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Proponiamo ai nostri lettori questo articolo pubblicato sul mensile Notizie Pro Vita, che meritava di essere letto e merita di non essere dimenticato.
La medicina fetale ha negli ultimi 30 anni amplificato enormemente il suo braccio diagnostico mentre il suo braccio terapeutico non ha avuto lo stesso coinvolgimento di ricerche e di applicazioni cliniche. Le motivazioni risiedono nel fatto che spesso, dinanzi ad una condizione di patologia fetale grave, una sorta di "resa" culturale e una forma di medicina difensiva hanno oggettivamente frenato la possibilità di cure al feto in utero. La rivisitazione epicritica della nostra esperienza di terapia fetale (30 anni) dimostra, invece, che, condizioni fetali oggettivamente considerate incurabili, con l'evoluzione delle conoscenze dei quadri fisiopatologici e della storia naturale sono diventati curabili. Il riconoscere come le acquisizioni delle nuove tecnologie hanno cambiato la storia naturale di molte condizioni di patologia significa ridare una peculiare dignità alle applicazioni della scienza nel mondo pre-natale, che risultavano in qualche modo mutilate. Le modalità di terapia fetale più conosciute nel mondo sono essenzialmente quattro:
- la terapia transplacentare che si attua attraverso somministrazioni di farmaci o interventi sul versante materno con l'intenzione di ottenere risultati sul versante fetale;
- la terapia invasiva eco guidata che utilizza l'eco guida di aghi o dispositivi che entrano nel compartimento feto amniotico;
- la terapia feto endoscopica che utilizza endoscopi molto piccoli per interventi molto particolari;
- la chirurgia fetale aperta detta "open", che interviene chirurgicamente e direttamente sul difetto strutturale del feto e che, pur "aprendo" l'utero, non esteriorizza il feto in maniera completa ma si apre solo un varco per curare quella zona anatomica da correggere chirurgicamente.
Queste quattro modalità di terapia fetale individuano con la loro reciproca integrazione quel campo d'interventi della medicina fetale che viene giustamente definita terapia fetale integrata. Come nella medicina dell'adulto sia il braccio diagnostico sia il braccio terapeutico si integrano con interventi invasivi e non invasivi, così nella medicina del feto si realizza un insieme di procedure che definiscono il feto come paziente a tutti gli effetti. Una larga esperienza nell'umano è stata effettuata dal mio gruppo sia con terapie transplacentari (5 casi di tachicardia parossistica che hanno subito una cardioversione dando digitale e Derapamil alla madre e che hanno ottenuto la normale frequenza cardiaca fetale con sopravvivenza del 100%) sia con terapie fetali eco guidate per via intralesionale (22 cisti ovariche fetali drenate senza problemi materni o delle bambine che hanno conservato ambedue le ovaie), via intramniotica (rottura precoce delle memebrane al quarto mese e mezzo, sindrome da trasfusione feto-fetale, gozzo fetale, incontinenza cervicale con sacco amniotico in vagina con sopravvivenze passate in 20 anni dallo 0% al 65% e dal 12% al 42 % per tutte le forme di poliamnios complicanti le condizioni generali), via intravascolare (isoimmunizzazione Rh, trombocitopenia autoimmune, deficit congeniti della coagulazione, sopravvivenza passata dal 40% al 93%), via intraurinaria (nelle uropatie ostruttive basse con sopravvivenza triplicata dal 25% al 66%) e via intracavità sierose (nelle forme idropiche fetali non immuni, nelle asciti e nell'idrotorace con sopravvivenza passata dal 20% al 71%). Questi sono i dati pubblicati nei due libri "Le terapie fetali invasive" – Noia et al. Società Editrice Universo 1998 e "Terapie Fetali" – G. Noia Poletto Editore 2009. Come si vede esiste una risposta all'eugenismo culturale, come si vede c'è la possibilità di una medicina della speranza: non facciamoci rubare la speranza! (Papa Francesco).
Giuseppe Noia
tratto da NotizieProVita n.4 – Aprile 2013 – Pag. 17
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