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Già sessant'anni fa circolavano le teorie antinataliste del pastore anglicano. Ma Giovannino Guareschi le demoliva senza pietà "Crescete et moltiplicorum!". Nel buio della notte padana, la luce della torcia elettrica di don Camillo scopre che oltre la rete del pollaio mani ignote hanno lasciato un cartello per farsi beffe di lui. I "polli della vittoria", allevati con tanta cura in vista della sconfitta elettorale di Peppone, sono spariti, e i ladri hanno lasciato soltanto due esemplari, e quel cartello in segno di scherno. L'episodio – che appare nel film Don Camillo e l'onorevole Peppone – ci offre il destro per introdurre quel biblico "crescite et multiplicamini" che fu al centro della profetica battaglia combattuta da Guareschi contro le teorie maltusiane. Teorie elaborate sul finire del '700 dal pastore anglicano Thomas Robert Malthus, che esortava le coppie di sposi all'astinenza per evitare di far crescere la popolazione oltre misura. Oggi i "malthusiani" sono diventati una presenza inquietante nei governi, nelle organizzazioni internazionali, nei giornali. Sono potenti, nonostante le loro previsioni siano state clamorosamente smentite dai fatti. All'orizzonte si profila semmai il dramma del crollo di nascite nei paesi ricchi. Già sessant'anni fa, nel 1952, il Corriere della sera manifestava le prime aperture di credito alla cultura malthusiana. Tanto da pubblicare un pezzo intitolato "L'eccesso di popolazione non può sfogarsi all'estero", nel quale si avvertono gli italiani che su di loro incombe il flagello della sovrappopolazione e la conseguente miseria generale. Sennonché un lettore diCandido, Franco Spotorno, scrive a Guareschi: "Le famiglie numerose sono in gran parte l'indice di coscienza religiosa, di senso del dovere, di rispetto delle leggi di Dio e della natura, di coraggio, di fiducia in se stessi, di spirito di sacrificio, di amore alla famiglia e al lavoro, di quel complesso, cioè, di igiene morale spesso ignota nei talami sterili, dove calcoli complicati, elucubrazioni, igiene matrimoniale e una buona dose di egoismo preparano solitari crepuscoli consolati dal cagnolino. Io sono il sesto figlio di una serie di otto; e proprio non me la sento di pensare ai miei genitori come a degli incoscienti analfabeti." Alla lettera, pubblicata sul Candido del 9 settembre 1952, Guareschi risponde così: "Non accettiamo di polemizzare né di discutere sull'opportunità o meno della limitazione delle nascite non per spirito di intolleranza, ma con lo stesso spirito col quale ci rifiutiamo di discutere sulla esistenza di Dio. Per noi Dio esiste. Con lo stesso spirito noi rispondiamo, a chi ci interpella in proposito, che il problema dell'eccesso di nascite non esiste. La regola è questa: Crescite et multiplicamini. In quanto poi a coloro che negano l'esistenza di Dio, e, quindi, delle Leggi divine, a coloro cioè che sono ancorati alla terra dal più rigoroso materialismo, noi rispondiamo che parlare di 'necessità di controllare e limitare le nascite' è, prima ancora che una bestemmia contro Dio, una bestemmia contro la natura. Quando noi pensiamo che il mare, l'immenso e sconfinato mare, prima che un uomo pensasse a dar la caccia ai pesci, è rimasto per esempio alcuni miliardi di anni (centinaia di miliardi, miliardi di miliardi, chi lo sa?) in completo e incontrollato potere dei pesci, e quando pensiamo che, pur essendo dotati d'una prolificità eccezionale, i pesci non sono mai riusciti a sovrappopolare il mare, ci vien da sorridere davanti alle preoccupazioni del Corriere della Sera e di chi la pensa come quelli del Corriere della Sera. Il problema della superpopolazione non esiste: regole inflessibili, matematiche, esistono, invece, sulle quali si basa il funzionamento di tutte le cose dell'universo. Il Padreterno, prima di creare l'universo, non ha aspettato di leggere ilCorriere della Sera. Aveva già delle idee sue".
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