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Buone notizie arrivano dal "Corriere": anche all'ospedale Policlinico Umberto I di Roma, il più grande ospedale universitario d'Italia, è andato in pensione l'unico medico che praticava aborti e sono ufficialmente sospese le prenotazioni per la soppressione di bambini non ancora nati. Lo stesso si sta verificando in tutto il mondo, il "Guttmacher Institute" ha ad esempio rilevato che in oltre trent'anni i medici abortisti americani sono diminuiti del 40% e oggi, secondo gli studi, solo il 14% è disposto a praticare l'interruzione di gravidanza. Lo stesso accade in Canada e in tanti altri Paesi, non è certo un fenomeno esclusivamente italiano.
Pochi giorni fa proprio Papa Francesco ha esortato i medici all'obiezione di coscienza: «La fedeltà al Vangelo della vita e al rispetto di essa come dono di Dio, a volte richiede scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze, possono giungere all'obiezione di coscienza», ha affermato. «Quando tante volte nella mia vita di sacerdote ho sentito obiezioni. "Ma, dimmi, perché la Chiesa si oppone all'aborto, per esempio? E' un problema religioso?" – "No, no. Non è un problema religioso" – "E' un problema filosofico?" – "No, non è un problema filosofico". E' un problema scientifico, perché lì c'è una vita umana e non è lecito fare fuori una vita umana per risolvere un problema. "Ma no, il pensiero moderno…" – "Ma, senti, nel pensiero antico e nel pensiero moderno, la parola uccidere significa lo stesso!». L'aborto è un omicidio, lo ha ribadito Francesco parlando di fronte ai burocrati europei a Strasburgo: «l'essere umano rischia di essere ridotto a semplice ingranaggio di un meccanismo che lo tratta alla stregua di un bene di consumo da utilizzare, così che – lo notiamo purtroppo spesso – quando la vita non è funzionale a tale meccanismo viene scartata senza troppe remore, come nel caso dei malati terminali, degli anziani abbandonati e senza cura, o dei bambini uccisi prima di nascere».
Uccidere bambini prima che nascano non può essere un mestiere, non c'entra nulla con il ruolo del medico, non è una prestazione sanitaria. Per questo i medici obiettori sfiorano il 90%, la buona notizia arriva dalla Laiga (Libera associazione italiana dei ginecologi per l'applicazione della legge 194), nota per aver proposto di penalizzare gli obiettori di coscienza, obbligandoli a lavorare più tempo dei non obiettori. Carlo Flamigni li ha invece calunniati, definendoli «medici inetti e disonesti».
E' sorprendente come la cultura dello scarto non riesca a rispettare il diritto costituzionale all'obiezione di coscienza (il costituzionalista Filippo Vari ha ricordato di recente i riferimenti alla tutela, anche giuridica, della vita prenatale nella Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo approvata dall'ONU), che non capisca che praticare aborti è una tortura per i medici. Lo ha ammesso una delle poche abortiste italiane, Alessandra Kustermann della Mangiagalli di Milano: «In quel momento so benissimo che sto sopprimendo una vita. E non un feto, bensì un futuro bambino. Ogni volta provo un rammarico e un disagio indicibili. Sento che avremmo tutti potuto fare di più. Amo il mio lavoro, quando non è concentrato sugli aborti, ma so che quando andrò in pensione mi potrò permettere di pensare di nuovo a Dio». Ma la fede, come abbiamo già detto, conta poco. E' una questione scientifica: «Io non credo in Dio, non ho la grazia della fede, che vuole che le dica?», ha affermato Giorgio Pardi, professore di Ostetricia e Ginecologia, direttore all'Istituto "L. Mangiagalli" e studioso dello sviluppo fetale. «Quindi scriva, scriva che il dottor Pardi Giorgio è ateo o, se preferisce, è un laico. E aggiunga anche che per ritenere l'aborto un omicidio non serve la fede. Basta l'osservazione. Quello è un bambino, la vita comincia col concepimento».
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