendono e si rivolgono al Tribunale di Roma. Questo rigetta la richiesta. Il giudice, infatti, richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 151 del 2009 laddove, prevedendo il superamento del limite di tre embrioni per ogni ciclo, approntava «una particolare tutela prevedendo l'obbligo della conservazione con la tecnica del congelamento, fino a quando (gli embrioni) non vengano utilizzati per il loro successivo impianto in un ulteriore ciclo di procreazione medicalmente assistita, ovvero vengano dichiarati in stato di abbandono, secondo quanto disciplinato dal Dm della Salute del 4 agosto 2014».
Quindi, il destino degli embrioni crioconservati in punta di diritto può essere duplice: uno scongelamento a cui segue l'impianto da parte della madre biologica o, così c'è da supporre, da parte di terzi richiedenti – dato che la Corte Costituzionale ha aperto le porte anche all'eterologa – oppure la dichiarazione in stato di abbandono. Questa dichiarazione fa seguito a quella, eventuale, da parte della coppia che esplicita la volontà di non voler più ricevere gli embrioni crioconservati. In tal caso, spiega il giudice, si attiva la «speciale procedura che ne prevede il trasferimento dal Centro di procreazione medicalmente assistita alla Biobanca nazionale».
Dunque, la distruzione non solo non è contemplata dalla disciplina vigente, ma viene addirittura sanzionata con «la previsione della pena della reclusione fino a tre anni e con la multa da 50mila a 150mila euro». Un paio di considerazioni. Evidentemente alla coppia ricorrente non piaceva l'idea che alcuni loro figli fossero ancora vivi da qualche parte in azoto liquido. Meglio morti che vivi in un freezer. É uno dei paradossi che ha introdotto la fecondazione artificiale: si intuisce o forse addirittura si comprende appieno che quegli embrioni sono propri figli e che vivono in una condizione non degna della loro umanità, e dunque si decide per la loro soppressione, scelta eticamente peggiore rispetto a quella, sempre eticamente censurabile e assai grave, di lasciarli crioconservarti.
Ucciderli è il tentativo di uccidere il pensiero assai fastidioso che i figli vanno educati a casa propria e non lasciati nel gelo mortale di una clinica per la fertilità. In merito, invece, alla sentenza, questa in un certo qual modo mette in evidenza che la crioconservazione è un vicolo cieco da cui è umanamente impossibile uscire, così come la Chiesa da tempo insegna. La Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1987 aveva pubblicato il documento Donum vitae - Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione in cui a chiare lettere si affermava che «lo stesso congelamento degli embrioni, anche se attuano per garantire una conservazione in vita dell'embrione — crioconservazione— costituisce un'offesa al rispetto dovuto agli esseri umani. […] Queste manipolazioni sono contrarie alla dignità personale dell'essere umano, alla sua integrità e alla sua identità. Non possono quindi in alcun modo essere giustificate in vista di eventuali conseguenze benefiche per l'umanità futura» (Parte I, n. 6).
Nel 2008, la Congregazione per la Dottrina della Fede nell'istruzione Dignitas personae tornava sul tema: «Occorre costatare, in definitiva, che le migliaia di embrioni in stato di abbandono determinano una situazione di ingiustizia di fatto irreparabile». Perciò Giovanni Paolo II lanciò un «appello alla coscienza dei responsabili del mondo scientifico e in modo particolare ai medici perché venga fermata la produzione di embrioni umani, tenendo conto che non si intravede una via d'uscita moralmente lecita per il destino umano delle migliaia e migliaia di embrioni "congelati", i quali sono e restano pur sempre titolari dei diritti essenziali e quindi da tutelare giuridicamente come persone umane» (Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Simposio su Evangelium vitae e diritto e all'XI Colloquio internazionale romanistico canonistico, 24 maggio 1996)». (n. 19)
E dunque il fatto che il Tribunale abbia vietato la distruzione degli embrioni alla fine non è proprio da considerarsi una vittoria tonda tonda per il mondo pro-life. Ricorda semmai che il problema vero sta a monte e che, per evitare simili corto circuiti etici, occorrerebbe vietare in toto la fecondazione artificiale.
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