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“Vegliate su voi stessi e su tutto il Creato” (14 maggio 2013): il Papa ha mirabilmente alzato il tiro e dato un nuovo significato alle parole che riguardano la difesa della vita. Recentemente, degli ecologisti americani sono rimasti colpiti dalle sue parole sul rispetto del creato e mi hanno comunicato l’interesse per questo insolito (ma in realtà non proprio insolito nella Chiesa) parlare del Papa sul Creato come oggetto di tutela da parte del cristiano.
Non è un parlare insolito per i cristiani, perché senza rispetto per la vita non si ama l’ambiente e il bene dell’uomo, e senza un amore che comprenda ambiente e scelte sociali a favore di chi ha bisogno, la difesa della vita resta zoppa. Ma spesso il dibattito etico era impantanato in una dialettica tra tifoserie, e pareva di vedere una squadra pro-choice e una pro-life che battagliavano e se le davano di santa ragione sui cosiddetti “temi etici”, finendo con due drammatiche conseguenze: la prima, che i “temi etici” restavano molto meno numerosi di quanto siano in realtà e la seconda che quei pochi temi che restavano acquistavano una valenza di “idoli” – seppure con la buona fede di molti. Chi non è restato perplesso vedendo talvolta sul fronte pro-life reagire affannati contro le ultime “innovazioni” etiche quasi scordando quelle precedenti… tanto che chi voleva far passare una discutibile “novità etica”, bastava che ne proponesse una ancor più provocante?
Ora, il Papa ha alzato il tiro e – con l’occhio a tutto ciò che lo ha preceduto – sembra invitare a non inseguire affannati le “novità etiche” (pur non cessando di giudicarle e se necessario prendere provvedimenti). Il costante richiamo alla cura del Creato è un segnale alto per mostrare che il punto non è il singolo atto della singola persona o la singola “novità” (che comunque vanno giudicati), ma la cultura che li genera.
Per capirlo vediamo di rifarci a cosa diceva il Cardinal Bergoglio (ora Papa Francesco) in Argentina. Il 25 maggio 2012 così si esprimeva lamentando la cultura mondana: “Consegniamo le nostre vite e, peggio, quelle dei nostri giovani, alle soluzioni magiche e distruttive delle droghe, del gioco legalizzato, della medicalizzazione facile, della banalizzazione dello spettacolo, della cura feticista del corpo. E i nostri anziani, che per questo narcisismo e consumismo sono materiale scartabile, li gettiamo nella discarica esistenziale. Così la mancanza di amore instaura la <
Capite che il passo che mostra è forte: stigmatizza una cultura che assimila cose e persone in una inutilità generale, come viene stigmatizzato nella tradizione sia della migliore bioetica personalista sia della parte migliore del movimento ecologista. Perché esiste una cultura del rifiuto che nella società occidentale divide le cose e le persone in “quelle che servono” e “quelle che non servono”… e le seconde devono sparire.
In un’altra omelia presente sul web dice ai membri di una congregazione: “dovete uscire alle periferie esistenziali, laddove l’esistenza delle persone è materia di scarto. E’ un sistema paganizzato, che divide tra “quelli che rientrano nei limiti” e “quelli che sono di troppo”. Quelli che non rientrano nel sistema sono di troppo e quelli che sono di troppo e quelli che sono di troppo sono scartabili” E continua: “ho apprezzato molto che uno di voi mi abbia detto che era cosa buona che una delle postulanti della vostra congregazione prima di essere ammesae passasse molto tempo nel Cottolengo. Lì sono le frontiere esistenziali. Passare il tempo (e nessuno ti retribuisce) con il malato il ritardato mentale, il malato terminale… perché è la carne di Gesù”.
E’ realmente un tiro ben alzato: perché affronta la cultura, parla di sociologia, mette le mani nella vita e nella tragedia quotidiana, mostrando però una via: superare la cultura del rifiuto (la cultura della discarica), perché quello che il mondo vuole far sparire è la carne di Gesù.
Un discorso di questa altezza attrae il mondo: attrae la cultura ecologista e attrae le mille e mille famiglie toccate dal dolore e dalla fatica e troppo spesso abbandonate dal potere e umiliate da un sistema consumista e pagàno. Avevo spiegato questo concetto qualche tempo fa sull’Osservatore Romano dicendo che la “società del rifiuto” consuma e scarta, finisce per farlo con le stesse persone, diventando autodistruttiva. E nella prima era in cui l’uomo produce rifiuti in maniera irresponsabile, è significativo l’allarme di Zygmunt Bauman: accanto a quelli urbani, la società consumistica produce “rifiuti umani”, entrambi assimilati da una presunta inutilità.
Ed è bello sentire il Cardinal Bergoglio, nell’omelia tenuta all’incontro di catechesi interdiocesano del 2012 dire “Gesù prendeva la vita come veniva. La vita è questa e io la ricevo- diceva Gesù – Come nel calcio: i rigori li devi parare nell’angolo dove te li tirano. Non puoi scegliere tu come teli calceranno. La vita viene così e la devi ricevere così. Anche se non ti piace. “Che lungi dall’essere una riflessione passiva è l’apertura coraggiosa alla vita e alle sfide; coraggio, parola censurata in un’epoca in cui il grande protagonista è la paura della vita, paura di tutto quello che non hai programmato a tavolino, paura contro cui lo stesso Cardinale Bergoglio mette in guardia in una mirabile intervista TV dal titolo “Biblia, diálogo vigente” del Canal21 (Buenos Aires), ascoltabile sul web, in cui ripete le parole di Gesù - e di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI -: “Non temere”, dice, per mettere in guardia “Contro i nostri timori che la nostra fantasia ingigantisce… e ci schiacciano”.
Già, perché non è forse la paura il grande nemico e la grande sorgente delle aggressioni alla vita e alla dignità altrui, dal concepimento fino alle fabbriche, dallo sfruttamento delle donne ai letti in cui qualcuno spesso solo e forse “sentendosi un peso”, chiede di morire? Un tempo forse era la cattiveria e l’egoismo; oggi la popolazione non è nemmeno più egoista: è solo tanto impaurita e tanto sola.
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