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Le ragioni per dire no all'aborto Giorgio La Pira le spiegò in particolare in un articolo uscito sull'Osservatore Romano il 19 marzo 1976, quasi due anni prima del varo della legge 194. Ma perché il suo no tanto deciso all'aborto? «La risposta è precisa – scriveva La Pira – perché il concepito è già un essere umano. Una persona umana, con il concepimento, è già venuta all'esistenza: un essere umano nuovo e perciò – sia pure in via di germinazione – già in vita; e come una semente già seminata, già radicata, nel 'suolo' materno e avviata a diventare spiga». L'aborto, aggiungeva l'ex sindaco di Firenze, «è, per definizione, atto estintivo della vita di una persona umana: è l'uccisione di un uomo. Vi sono delle grandi carenze, dei grandi 'vuoti', nelle strutture sociali e giuridiche non adeguate (come dovrebbero essere) alla tutela dei nascituri? Siano eliminate – con grande urgenza e determinazione – con provvedimenti legislativi adeguati: ma mai col togliere l'essere, la vita, al nascituro. Non uccidere: è, per tutti, l'intransitabile frontiera della autentica, unica, comune civiltà umana». C'è un «piano storico», un «progetto storico» di Cristo che la storia attua. «Ebbene: chi sono – si domandava La Pira – i protagonisti, gli esecutori, gli attori di questo 'progetto' storico di Dio, di Cristo, che inevitabilmente attraversa e investe tutti i popoli e tutti i tempi? Chi sono? Gli uomini, tutti gli uomini; tutti gli esseri umani, nati e nascituri».
Mentre «l'aborto sottrae – con l'estinzione dell'essere del nascituro – una di queste pietre essenziali all'edificazione di questa volta, uno di questi 'colpi di remo' essenziali alla navigazione della nave lanciata verso il 'porto escatologico' nell'oceano della storia». C'è, infine, una terza ragione: quella psicologica, che dice ugualmente no all'aborto e concerne la donna che abortisce: «Si tratta della 'irreparabile', 'ontologica' rottura che si verifica nel profondo della sua psicologia (psicologia del profondo di Jung; il rovescio della psicologia delle altezze di Frankl) e rende misteriosamente e inevitabilmente presente, nel profondo della psicologia della madre, il bambino ucciso».
L'aborto, ribadiva La Pira, «non è un atto liberante della donna: anzi, la costituisce per sempre, in un certo senso, in una schiavitù interiore: nessun 'intervento umano' può liberarla. Non c'è riforma sociale, per vasta che sia, mutamento di strutture economiche, politiche, assistenziali, ecc... che possa liberare la donna da questa 'autentica alienazione' interiore che l'aborto in lei invincibilmente causa. Non c'è, per questa liberazione, che la sola divina terapia della Grazia, del 'digiuno' e della preghiera».
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