Amici del Timone n�34 del 30 luglio 2014

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1 LE SENTINELLE IN PIEDI MANIFESTANO DAVANTI ALLA SEDE CENTRALE DEL MONTE DEI PASCHI: IL SINDACO DI SIENA IMPEDISCE IL VOLANTINAGGIO
Intervista al portavoce delle Sentinelle sulla veglia del 21 giugno e il comportamento di polizia e contestatori Lgbt (VIDEO CLAMOROSO: immagini della veglia e del consiglio comunale)
di Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi
2 A SIENA LA LIBERTA’ DI OPINIONE DIPENDE DA CHI SEI E COSA PENSI
Tutta Italia riflette sui gravi fatti accaduti a Siena in occasione della prima veglia delle Sentinelle in Piedi
di Franca Piccini - Fonte: Toscana Oggi
3 MENTRE TUTTA ITALIA CI GUARDAVA, SIENA HA DATO ANCORA UNA VOLTA PROVA DI NON SAPERE COSA SIGNIFICA DEMOCRAZIA (VIDEO DEL CONSIGLIO COMUNALE)
Tentativi di sabotaggio e multe: questa la risposta ai cittadini che pacificamente manifestano autorizzati
di Franca Piccini - Fonte: Toscana Oggi
4 NO ALLA LIMITAZIONE DI ESPRESSIONE DEL PENSIERO E SI AL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
La lettera aperta delle Sentinelle in Piedi ai cittadini di Siena, alle sue Istituzioni, e alla politica
di Sentinelle in Piedi Siena - Fonte: SienaFree
5 PROVE DI REGIME LGBT A SIENA E MODENA
Ancora il disegno di legge Scalfarotto non è in vigore e già sperimentiamo i suoi effetti
di Andrea Lavelli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 UN ESAMIFICIO PER TENTARE DI ESORCIZZARE LA PAURA DELLA MORTE
Ma non è l’uso consumistico della medicina che ci darà le risposte importanti per la nostra vita
di Carlo Bellieni - Fonte: L’Osservatore Romano
7 AMICO DEL CLERO O AMICO DEI GAY?
Il mensile della FACI, il ''sindacato'' dei preti, definisce ''bello e onesto'' un romanzo con scene esplicite di sesso omosessuale
di Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
8 IN LAZIO GLI OBIETTORI SONO COSTRETTI ALL’ABORTO
L’incredibile decisione nega i diritti fondamentali del professionista medico
di Alfredo Mannovano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 UNA STORIA VERA: ''MIO PADRE SI CHIAMA DONATORE''
Ho passato anni della mia infanzia a fantasticare su di lui, poi ho scoperto che il donatore numero 81 era un professionista affermato, un medico che si definisce credente (!)
di Raffaella Frullone - Fonte: Blog di Costanza Miriano
10 I BAMBINI MAI NATI HANNO DIRITTO AD UN NOME
...E non ad essere offesi, con le loro madri, da troppe sensibilità progressiste
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
11 CHI SALVERA' I BAMBINI DA ''SAVE THE CHILDREN''?
La famosa ong a servizio della cultura della morte: contraccezione, aborto ed ora eutanasia per tutte le età, dal neonato in su
Fonte: Notizie Provita

1 - LE SENTINELLE IN PIEDI MANIFESTANO DAVANTI ALLA SEDE CENTRALE DEL MONTE DEI PASCHI: IL SINDACO DI SIENA IMPEDISCE IL VOLANTINAGGIO
Intervista al portavoce delle Sentinelle sulla veglia del 21 giugno e il comportamento di polizia e contestatori Lgbt (VIDEO CLAMOROSO: immagini della veglia e del consiglio comunale)
di Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi, 24/06/2014
Fonte: Tempi, 24/06/2014

2 - A SIENA LA LIBERTA’ DI OPINIONE DIPENDE DA CHI SEI E COSA PENSI
Tutta Italia riflette sui gravi fatti accaduti a Siena in occasione della prima veglia delle Sentinelle in Piedi
di Franca Piccini - Fonte: Toscana Oggi, 22.6.2014

A Siena la libertà di manifestare pacificamente le proprie idee appartiene solo a coloro che sono allineati con le idee della maggioranza che governa la città? E’ ciò che emerge da una conferenza stampa tenuta dai portavoce di “Sentinelle in piedi” e di “La Manif Pour Tous” di Siena, rispettivamente Gianpaolo Bianchi e Alessio Tommasi Baldi, movimenti che lo scorso 20 maggio hanno visto la loro pacifica e silenziosa manifestazione in Piazza del Campo disturbata da una contromanifestazione, peraltro non autorizzata. Alla conferenza stampa era presente anche Paolo Delprato, presidente di “Scienza & Vita” Siena. La contromanifestazione era stata organizzata da alcuni movimenti per contrastare la pacifica veglia silenziosa delle “Sentinelle in piedi”, organizzata per difendere la libertà di espressione di pensiero e per una società fondata sul diritto naturale.
L’eco di questo grave fatto è arrivato sui mezzi di comunicazione nazionali e l’episodio è anche oggetto di un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno, portata avanti dal senatore Bianconi.
Durante i lavori del consiglio comunale di Siena del 22 maggio scorso, la consigliera comunale del PD Katia Leolini, ha appellato le “Sentinelle in piedi”, come “movimento politico e ideologico” in quanto nella campagna informativa dei “veilleurs” italiani, vi sarebbe l’aperto contrasto ai matrimoni omosessuali. Da qui l’esigenza di mantenere neutrale la Piazza del Campo e quindi la richiesta di rivedere il regolamento comunale per la concessione della stessa per impedirne un uso strumentale. Il sindaco Valentini, nel rispondere alla consigliera comunale, ha confuso le “Sentinelle in piedi” con “La Manif Pour Tous”, ma soprattutto ha ignorato che questi due movimenti sono apartitici e apolitici: essi vogliono solo affermare il principio di libertà di espressione del pensiero.  Nella  home page  del sito di  “La Manif  Pour Tous” Italia si legge: “L’associazione nasce in stretto legame con l’omonima realtà francese con lo scopo di mobilitare i cittadini italiani di tutte le confessioni religiose, politiche e culturali e risvegliarne le coscienze in merito alle problematiche riguardanti recenti leggi su omofobia e transfobia, teoria del gender, matrimoni e adozioni a coppie omosessuali. Il suo scopo è garantire la libertà di espressione, preservare l’unicità del matrimonio tra uomo e donna e il diritto del bambino ad avere un padre e una madre”.
Da notare che un esponente di spicco di “La Manif Pour Tous” francese è Jean Pierre Maillard, omosessuale dichiarato, ma che ha aderito a questo movimento che afferma la libertà di espressione e che si contrappone alle leggi che la vogliono limitare o addirittura negare.
L’atteggiamento da parte di Valentini e  della sua maggioranza fa capire chiaramente che le “Sentinelle “, con una pacifica manifestazione, standosene silenziosamente in piedi e affermando il principio di libertà di espressione, hanno dato molto fastidio a coloro che non la pensano come loro. Non si tratta di mettere in contrapposizione eterosessuali con omosessuali, si tratta di affermare il principio di poter manifestare il proprio pensiero liberamente, sia per quanto riguarda coloro che sono eterosessuali sia per quanto riguarda coloro che sono omosessuali, senza nessuna prevaricazione da parte di nessuno.

Questa “intolleranza” nei loro confronti, sta facendo sì che le “Sentinelle in piedi” si stiano espandendo a macchia d’olio su tutto il territorio nazionale, in pochi mesi hanno portato migliaia di persone in piazza, proprio per affermare, in modo pacifico, il diritto di libertà di espressione per tutti, anche per coloro che non si ritrovano nei canoni del cosiddetto “pensiero dominante”, ognuno deve essere libero di manifestare il proprio pensiero, anche se questo talvolta non è gradito a chi governa.

NOTA DI SCIENZA E VITA: Ecco il clamoroso video con le immagini dei contromanifestanti LGBT a Siena in Piazza del Campo, ma soprattutto la seduta del consiglio comunale dove Katia Leolini chiede al Sindaco di proibire alle Sentinelle in Piedi di poter manifestare di nuovo, con una modifica ad hoc del regolamento comunale.
La consigliera afferma che tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero, salvo poi aggiungere che le sentinelle non lo hanno perchè discriminano i gay, cioè in pratica: "Ha libertà di pensiero solo chi la pensa come noi che comandiamo..."
Ecco l'intervento integrale della consigliera e del sindaco Bruno Valentini.
Clicca sul sottostante link per vedere il video: assolutamente da vedere integralmente
https://www.youtube.com/watch?v=B_6KCQuM_u8

Fonte: Toscana Oggi, 22.6.2014

3 - MENTRE TUTTA ITALIA CI GUARDAVA, SIENA HA DATO ANCORA UNA VOLTA PROVA DI NON SAPERE COSA SIGNIFICA DEMOCRAZIA (VIDEO DEL CONSIGLIO COMUNALE)
Tentativi di sabotaggio e multe: questa la risposta ai cittadini che pacificamente manifestano autorizzati
di Franca Piccini - Fonte: Toscana Oggi, 29.6.2014

Mentre in piazza Matteotti si teneva un concerto a tutto decibel, in piazza Salimbeni il silenzio delle “Sentinelle in piedi” faceva più rumore del concerto.
Sabato 21 giugno scorso le “Sentinelle in piedi” hanno organizzato una veglia, regolarmente autorizzata dalla Questura di Siena,  per ribadire e affermare: SI al rispetto per ogni persona; SI alla complementarietà uomo donna; SI alle libertà garantite dalla Costituzione; NO alla violenza e alle discriminazioni; NO al carcere per chi esprime la propria opinione; NO alla teoria gender introdotta nelle scuole all’insaputa dei genitori. La veglia si è svolta con il solito metodo adottato dalle “Sentinelle” e cioè stando in piedi, in silenzio a leggere un libro con un candelotto acceso in terra davanti a ciascuna sentinella. Ma questo silenzio, nella nostra città, sta facendo sempre più un assordante rumore, altrimenti non si spiega il perché alcune persone, vanno a fare azione di disturbo a queste manifestazioni regolarmente autorizzate, nel caso di sabato, intonando cori a squarciagola. A fronte di ciò, un esponente delle “Sentinelle in piedi” è stato multato, perché parlava con il megafono, solo per spiegare il senso della veglia. Questo comunque non ha impedito che la veglia  si svolgesse regolarmente fino alle 22, ora in cui scadeva l’autorizzazione.
L’affermazione dei princìpi sopra elencati evidentemente nella nostra città non è cosa gradita. E’ stato perfino proibito il volantinaggio, e il vigile urbano interpellato sul perché, ha risposto che per un regolamento comunale, il volantinaggio è ammesso solo in campagna elettorale e per scopo politico e religioso.
Le “Sentinelle in piedi” non hanno colore politico, nelle loro fila ci sono persone appartenenti a formazioni politiche diverse.
Indubbiamente queste tematiche etiche, stanno scuotendo anche il mondo politico nazionale in senso trasversale alle forze politiche.  
Un noto esponente del PD nazionale, Mario Adinolfi, ha recentemente pubblicato un libro dal titolo: “Voglio la mamma”, presentato a Montecitorio il 5 maggio scorso, proprio per affermare il diritto di ogni bambino ad avere un padre ed una madre e per evitare quello che lui chiama “il caos etico”. Adinolfi ha collegato all’uscita di questo libro, la nascita di una serie di circoli, distribuiti su tutto il territorio nazionale, proprio per affermare il diritto naturale; questo movimento si batte contro il matrimonio omosessuale, l’aborto, l’eutanasia, l’utero in affitto e la fecondazione eterologa. Il diritto naturale è sancito anche dalla Costituzione italiana all’articolo 29 che recita: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.
Ed è notizia di questi giorni che il senatore Giovanardi, a seguito delle contestazioni subite dalle Sentinelle in città come Modena e Siena, ha presentato un’interpellanza parlamentare al ministro dell’Interno Angelino Alfano.

NOTA DI SCIENZA E VITA: ecco il clamoroso video con immagini della veglia e del consiglio comunale dove i consiglieri della minoranza hanno duramente contestato al sindaco il suo operato non rispettoso della libertà di manifestazione del pensiero delle Sentinelle in Piedi.
Si raccomanda la visione dell'intero video perchè merita di essere visto fino alla fine...
http://youtu.be/Wm-TisdO4KM

PRECEDENTI VIDEO

SIENA 1
Le Sentinelle a Siena in Piazza del Campo il 20 maggio 2014
https://www.youtube.com/watch?v=HUfVJ7yGfcM

SIENA 2
Le Sentinelle a Siena in Piazza del Campo disturbate dall'Arcigay e consiglio comunale del 22 maggio 2014
https://www.youtube.com/watch?v=B_6KCQuM_u8

SIENA 3
Le Sentinelle a Siena davanti al Monte dei Paschi e consiglio comunale del 26 giugno 2014
https://www.youtube.com/watch?v=Wm-TisdO4KM

Fonte: Toscana Oggi, 29.6.2014

4 - NO ALLA LIMITAZIONE DI ESPRESSIONE DEL PENSIERO E SI AL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
La lettera aperta delle Sentinelle in Piedi ai cittadini di Siena, alle sue Istituzioni, e alla politica
di Sentinelle in Piedi Siena - Fonte: SienaFree, 21 Giugno 2014

“Rispondiamo alla lettera aperta del 20 giugno pubblicata su Sienafree del Movimento Pansessuale Senese, e più in generale proseguiamo la nostra attività pacifica e silenziosa per sensibilizzare e risvegliare le coscienze sulle libertà di espressione del pensiero e per una società fondata sul diritto naturale”. Così una nota in risposta della lettera aperta del Movimento Pansessuale da parte di Sentinelle in piedi.
“Prima di entrare nel merito e smontare le accuse false dei pansessualisti - prosegue la nota - vogliamo ricordare a cittadini, istituzioni e giornalisti che le Sentinelle in Piedi  sono una rete di resistenza civile, pacifica, che vigila sull’operato delle istituzioni, stando dritti in piedi leggendo un libro orientati tutti verso un unico orizzonte: che le istituzioni operino per il bene dell’uomo e della società.
Le sentinelle in piedi non hanno padroni, non hanno ideologie, hanno solo buon senso. Ciascuno di noi ha la propria storia, le proprie origini culturali ed il proprio credo religioso nonché le sue convinzioni politiche. Ciò che accomuna le Sentinelle è il profondo senso dell’Uomo, della sua libertà, il suo essere in una Società fondata sul diritto naturale.
Tornando alle accuse dei pansessuali senesi, ribadiamo innanzitutto due concetti base ma necessari visto che si continua a strumentalizzare le Sentinelle in Piedi: le Sentinelle in Piedi non sono un movimento politico, siamo apartitici ed aconfessionali quindi non cediamo alle superficiali etichettature di coloro che, ideologicamente, vogliono confinarci là nella politica o in un partito. Non cediamo neppure alla provocazione strumentale di contrapporre etero e omosessuali: fra le Sentinelle vi sono omosessuali dichiarati che “combattono in coscienza affinché ogni bambino abbia diritto ad un padre e ad una madre”.
I signori del Movimento pansessuale citano, giustamente e condividiamo in toto - proseguono le Sentinelle in piedi - l’art. 3, comma 1, della costituzione Italiana che riportiamo integralmente visto che ultimamente, anche in sedi istituzionali, se ne citano versioni differenti:
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Se ci accomuna il rispetto e la passione per la nostra Costituzione siamo felici, felicissimi. Dobbiamo però amarla tutta questa Costituzione, non possiamo citare e sbandierare solo le parti che ci fanno comodo, come fanno gli amici del movimento pansessuale senese nella lettera aperta del 20 giugno.
Allora citiamo e invitiamo i signori del Movimento Pansessuale a leggere altresì l’art. 29 della medesima Costituzione che riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Società Naturale, quando poi loro avallano progetti di legge che prevedono il carcere per chi sosterrà la famiglia naturale.
Ma ancor più li invitiamo a leggere e rispettare l’art. 21 della Costituzione Italiana che recita al primo comma:
Art. 21.
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
Coloro che hanno contestato la nostra veglia del 20 maggio in Piazza del Campo, senza alcuna autorizzazione della Questura, introducendosi fra le file ben disposte delle sentinelle, parandosi davanti alle sentinelle con cartelloni e striscioni, baciandosi safficamente davanti ai bambini, sussurrando all’orecchio delle sentinelle più anziane la loro inutilità nel mondo ed offendendo la loro femminilità, hanno di fatto vanificato la nostra pacifica veglia dimostrando di infischiarsene dell’art. 21 della costituzione.
Cittadini istituzioni e politici di Siena, se il nostro silenzio fa tanto rumore chiedetevi perché? Nella festa ultracolorata (arcobaleno) noi siamo quei colori che l’occhio umano non percepisce, nella musica sfrenata della Festa della Musica noi siamo la pausa, il respiro, il silenzio: eppure il nostro “concerto” fa più scalpore dei 1000Watt delle chitarre rock e delle batterie?
Perché? Perché parliamo direttamente alla coscienza di ognuno. Perché con il nostro modo nuovo, pacifico ma determinato, di “resistere” gridiamo il pericolo imminente di una dittatura e di un totalitarismo culturale che spaventa: i più anziani fra noi, ma anche i vostri nonni, credo, signori del movimento Pansessuale Senese, sanno bene come siano cresciuti i regimi totalitari, le dittature portatrici solo di morte e distruzione!
Il nostro silenzio grida per quei bambini che, come Zac, piangono di un pianto disperato perché vogliono la mamma e a nulla valgono le coccole e le faccine di due padri che ammetteranno con amarezza “quando mio figlio capirà di non avere una madre gli si spezzerà il cuore”. E qua si parla di adozione a coppie dello stesso sesso tacendo le conseguenze sui più deboli: i figli.
Noi vegliamo perché le coscienze, quelle delle femmine in particolare, si scuotano e ascoltino il dolore delle donne dei paesi più poveri, come in India. Laggiù la disperazione della condizione economica e sociale ha già spinto oltre 1.500 donne ad affittare sé stesse per 3.000$ (non si può nemmeno scrivere utero in affitto dobbiamo parlare di maternità surrogata) essere segregate per 9 mesi (attenzione massima al contatto/contagio, a cosa mangia ecc. ecc.) e sperare che i committenti (che dobbiamo chiamare genitori pur non generando nulla) siano soddisfatti del sesso del nascituro perché altrimenti c’è l’aborto forzato e niente “paga”.
Ci scandalizziamo, giustamente, per lo sfruttamento minorile e sosteniamo il commercio equosolidale ma non diciamo nulla di questo tipo di commercio che non tratta oggetti ma esseri umani: bambini.
Per questo cittadini, istituzioni e politici senesi il nostro silenzio, qui come in tutte le città d’Italia fa molto più rumore di cento molotov e decine di vetrine in frantumi. Chi vorrà ancora bollarci, stavolta magari come “guastafeste”? Faccia pure. Se l’etichetta ingiusta che vorrete affibbiarci servirà a scuotere la vostra coscienza a farvi aprire gli occhi, fatelo pure non vi temiamo.
Ai signori del movimento Pansessuale diciamo che è inutile minacciare che sapete chi siamo, anche noi sappiamo chi siete. Di più! Sappiamo che dietro quell’allegria colorata di superficie c’è il dolore che vi abbiamo raccontato (e lo abbiamo solo accennato ce ne sono tanti altri) e che non possiamo tacere.

Il nostro silenzio difende la vita e la libertà, l’uomo e la civiltà! La vostra chiassosa e colorata bagarre - termina la nota - è complice dei più terribili crimini contro l’umanità che già sono in atto”.

Fonte: SienaFree, 21 Giugno 2014

5 - PROVE DI REGIME LGBT A SIENA E MODENA
Ancora il disegno di legge Scalfarotto non è in vigore e già sperimentiamo i suoi effetti
di Andrea Lavelli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24 giugno 2014

Più passa il tempo più la lista degli episodi di intolleranza nei confronti delle veglie silenziose e pacifiche delle Sentinelle in Piedi si allunga e si arricchisce di nuovi particolari, fino ad arrivare ai piani alti delle amministrazioni locali. Si è arrivati dunque al paradosso di dover redigere una serie di interpellanze parlamentari per garantire a dei liberi cittadini di manifestare pacificamente il proprio pensiero.
Da un vero e proprio pestaggio da parte dei Centri sociali evitato per un soffio nel novembre scorso a
Bergamo, fino ad arrivare agli eventi di Lecce, dove gli attivisti Lgbt si sono potuti spingere fino a circondare i veglianti per deriderli e insultarli pesantemente, passando per via via altre città fino ad arrivare agli ultimi due inquietanti casi di Siena e Modena.
Nella città emiliana, di fronte al composto schieramento delle 400 Sentinelle, un gruppo di 50 attivisti Lgbt ha inscenato un balletto sulle note di una canzone di Madonna, entrando tra le file dei veglianti per provocarli e dileggiarli. Il tutto accompagnato da musica a tutto volume che ha impedito il normale corso della veglia. Tra i veglianti (come sempre persone di ogni estrazione sociale, politica e religiosa) c’era anche il senatore Carlo Giovanardi, che in Commissione Giustizia si sta battendo contro l’approvazione del ddl Scalfarotto e che a seguito di questo episodio ha redatto un interpellanza rivolta al Ministro dell’Interno, l’onorevole Angelino Alfano.
«In tutta Italia le manifestazioni pacifiche e silenziose delle Sentinelle in Piedi vengono contestate da amministratori locali e da organizzazioni Lgbt», si legge nel testo del senatore del Nuovo Centro Destra, che chiede ad Alfano «quali iniziative urgenti intenda assumere per garantire  a chiunque  la  libertà  di manifestare le proprie opinioni  in un paese democratico». Anche l’onorevole Pagano è intervenuto sulla vicenda con un comunicato: dichiarazioni che si assommano alle interrogazioni parlamentari già depositate da varie forze politiche qualche settimana fa a seguito dei fatti di Lecce.
Ben diverso e per certi versi più inquietante il caso di Siena dove una malcelata ostilità nei confronti delle Sentinelle sembra partire addirittura dall’ufficio del Sindaco. Il primo cittadino Bruno Valentini in una seduta precedente del Consiglio comunale aveva accolto
un’interpellanza
urgente della capogruppo del PD Leonini che chiedeva di rivedere il regolamento di concessione della celebre piazza del Campo, a seguito della veglia “discriminatoria” delle Sentinelle (una veglia per altro autorizzata da tempo da parte della questura) senza menzionare però le urla e gli schiamazzi della contromanifestazione, rigorosamente non autorizzata, inscenata dagli attivisti Lgbt.
«Avevamo chiesto di poter usare piazza Salimbeni per la nostra seconda veglia, ma data la presenza dell’iniziativa culturale ‘La Festa della Musica’ siamo stati spostati nella vicina piazza Tolomei», spiega Alessio Tommasi Baldi, delle Sentinelle senesi. «Nel frattempo riceviamo una mail certificata da parte del Sindaco che ci vieta espressamente di esporre il nostro totem in piazza e di distribuire volantini, senza dare alcun riferimento a regolamenti in materia. I vari TAR si sono più volte espressi in varie sentenze circa la libertà di volantinare in pubblico». Successivamente la veglia viene nuovamente spostata in piazza Salimbeni: per alcuni problemi di comunicazione, le Sentinelle lo vengono a sapere all’ultimo momento quando si erano già radunate nell’altra piazza. Avvisate dagli uomini della questura si spostano in piazza Selimbeni… dove qualcuno già li attendeva da tempo.
«Abbiamo trovato un gruppetto di una quarantina di contestatori, molti dei quali giovani e giovanissimi che hanno iniziato a cantare canzonette a squarciagola, in modo da impedire sin da subito lo svolgimento della veglia», spiega Tommasi Baldi. «Come hanno fatto i contestatori a venire a conoscenza dello spostamento prima di noi diretti interessati? Credo che loro abbiano avuto in anticipo questa informazione, chissà come. Forse andrebbe chiesto al Sindaco…»
Gli uomini della questura intervengono per formare un cordone attorno alle Sentinelle e spostare la manifestazione non autorizzata. Gli attivisti Lgbt si pongono allora sul corso pedonale formando una barriera per impedire ai molti passanti di venire a contatto con le Sentinelle: continueranno a cantare a squarciagola per tutta la durata della manifestazione. «Sapendo dell’assurdo divieto di volantinare abbiamo messo a terra lo scatolone dei volantini, in modo da permettere alla gente di poterli prendere liberamente, ma la polizia municipale ci impone di rimuoverla. La poniamo allora su di un passeggino, ma da un vigile arriva l’ordine: ‘Non prendiamoci in giro, voi non potete distribuirli’».
Coperti dagli schiamazzi del gruppetto Lgbt, le Sentinelle sono costrette a usare un megafono per dare lettura delle disposizioni di inizio e fine veglia. Alla fine si avvicina un vigile che redige una contravvenzione per l’utilizzo del megafono in centro storico. «Vi devo fare il verbale: vista l’atmosfera i contestatori potrebbero denunciarci per omissione», dicono i vigili. E quando le Sentinelle provano a spiegare che erano gli attivisti Lgbt a fare schiamazzi in pieno centro storico ecco la risposta: «Be’ stavano cantando e in fondo questa è la ‘Festa della Musica’…».

Come ben spiegava un articolo di ieri su questa testata, le Sentinelle cominciano a dare davvero fastidio. Dà fastidio, a chi propaganda una falsa ideologia che disgrega l’uomo, che un gruppo di persone lontane per idee politiche, culturali e religiose si riuniscano pacificamente a difesa dei valori fondamentali che vanno al di là di ogni credo: la vita, la famiglia, la libertà. Così fastidio che presto, con l’approvazione del ddl Scalfarotto potrebbero aprirsi per loro le porte del carcere.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24 giugno 2014

6 - UN ESAMIFICIO PER TENTARE DI ESORCIZZARE LA PAURA DELLA MORTE
Ma non è l’uso consumistico della medicina che ci darà le risposte importanti per la nostra vita
di Carlo Bellieni - Fonte: L’Osservatore Romano, 7 luglio 2014

Un editoriale dell’autorevole British Medical Journal, commenta un ampio studio secondo cui lo screening a tappeto radiologico del cancro al seno non porterebbe un vantaggio rispetto ad un controllo periodico clinico. Su questi dati si discuterà nel futuro, ma il dibattito sull’ eccesso di esami in medicina non è una cosa nuova. Pochi anni fa Wolfram Henn scriveva un forte articolo intitolato “consumismo nella diagnosi prenatale”, in cui mostrava l’eccesso di ingresso nella privacy genetica del feto al di là delle linee-guida raccomandate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e la Food and Drug Administration metteva in guardia dall’eccessivo ricorso alle ecografie prenatali fatte solo per motivi non diagnostici ma “come souvenir”.
Ma l’eccesso di diagnostica in medicina è frequente, tanto che fu coniato per questo fenomeno il termine di “Sindrome di Ulisse”: cioè spesso al momento di ottenere una risposta di un certo elemento chimico, se ne ottengono altre in semplice aggiunta o perché l’apparecchio è programmato per darle di default anche se non richieste, o per abitudine a chiedere un cosiddetto “profilo” di esami, anche se l’esame davvero necessario è solo uno o due.
E allora, come per il mitico Ulisse, se gli esami accessori fanno sorgere qualche dubbio (perché borderline, perché talora mancano i valori di riferimento adattati all’età del paziente) inizia un lungo viaggio di accertamenti che spesso portano poi ad altri esami, evitabili se l’esame fosse stato davvero mirato. “Il 5% dei pazienti viene etichettato come anomalo” per motivi di limiti di attendibilità delle apparecchiature di laboratorio e non per motivi clinici, spiegava nel 1975 Mercer Rang sul Journal of the Canadian Medical Association, l’ideatore di questa “Ulysses Syndrome”; e “se un soggetto esegue 20 test, il 66% dei soggetti sani avrà per forza almeno un risultato anomalo”
Quando diventerà possibile sequenziale l’intero genoma a pagamento (il proprio o del feto), accadrà lo stesso eccesso di informazioni che porteranno a risposte date a domande che nessuno aveva posto. Dato l’alto numero di cromosomi e la possibilità statistica di un falso positivo in uno dei tanti geni che magari nemmeno hanno a che fare col problema clinico del paziente.
Diversi possono essere i motivi che portano a eccedere con gli esami inutili. Può essere anche una semplice abitudine che non si riesce a cambiare. La sociologa francese Carine Vassy, ha prodotto studi che mostrano un’origine della diagnostica prenatale in Francia con l’alto numero di esami a tappeto che ne consegue, legata a tante ragioni tranne una fondamentale: la reale richiesta degli utenti, in questo caso delle donne.
Un motivo per l’eccesso di esami è il peso medico-legale che sentono i medici – di certe specialità in particolare - sulla loro attività: in certi Paesi si moltiplicano le denunce, quasi tutte senza conseguenze, ma che provocano ansia, nervosismo, percorsi processuali di lunghissima durata e di conseguenza il ricorso ad una medicina difensivistica, certo sbagliata, ma probabilmente comprensibile, fatta di moltiplicazione di esami e di ricoveri, con aggravio sulla spesa pubblica e con disservizio alla popolazione. Se il rapporto tra medico e paziente ha dietro l’angolo la minaccia della denuncia, chi si spingerà più a fare un intervento rischioso o chi non sarà tentato di fare un tranquillo (per il medico) ricovero magari evitabile?
Ci sono due paradossi che illustrano questo scenario. Il primo lo dettano l’ansia e l’eccessivo peso dato alla forza della medicina vista come ancora di salvezza per una popolazione che non sa far i conti con la propria salute. Ed ecco il primo paradosso: nel mondo della tecnologia la medicina resta taumaturgica, esorcizzante. Quante persone ricorrono al medico per trovare nella “compressa” un placebo alla solitudine e quanti vanno via infastiditi se il medico non ha prescritto almeno un esame? Si delega alla medicina la salute riproduttiva (si rimanda la gravidanza nell’illusione che tanto poi ci pensa la medicina anche quando è troppo tardi), si delega la salute fisica (quanti credono che le vitamine sostituiscano sempre una sana alimentazione o una bella passeggiata al sole), si delega la salute mentale (l’uso di ansiolitici e antidepressivi è in costante aumento mentre i rapporti interpersonali sono in drammatico calo qualitativo e quantitativo).
Il secondo paradosso lo ritroviamo in particolare all’inizio-vita, quando l’ansia è così tanta che mettere al mondo un figlio diventa un esamificio: il figlio sarà molto probabilmente unico e a questa unicità si vuole associare una pretesa “perfezione” sia perché la società non accetta chi non arriva ad un certo standard, sia perché nel mondo ipertecnologico ogni imperfezione è spesso vista come un errore o una colpa: colpa di chi concepisce il figlio, colpa del medico, ma comunque non più un dato da curare, ma come qualcosa di cui recriminare.
Ed ecco il secondo paradosso: il riemergere del senso di colpa per motivi non certo religiosi ma per aver infranto il dettame inconscio di accettare solo quanto è senza pecche. Per evitare questo senso di colpa, medici e futuri genitori entrano in un vortice di esami preimpianto, prenatali genetici (in Italia si fanno 100.000 amniocentesi l’anno) per scoprire malattie genetiche gravi o non gravi, perché non si dica di non aver tralasciato nulla, anche se le malattie genetiche purtroppo non sono guaribili.
Ma laddove l’ansia promuove il moltiplicarsi degli esami, il fenomeno - che genera anche alti costi - può essere invertito solo con una maggior fiducia reciproca tra medico e paziente. Serve ricostruire una concezione della vita che veda la malattia come un ostacolo ma non come qualcosa che rende la vita “impossibile”; il recupero di un rapporto medico-paziente meno aziendale o conflittuale; maggior informazione chiara e personalizzata al pubblico; e certezza di un pronto accesso ad un percorso clinico specialistico – che comprenda anche un chiaro supporto sociale - in caso di diagnosi dubbia o certa di patologia.

Meno esami inutili, dunque, e più dialogo. Scopo della medicina non è far sparire magicamente gli ostacoli; il suo scopo è accompagnare in un percorso di salute, dove la salute è la sconfitta delle malattie ma anche una vita di soddisfazione per chi ha malattie che non possono scomparire. Serve uno sforzo che faccia uscire la medicina dei nostri anni dalla palude della cultura dello scarto, ben stigmatizzata da papa Francesco; la paura e il ricorso ai mille esami inutili per esorcizzarla ne è un chiaro segno.

Fonte: L’Osservatore Romano, 7 luglio 2014

7 - AMICO DEL CLERO O AMICO DEI GAY?
Il mensile della FACI, il ''sindacato'' dei preti, definisce ''bello e onesto'' un romanzo con scene esplicite di sesso omosessuale
di Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 09/06/2014
Fonte: Redazione di BastaBugie, 09/06/2014

8 - IN LAZIO GLI OBIETTORI SONO COSTRETTI ALL’ABORTO
L’incredibile decisione nega i diritti fondamentali del professionista medico
di Alfredo Mannovano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26 giugno 2014

Non era difficile individuare nei medici obiettori il target di una rinnovata campagna ostile, per rimuovere in concreto un po’ di fastidi alla pratica abortiva e, in parallelo, per qualificare finalmente e senza infingimenti l’aborto come una scelta libera della donna, frutto della sua autodeterminazione (cf. la Nuova Bussola del 16 marzo).
L’8 marzo era stata resa pubblica la decisione del Ceds-Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa che, sul presupposto di un numero ritenuto elevato per l’Italia di medici obiettori, accusava il nostro Stato di violare i diritti delle donne che intendono abortire. Le pronunce del Ceds, che intervengono dopo articolate istruttorie, non hanno un immediato effetto vincolante, pari a quello di una sentenza di una delle due Corti europee. Se però lo Stato destinatario della decisione non vi si uniforma, ciò costituisce la premessa perché chi ha interesse si rivolga, in base al diritto che assume violato, o alla Corte di Giustizia o alla Corte dei diritti.
Sarà stato anche per questa sorta di scudo europeo che il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, nella sua veste di Commissario straordinario per la sanità, ha varato da qualche giorno un proprio decreto articolato in due punti: uno riguarda l’ammissibilità dell’obiezione a fronte di prodotti contraccettivi che funzionano pure come abortivi, l’altro riguarda l’estensione del diritto di obiezione per taluni atti previsti dalla legge 194 per realizzare una ivg. Sul primo punto il decreto viene qualificato vincolante, ed esclude apoditticamente qualsiasi ipotesi di richiamo alla coscienza; eppure la materia è controversa: se l’obiezione è un diritto, una elementare cautela raccomanda di non comprimerlo quando l’effetto abortivo di un composto chimico è eventuale e non sicuro. Se un cacciatore immagina che la lepre sia dietro la siepe, ma non esclude l’eventualità che quello che si muove sia un uomo, evita di sparare: perché il principio di precauzione non va riconosciuto permettendo di non sparare, cioè di non somministrare un prodotto letale, quando vi è l’eventualità che l’essere umano sia nella pancia, invece che nascosto da un cespuglio? È materia da lasciare alla discrezionalità di un Commissario ad acta o – essendo in discussione diritti codificati – è terreno di scelte del Parlamento? E, poiché la delega di Commissario viene al presidente Zingaretti dal governo nazionale, non è il caso che quest’ultimo lo richiami al rispetto dei propri confini?
Il secondo punto avrebbe già dovuto esigere l’intervento del governo; il decreto in questione afferma infatti che l’”esercizio dell’obiezione di coscienza” copre “l’attività degli operatori impegnati esclusivamente nel trattamento dell’interruzione volontaria della gravidanza”; esclude invece l’attività svolta nel consultorio, perché essa sarebbe coinvolta “solo nell’attività di certificazione”. La forzatura è grossa, e pare esserne consapevole la stessa Regione se si precisa che, mentre per Norlevo e spirale il decreto è vincolante, qui ci si trova di fronte a un “atto di indirizzo”. La qualifica di “atto di indirizzo” non toglie però carattere di evidente illegittimità al provvedimento. Illegittimità vuol dire contrarietà alla legge, che nella specie è la 194: quando l’art. 9 riconosce l’obiezione di coscienza al medico e al personale sanitario pone già le deroghe; anche l’obiettore – tolto l’intervento abortivo – è tenuto ad assistere la paziente quando è a rischio la sua salute, ma fra le deroghe alla copertura dell’obiezione di coscienza non vi è la certificazione. Si rileggano in proposito: il comma 3 dell’art. 9 “l’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario (…) dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”; e il comma 5 “l’obiezione di coscienza non può essere invocato dal personale sanitario (…) quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo”.
Il testo è inequivocabile: non si parla solo di “attività” rispetto alle quali vale l’obiezione, ma anche di “procedure”. Alla stregua di una lettera così chiara, da quando esiste la 194, cioè da oltre 36 anni, nessuno ha mai dubitato che l’obiezione si estende anche al rilascio della certificazione alla gestante; per come è strutturata la legge (art. 5 comma 3), l’attestazione del medico in ordine all’esistenza di una gravidanza, al momento del suo inizio e alle “indicazioni” prospettate dalla donna per richiedere un aborto costituisce l’antecedente causale necessaria dell’ivg. Perfino se il medico non ravvisa “indicazioni”, il certificato da lui rilasciato rappresenta la premessa formale dell’aborto, poiché il decorso di sette giorni rende comunque possibile l’intervento abortivo (art. 5 comma 4). La certificazione non è un atto estraneo o marginale rispetto alla procedura abortiva: è il primo passaggio obbligatorio per chi intende abortire; stabilire che per tale atto non sia possibile il richiamo alla coscienza significa violare la legge. È un mistero che dalle parti del governo nazionale nessuno abbia sentito il dovere di ricordare al proprio Commissario ad acta per la sanità nel Lazio un dato così evidente.
È probabile che, mettendo a fianco la pronuncia del Ceds del Consiglio d’Europa e il decreto Zingaretti, il passaggio successivo sarà una pronuncia giudiziaria. In ossequio all’”atto di indirizzo”, qualche zelante direttore di Asl o qualche solerte dirigente di consultorio presenti nel Lazio riterrà non ammissibile l’obiezione da parte di un medico che rifiuta la certificazione; si aprirà un contenzioso: come andrà a finire? Su Questione giustizia, rivista on line di Magistratura democratica, compare una nota a margine della decisione del Ceds, a firma di Maurizio Di Masi, nella quale senza tante perifrasi si dice che il riferimento alla salute della gestante è stato in passato il “grimaldello” (si adopera proprio questo termine) per legalizzare l’aborto; ma si aggiunge che oggi la nuova frontiera è superare la c.d. “medicalizzazione” e collocare la scelta della donna nella categoria dell’autodeterminazione: se il parametro della salute costituiva approccio “condivisibile al momento dell’emanazione della legge 194 – si legge ancora nella rivista – non si può ritenere che lo sia ancora oggi, a distanza di 35 anni, quando ormai a livello europeo pare esserci un consenso generale nel riconoscere alla donna il diritto di abortire liberamente nei primi 3/5 mesi di gravidanza”. Non è tutto: poiché l’aborto viene “ricompreso tra le libertà fondamentali della donna, invece che in seno al suo diritto alla salute”, esso va inteso come una libertà personale, che per questo va esentata da restrizioni.
È l’orientamento già affermato in altre Nazioni, da organi giurisdizionali come la Corte suprema Usa, che inizia a trovare eco in Italia in talune pronunce della Consulta: la recente sentenza sul’eterologa, per esempio, collega proprio all’autodeterminazione il “diritto” di avere o non avere figli. De-sanitarizzato l’aborto, viene meno un ulteriore velo di ipocrisia sulla struttura della 194; ma viene nel contempo marginalizzata l’obiezione del medico: come osi, camice bianco, non dare seguito alla scelta libera della donna? La soluzione prospettata da Md è semplice: nell’ottica di ripensare il meccanismo dell’obiezione, al personale sanitario viene suggerita la “libertà” di optare per una specializzazione diversa da ginecologia! E se non accetti questo “consiglio che non si può rifiutare”, sarà il caso di passare a qualche provvedimento giudiziario ispirato da quella rivista …

Più dell’enunciazione di queste tesi, che dai media di correnti della magistratura associata trasmigrano in atti amministrativi di un presidente di Regione, in attesa di diventare sentenze, preoccupa l’assenza di significative reazioni. I medici obiettori erano nel mirino già 35 anni fa, quando il loro rifiuto di uccidere la vita umana nascente costituiva la pietra di scandalo della 194, ed era già allora seguito da esortazioni a lasciare il campo. Se l’emarginazione non si è poi realizzata è perché l’obiezione di coscienza è stata sempre letta come una testimonianza di vita. Oggi dagli auspici discriminatori si è passa ai decreti: è perché si pensa di poterlo fare senza che nessuno protesti? È gradita la prova contraria.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26 giugno 2014

9 - UNA STORIA VERA: ''MIO PADRE SI CHIAMA DONATORE''
Ho passato anni della mia infanzia a fantasticare su di lui, poi ho scoperto che il donatore numero 81 era un professionista affermato, un medico che si definisce credente (!)
di Raffaella Frullone - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 10/06/2014
Fonte: Blog di Costanza Miriano, 10/06/2014

10 - I BAMBINI MAI NATI HANNO DIRITTO AD UN NOME
...E non ad essere offesi, con le loro madri, da troppe sensibilità progressiste
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 29 giugno 2014

Relata refero: i bambini abortiti sono “figli di puttana”. Parola di Maria Luisa Mastrogiovanni, direttrice del giornale Il Tacco di Italia. Quello che ha scatenato nella giornalista un improvviso versamento biliare è stata la notizia che il Consiglio comunale di Lecce ha approvato una mozione per l’istituzione di un’anagrafe dei bambini mai nati e per consentire ai genitori, se lo desiderano, di dare degna sepoltura al loro piccolo. Il nostro ordinamento prevede già in capo ai genitori la facoltà di chiedere i resti del nascituro di età inferiore alla 28° settimana entro le 24 ore dall’espulsione o estrazione del feto – altrimenti finisce nell’inceneritore - ma nulla dice riguardo alla possibilità di iscrivere il suo nome nei registri di Stato Civile.
E così l’associazione Pensiero Celeste ha lanciato questa campagna sulla “natimortalità”, un fenomeno che riguarda i bambini non nati, campagna che avuto l’adesione anche della forza politica chiamata Movimento Regione Salento. L’appello è stato accolto favorevolmente dal piccolo comune di Monteroni e successivamente ha ricevuto l’attenzione da parte delle municipalità di Taranto, Brindisi e Lecce. Alfedo Pagliaro, presidente del consiglio comunale leccese, così commenta l’iniziativa: «I genitori che hanno vissuto questa brutta esperienza non devono sentirsi soli. Per questo chiediamo che venga istituita un’anagrafe comunale dei bambini mai nati. Contemporaneamente reclamiamo l’obbligatorietà al trasporto dei feti morti da parte della Asl».
La proposta passata a Lecce ha avuto per la Mastrogiovanni lo stesso effetto di quello di mettere del sale su un ferita: «Una proposta disumana. Inizia la caccia alle streghe del Movimento regione Salento che vuole tumulare gli embrioni. Vi chiedo di immaginare il dolore di una donna che abbia perso il bambino per cause al di sopra della sua volontà. Oppure pensate ad una donna che abbia deciso di abortire: trovatemene una, in un caso o nell’altro, che abbia vissuto l’esperienza a cuor leggero. Una per cui l’aborto, nonostante tutto, e nonostante l’abbia scelto, non sia stato uno shock. Probabilmente queste donne avranno solo voglia di rimuovere o elaborare la perdita, facendosene una ragione».
La giornalista fa un autogol davvero eclatante: la prova che nel ventre della madre c’è un essere umano, degno di sepoltura e di riconoscimento giuridico, ci viene proprio dal fatto che la donna che ha praticato un aborto – tutte le donne, ammette la direttrice – hanno subito un grave shock emotivo (chiamasi sindrome post-abortiva). Se era un grumo di cellule, così come la Mastrogiovanni asserisce nel prosieguo dell’articolo, perché darsi tanta pena? La sofferenza della donna che ha abortito è la prova provata che è stato ucciso un bambino, anzi un figlio.
C’è poi un altro aspetto che per colpa o dolo sfugge alla direttrice. La possibilità di iscrizione all’anagrafe è vincolata alla libera decisione dei genitori. La sepoltura – se la delibera arriverà in porto – sarà invece sempre eseguita al di là del consenso dei genitori, ma di certo non si obbligherà nessun genitore a presenziarvi. Quindi la delibera non costringerà di certo le madri che avranno abortito volontariamente a seppellire il proprio bambino e a dargli un nome, ma riguarderà quasi esclusivamente quei genitori che avranno perso il loro bambino contro la loro volontà ed anche per loro comunque sarà una mera facoltà. Difficilmente infatti una donna che avrà deciso di non tenere il proprio figlio prenderà la decisione di iscriverlo al Comune e di deporlo in una bara. Ma anche se fosse, perché negare a questa madre un successivo conforto, una riparazione ormai a tempo scaduto per un gesto di cui magari subito dopo si è pentita? Se c’è una supposta “libertà” di abortire, perchè corrispettivamente non ci dovrebbe essere la libertà di riconoscere il figlio con i gesti propri della pietà dovuta ai defunti e con un documento di valore legale?
Ma proseguiamo nella lettura dell’editoriale: «Prendete invece questi feti, inseriteli in un albo comunale ufficiale, realizzate poi un recinto speciale nel cimitero. Ecco fatto il recinto dei figli di puttana. Il ghetto dei figli di stronze. Oppure dei mostri, dei diversi, di quelli che erano troppo deformi per condurre una vita normale. […] Perché immaginatevi poi gli antiabortisti a fare funerali a questi mucchietti di cellule, con frasi ad effetto sulla vita e l’amore negato».
Oltre all’ingiuria della morte anche l’ingiuria del disprezzo. Perché tanto livore? Perché per l’abortismo duro e puro è assolutamente necessario rimuovere quel figlio che così fa tanto problema, cancellare ogni traccia di lui dal mondo, dalla memoria che è il luogo dove le persone vivono per molti anni ancora qui sulla terra. Siamo oltre all’omicidio, siamo all’annientamento assoluto del figlio, il vero nemico da polverizzare: questo odioso esserino che non ne vuole sapere di morire anche dopo morto.
Se ci pensiamo bene, il nome è il primo riconoscimento del nostro esistere che noi tutti riceviamo addirittura a volte prima di essere concepiti e la sepoltura è l’ultimo segno che attesta che noi eravamo qualcuno, persone. Questi tratti che gridano al mondo la nostra identità e unicità non possono e non devono essere riconosciuti al nascituro, altrimenti tutti capiranno che lì in quella tomba e lì in quel rigo dell’albo speciale anagrafico si custodiscono le spoglie mortali e civili di un essere umano. «Un feto, un embrione, invece, non hanno alcun diritto perché non sono un essere umano», scrive di contro la giornalista.
L’abortismo intuisce la portata dinamitarda di questi simboli e gesti che possono scuotere le coscienze di molti e reagisce con odio: il bimbo che sopravvive in qualche modo e nonostante tutto in fondo ad una fossa oppure nascosto in un faldone anonimo in Comune è comunque un dannato, un maledetto (da “dire male”), uno che non deve avere nome e identità. E se qualcuno osa invece battezzarlo civilmente o con un pugno di terra sulla bara che almeno gli si assegni il nome di “figlio di puttana”, lui che all’opposto è chiamato ad essere “figlio di Dio”.
All’insulto della Mastrogiovanni, i genitori che hanno perso il loro figlio prima che venisse al mondo hanno risposto postando su Facebook il nome del proprio bambino seguito da #iononsonounfigliodiputtana.
Ed è questo il paradosso: papà e mamma vogliono comunque compiere un gesto di amore e dare un nome al proprio figlio che non c’è più – un nome che il più delle volte è quello celestiale di un santo – ed invece l’abortista lo vuole battezzare con il nome greve del rancore: “figlio di puttana”.

Vengono chiamati “figli di puttana”, ma la vera prostituzione è quella di chi si vende al credo abortista sposandolo in libertà. Vengono chiamati “figli di puttana”, ma la vera meretrice è la cultura di morte che, lei sì, genera in continuazione molti figli a lei devoti.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 29 giugno 2014

11 - CHI SALVERA' I BAMBINI DA ''SAVE THE CHILDREN''?
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Fonte Notizie Provita
Fonte: Notizie Provita

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