Amici del Timone n�31 del 24 aprile 2014

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1 IL PAPA CONTRO LA ''DITTATURA DEL PENSIERO UNICO''
Prendendo in contropiede chi lo esalta strumentalmente, Papa Francesco dichiara con forza che ''l'aborto è un abominevole delitto'' e che ''i bambini hanno diritto a una mamma e un papà''
Fonte: Tempi
2 MARCIA NAZIONALE PER LA VITA
Domenica 4 maggio a Roma per la vita, senza compromessi
di Giulia Pieragnoli - Fonte: Toscana Oggi
3 L’IDEOLOGIA DELLA CORTE COSTITUZIONALE COZZA CONTRO LA SCIENZA
Cosa dicono gli esperti e le riviste scientifiche sul consumo di droghe ‘‘leggere’‘
di Carlo Bellieni - Fonte: Avvenire
4 IL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO: TANTE PAROLE PER NASCONDERE LA PERDITA DI PASSIONE ED ETICA
Mentre prima bastavano poche righe, ora servono 80 articoli per regolamentare una professione che dovrebbe essere missione
di Carlo Bellieni - Fonte: Avvenire
5 LA QUESTIONE DELLA PRESCRIZIONE MEDICA PER LA PILLOLA ABORTIVA
Ormai interessa solo la burocrazia che ruota intorno all’aborto: omicidio reso diritto
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 I FETI BRUCIATI COME RIFIUTI CI SONO ANCHE IN ITALIA
Tanta costernazione per bambini morti in grembo, quando la legislazione stessa li tratta come rifiuti
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 LA GUERRA CONTRO L’ESSERE UMANO AVVIENE OVUNQUE
Friuli venezia Giulia: anche nelle realtà locali si insunua il germe della cultura della morte
di Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 MUORE DOPO ABORTO FARMACOLOGICO E I MEDICI CADONO DALLE NUVOLE
Invece gli effetti e i rischi della ru486 sono noti da tempo
di Leone Grotti - Fonte: Tempi
9 LA CORTE IGNORA LE SCELTE DEI CITTADINI MA ANCHE IL BUONSENSO
Il piano inclinato della legge 40 trascina la procreazione assistita alla deriva, ma dietro al malinteso diritto di avere un figlio si aprono scenari problematici
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
10 CANADA: LA TRAGICA STORIA DELLA BAMBINA CON TRE GENITORI SUL CERTIFICATO DI NASCITA
La legge considera ‘‘genitori’’ due lesbiche più il donatore di sperma (VIDEO: canzoni ironiche su genitore 1 e genitore 2)
di Lupo Gori - Fonte: Corrispondenza Romana
11 INTERVISTA A PALMARO: LE COSE IMPORTANTI DELLA VITA
‘‘Mi preoccupa che i miei figli possano smarrire la verità per uniformarsi alla mentalità del mondo o che siano tentati di abbandonare la Chiesa, la Messa, i sacramenti; tutto il resto (il lavoro, la scuola, la ricchezza, il successo) davvero conta poco’’
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
12 IL VITELLO D’ORO: UNA SENTENZA SHOCK
Camionista pungola una mucca (destinata al macello) per farla scendere dal camion: denunciato dalla Lav (Lega antivivisezione), viene condannato a una salatissima multa e 6 mesi di carcere
di Rino Camilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

1 - IL PAPA CONTRO LA ''DITTATURA DEL PENSIERO UNICO''
Prendendo in contropiede chi lo esalta strumentalmente, Papa Francesco dichiara con forza che ''l'aborto è un abominevole delitto'' e che ''i bambini hanno diritto a una mamma e un papà''
Fonte Tempi
Fonte: Tempi

2 - MARCIA NAZIONALE PER LA VITA
Domenica 4 maggio a Roma per la vita, senza compromessi
di Giulia Pieragnoli - Fonte: Toscana Oggi, 4 maggio 2014

Domenica 4 maggio si terrà a Roma la quarta Marcia Nazionale per la Vita, che da quest'anno sarà identificata con lo slogan "Per la vita, senza compromessi".
Fin dalla prima edizione del 2011, la Marcia per la Vita contrasta fermamente e radicalmente ogni forma di legalizzazione dell'aborto, prefiggendosi non soltanto la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sui temi inerenti la difesa della vita, dal concepimento alla morte naturale, ma anche la completa abrogazione della legge 194. "Con la manifestazione di Roma – ha dichiarato Virginia Coda Nunziante, portavoce della Marcia – vogliamo fare in modo che la realtà pro life italiana cresca e manifesti pubblicamente, ma riesca anche a cambiare le leggi attualmente vigenti".
Infatti come ha ricordato il nostro amato Papa Francesco parlando ai responsabili dei CAV di tutta Italia l'11 aprile 2014: "Noi lo sappiamo, la vita umana è sacra e inviolabile. Ogni diritto civile poggia sul riconoscimento del primo e fondamentale diritto, quello alla vita".
Forti di questa parola del Sommo Pontefice, che qualche settimana fa ha ricordato che il Concilio Vaticano II ha dato dell'aborto la definizione di "abominevole delitto", il popolo della vita, un popolo solare e appassionato composto da giovani e tante famiglie, vuole dimostrare con la partecipazione massiccia alla marcia che difendere i valori non negoziabili non è una fissazione di vecchi nostalgici, ma la battaglia decisiva del futuro.
L'anno scorso, grazie all'organizzazione del CAV di Siena e di Scienza & Vita, eravamo presenti anche noi con il nostro pullman da Siena ed è stata un'esperienza entusiasmante. Anche quest'anno numerosi sono i pullman che partiranno da tutta Italia per raggiungere la capitale e tante sono le realtà, le associazioni e i gruppi religiosi che hanno dato la loro adesione alla Marcia.
Al Comitato organizzatore della grande mobilitazione pro life italiana sono inoltre pervenute diverse lettere di vescovi e cardinali, italiani, stranieri e membri della Curia Romana, che sostengono l'iniziativa sulle orme di Papa Francesco, che al Regina Coeli del 12 maggio 2013, rivolse un incoraggiante saluto al popolo della vita sceso in piazza a marciare: "Saluto i partecipanti alla Marcia per la Vita che ha avuto luogo questa mattina a Roma e invito a mantenere viva l'attenzione di tutti sul tema così importante del rispetto per la vita umana sin dal momento del suo concepimento".
La manifestazione partirà alle 9.00 da Piazza della Repubblica (non più dal Colosseo) e giungerà, come le altre volte, a Castel Sant'Angelo. Chi lo vorrà potrà poi confluire in Piazza San Pietro per ascoltare il Regina Coeli di Papa Francesco. Da ricordare infine che sabato 3 maggio si svolgeranno due importanti convegni. Uno, come da tradizione, al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, con esperti nel campo medico e giuridico e uno spazio riservato ai giovani e l'altro, internazionale, presso la sala s. Pio X sita vicino via della Conciliazione. In serata, a partire dalle ore 20, si terrà l'adorazione eucaristica e la recita del S. Rosario nella chiesa di S. Andrea della Valle, con la partecipazione del card. Burke.
I pullman da Siena prevedono la partenza la mattina presto (con ritrovo in vari punti dell'Arcidiocesi) e il rientro più o meno all'ora di cena. Sono previsti anche programmi facoltativi per il pomeriggio. Il costo sarà di € 30 per gli adulti (€ 25 dai 3 ai 12 anni; gratuito fino a 2 anni). Per informazioni e prenotazioni alla marcia clicca qui sotto:
https://www.scienzaevita-siena.it/it/contenuti.php?pagina=utility&nome=marciaperlavita

Fonte: Toscana Oggi, 4 maggio 2014

3 - L’IDEOLOGIA DELLA CORTE COSTITUZIONALE COZZA CONTRO LA SCIENZA
Cosa dicono gli esperti e le riviste scientifiche sul consumo di droghe ‘‘leggere’‘
di Carlo Bellieni - Fonte: Avvenire

La Corte Costituzionale il 12 febbraio ha detto che la legge Fini­ Giovanardi sull’uso degli stupefacenti non è accettabile, decisione assunta non per un problema inerente la finalità della legge (che dava sanzione uguale per ogni tipo di droga) ma perché la norma è stata emanata in contrasto con l’articolo 77 della Costituzione.
E da oltre un mese, si può dire a giorni alterni, leggiamo titoli di giornali esultanti come se, caduta la legge, tornasse normale distinguere tra droghe leggere e pesanti, distinzione più che clinica, semplicemente amministrativa.
Ecco allora tanti ripetere la solita storia che la marijuana è una droga leggera, che anzi «aiuta a stare meglio».
Ma le cose stanno diversamente, e a ricordarcelo spesso ruvidamente è la cronaca quotidiana. Che nei giorni scorsi – solo per fare l’esempio più recente – ci ha messi di fronte a tre liceali milanesi finiti al pronto soccorso per uno spinello fumato all’intervallo, accusando forti giramenti di testa e difficoltà a respirare. Ma come: non dicono che è una droga ‘leggera’? Nessuno nega che le molecole chiamate cannabinoidi (presenti in natura sotto varie forme) abbiano un effetto analgesico; ma un conto è una molecola curativa e un conto lo spinello. Per capirci, il principio attivo dell’aspirina deriva dalla corteccia del salice; ma ci si cura con l’aspirina, non fumando la scorza di un albero, perché per curare si deve dare il principio attivo certificato dal laboratorio, senza sostanze estranee, e nelle dosi prescritte. Troppo semplicistico – e forzato – è il sillogismo per cui il cannabinoide è analgesico, nello spinello c’è anche il cannabinoide e dunque lo spinello è un analgesico (e quant’altro).
Chiarito che non è ‘lo spinello’ a essere curativo, va ricordato con estrema chiarezza che la letteratura scientifica recente riporta con dovizia di argomenti i rischi per la salute dell’’innocuo’ spinello. L’ultimo numero di Brain, behaviour and Immunity riporta una rassegna della letteratura scientifica che mostra come la cannabis abbassi le difese immunitarie e alteri la funzione di alcune cellule nervose, facendo supporre che questo duplice effetto sia quello che lega lo spinello alla manifestazioni di psicosi in alcuni tossicodipendenti. Già, perché c’è un legame tra psicosi – in particolare la schizofrenia – e uso di marijuana, come mostra ad esempio il più recente fascicolo dell’ Annual review of Clinical Psychology: «Dato che studi longitudinali indicano che l’uso della cannabis precede i sintomi psicotici – vi si legge – sembra ragionevole indicare un rapporto di causa effetto». Dati simili si trovano su Psychiatric Research di gennaio, mentre nel dicembre 2013 ilJournal of Psychiatric Research mostrava che l’uso di cannabis interferisce con l’autocoscienza, la memoria e crea stati di ansia anche a distanza dall’assunzione. Negli Stati Uniti si stanno prendendo le misure al dilagare del consumo seguito alla legalizzazione in alcune aree, tanto che in un recentissimo numero la rivistaNature Medicine titola: «Dopo lo spinello libero, servono nuovi farmaci per contrastare l’incremento nell’uso di marijuana» per via dell’assuefazione che ne consegue. Anche un panel di esperti Usa, allarmati dalla legalizzazione, raccomanda sulla rivista Substance Abuse (aprile 2013) che almeno venga ben impresso sui pacchetti tutta l’impressionante rassegna di rischi correlati: rischi nella guida, problemi per la salute di cuore e polmoni, danni al feto, conseguenze sullo sviluppo neurologico e mentale…
Certo, tutti questi sono rischi e non una certezza di ammalarsi. Ma il fatto che qualche amico non abbia registrato conseguenze sulla propria salute non autorizza a dire che quanto riporta la scienza nelle pubblicazioni scientifiche più autorevoli sia niente più che un cumulo di fandonie. Chi ancora crede alla favola della ‘droga leggera’ consulti quantomeno i siti medici. Quello della Mayo Clinic dà un elenco sterminato dei rischi della marijuana che, in aggiunta ai suddetti, vanno dal sanguinamento all’abbassamento di pressione, dal glaucoma ai danni epatici. Il consumo di cannabis può interferire con lo sviluppo del feto e del cervello del fumatore adolescente, e addirittura dare alterazioni cromosomiche, tanto che anche l’American Academy of Pediatrics è assolutamente contraria alla liberalizzazione della marijuana.
Ora, potrebbe sembrare giustificato chi ignorasse simili evidenze con la scusa che si tratta di ricerche scientifiche, dunque appannaggio di specialisti. Ma se è pur vero che i mass media nella loro grande maggioranza purtroppo da un mese insistono nel banalizzare la ‘canna’, altri ne parlano correttamente. Ad esempio la popolare rivista di divulgazione scientifica Focus riporta online un lungo servizio intitolato «Cannabis droga leggera? Un falso mito da sfatare», riportando tra gli altri i dati del Ministero della Salute. Ecco cosa si legge: «Oltre agli effetti neurologici, fumare marijuana provoca al fisico più danni del consumo di tabacco: ai classici sintomi correlati all’inalazione di fumo in generale (irritazione della gola, tosse, predisposizione a malattie respiratorie e infezioni polmonari) aumenta la percentuale di rischio di cancro ai polmoni e del tratto respiratorio, perché il fumo di marijuana contiene dal 50 al 70% in più di idrocarburi cancerogeni rispetto a quello di tabacco». E anche l’insospettabile New York Times ha pubblicato recentemente un libretto per gli educatori per seguire passo dopo passo gli studenti e dissuaderli dall’uso della cannabis illustrandone tutti i rischi, tra i quali quello della tossicodipendenza da ‘droga leggera’ meno evidente e anche meno frequente ma tuttavia ben presente nella popolazione americana.
Ignorare questi dati di fatto oggi dunque non è più possibile, e chi d’ora in poi banalizzerà l’uso dello spinello – che spesso nasce da un disagio al quale non si sa rispondere in maniera positiva – farà scientemente un cattivo servizio ai giovani, confondendo le acque, tentando di trascinare (illegittimamente) sul terreno antiproibizionista una legittima sentenza della Consulta che ha sanzionato esclusivamente un vizio di forma.

Sconcerta che, proprio quando la scienza spiega sempre più chiaramente e nel dettaglio i rischi della cannabis, ancora ci sia chi spinge per la sua irresponsabile liberalizzazione. Solo un caso di scarsa cultura e di cattiva informazione? Oppure è un tratto caratteristico delle società occidentali, che quando non sanno come risolvere un problema, se è di quelli che apparentemente esaltano l’autonomia e l’indipendenza della persona, procedono a liberalizzare indipendentemente dai rischi che questa scelta comporta? Se così fosse, come sospettiamo, sarebbe una forma pilatesca di affrontare i problemi. Perché parlare tanto di liberalizzare la droga è voler evitare di parlare sul serio di disagio giovanile, una periferia esistenziale che pochi vogliono affrontare davvero. I giovani sono insoddisfatti di un mondo a corto di valori, ma gli adulti che tifano per liberalizzazione degli spinelli, che nel nome prima delle utopie e poi del relativismo hanno fatto di tutto per disgregare la cultura di un popolo, non sanno farci i conti. Preferiscono aiutare a scappar via.

Fonte: Avvenire

4 - IL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO: TANTE PAROLE PER NASCONDERE LA PERDITA DI PASSIONE ED ETICA
Mentre prima bastavano poche righe, ora servono 80 articoli per regolamentare una professione che dovrebbe essere missione
di Carlo Bellieni - Fonte: Avvenire

Il Codice di deontologia medica è sul punto di cambiare: la nuova versione ha aspetti positivi e punti nevralgici da migliorare, ma c’è una domanda che lo mette sotto giudizio: perché per secoli è bastato un codice ippocratico di dieci righe e ora serve un documento di 80 articoli? Già: l’attuale Codice è un lungo insieme di mansioni, impegni e clausole con tante pagine e articoli a ribadire quello che già la legge o il buon senso prescrivono: infatti c’è davvero bisogno di sancire che «il medico fonda l’esercizio delle proprie competenze tecnico­professionali sui principi di efficacia e appropriatezza», o che «persegue l’uso ottimale delle risorse pubbliche e private», come se questo non fosse un presupposto intrinseco e ovvio?
Ma tanti dettagli normativi servono a far fronte a una perdita di unità, cioè di un’etica che si condensava in poche parole riconosciute e accettate da tutti: onorabilità, rispetto della vita, discrezione, sapienza. Scompare anche la parola «coscienza» (articolo 22) quando si parla di far valere le proprie convinzioni, lasciando solo il riferimento ai «propri convincimenti etici», come se la coscienza non ne fosse una necessaria integrazione. Ora per portare il flusso dell’attività medica negli stessi argini occorrono lunghi discorsi, e si cerca di far fronte con tante regole a un unico disamore.
Già, il disamore: la deontologia medica dovrebbe risolvere, in primis, il paradosso di una professione che si è burocratizzata, ma che al tempo stesso tratta intimamente e drammaticamente con la vita e la sofferenza: cosa disorientante e ambivalente per i medici e i malati. E che provoca, appunto, disamore. Urge formare e supportare un medico che unisca – non per contratto, ma per passione – il saper curare col saper comunicare (anzitutto saper comunicare se stessi per dare fiducia). Ma c’è traccia di questo nel nuovo Codice deontologico medico? Si prova a invogliare alla comunicazione col paziente, ma il Codice sembra annoverarla minuziosamente nell’orario di lavoro (articolo 20) lasciandola in un quadro di freddezza e distacco.
D’altronde questo è quasi ovvio in un Occidente dove gli ospedali diventano aziende, i pazienti si trasformano in «utenza», i medici sono «fornitori di servizio» o «dirigenti»‘. Ma è di questo che c’è bisogno? Di medici-capitreno (con tutto il rispetto per i capitreno) che ti portino laddove per contratto stabiliscono di portarti? Qualche volta si pensa che già questo sarebbe tanto, ma equivarrebbe ad abbassare il tiro. Dalla deontologia medica ci aspetteremmo una riaffermazione di poche cose, ma chiare: che curare vuol dire ‘avere a cuore’, che guarire significa ‘fare schermo al debole’, che la salute non è un utopico completo benessere psicofisico, ma sentirsi a proprio agio anche nel caso la malattia non sia guaribile e la disabilità non si risolva.

Oggi davvero pochi sono quelli che insegnano tutto questo. Troppo facile, come fanno molti, è identificare il medico con ‘colui che fa passare il male’, e se non ce la fa ha fallito o delega ad altri il cammino accanto al paziente che i medici di un tempo si ostinavano con coerenza e vigore a chiamare ‘cura’. L’antico giuramento di Ippocrate riassumeva l’arte medica in queste parole: «Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte», con la promessa di rispettare vita e salute, di non rivelare segreti dei pazienti e di regolare «il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio». Queste poche parole sono bastate per secoli. I tempi cambiano, e le parti ‘non politicamente corrette’ del giuramento sono sparite, si sono moltiplicati i precetti e gli articoli. Come avviene quando si perde la semplicità di un’arte, e si resta obbligati a sostituire smarriti la passione con le regole.

Fonte: Avvenire

5 - LA QUESTIONE DELLA PRESCRIZIONE MEDICA PER LA PILLOLA ABORTIVA
Ormai interessa solo la burocrazia che ruota intorno all’aborto: omicidio reso diritto
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

L’Agenzia europea dei medicinali (EMA) quando approvò il commercio della Ellaone – la famigerata pillola dei cinque giorni dopo – stabilì che la sua somministrazione avvenisse solo tramite prescrizione medica. E tale indicazione è ancora presente nella scheda tecnica dell’EMA e in un comunicato del 24 gennaio di quest’anno. Nonostante ciò, solo Germania, Polonia e Italia tuttora si attengono a tale regola. Si richiede ricetta non perché l’EMA consideri la Ellaone come preparato con possibili o quasi certi effetti abortivi, ma perché all’opposto la considera come “contraccettivo di emergenza” cioè come farmaco che – così si legge sul sito dell’Agenzia – “agisce bloccando o ritardando l’ovulazione”. Ergo serve una visita medica per escludere che la donna sia incinta e per valutare il suo stato di salute in previsione di possibili e nocivi effetti collaterali.
Ora il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung e l’emittente Deutsche Welle fanno sapere – ma siamo solo sul piano delle indiscrezioni – che forse l’EMA potrebbe cambiare parere sul punto, liberalizzando completamente il commercio della Ellaone. Infatti nell’aprile del 2013 fu depositata presso l’EMA una richiesta proveniente dalla casa farmaceutica produttrice della Ellaone, la HRA Pharma,  affinchè questo preparato abortivo fosse venduto senza ricetta in tutti i paesi europei e il prossimo 15 maggio dovrà essere rinnovata l’autorizzazione alla vendita: occasione ghiotta per togliere anche gli ultimi paletti alla vendita libera della pillola.
L’EMA avrebbe fatto sapere che, al di là di quello che deciderà, i singoli stati si devono attenere a ciò che lei stabilisce in termini di modalità di distribuzione e commercio dei farmaci. Aspetto contestato da molti giuristi i quali fanno notare che ogni stato è sovrano nel regolamentare la disciplina inerente la somministrazioni di farmaci e prodotti abortivi.
Daphne Hahn, responsabile di Pro Familia, la principale associazione di pianificazione familiare della Germania che presenta anche delle contiguità con l’organizzazione abortiva Planned Parenthood, ha affermato che “la maggior parte delle emergenze accadono durante il fine settimana o nei giorni festivi  e questo rende l’accesso alla pillola molto più difficile per le donne”. Dunque liberalizzando la vendita si risolverebbero i problemi di quelle fanciulle che hanno rapporti sessuali nel weekend – periodo in cui il proprio medico o lo specialista non sono facilmente raggiungibili - e poi temono di rimanere incinte. Inoltre “sappiamo – continua la Hahn - che molte donne hanno esperienze negative quando vanno nelle cliniche”, cioè a suo dire vengono trattate in malo modo.
Christian Albring, presidente dell’associazione ginecologi della Germania, è di avviso diverso e sostiene che la prescrizione è necessaria per più motivi: perché occorre escludere la presenza di una gravidanza, perché il preparato ha effetti collaterali gravi e perché la Ellaone non è adatta per ogni donna. Inoltre aggiunge che senza prescrizione il preparato costerebbe di più in farmacia.
La vita reale però, come è noto, precorre le leggi e così si scopre che il portale online Dr. Ed nel 2011 ha venduto varie pilloline abortive e contraccettive a 15mila donne, ovviamente senza prescrizione medica. Ma la dott.ssa Hahn non è ancora soddisfatta perché – così sostiene – la consegna a domicilio del preparato chimico è troppo lenta.

Uscendo dal merito della vicenda – prescrizione sì o prescrizione no – ciò che colpisce sta nel fatto che nell’agone massmediatico il problema morale e giuridico dell’aborto connesso all’uso della Ellaone è ormai superato. Il confronto mediatico si è spostato ormai da anni molto più in là: quanto liberalizzare l’aborto? Quanto renderlo più accessibili e fruibile? Non solo il nascituro è sparito dall’informazione di giornali, Tv e siti, ma addirittura lo stesso sig. Aborto è scomparso dalla scena. La querelle verte ora solo sulle procedure, più o meno snelle, per sopprimere i propri figli.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

6 - I FETI BRUCIATI COME RIFIUTI CI SONO ANCHE IN ITALIA
Tanta costernazione per bambini morti in grembo, quando la legislazione stessa li tratta come rifiuti
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

Il Servizio Sanitario Nazionale inglese qualche giorno fa ha ammesso che i cadaveri di almeno 15.500 bambini abortiti sono finiti nei rifiuti speciali ospedalieri destinati all’inceneritore, inceneritore che in qualche caso è servito per produrre energia elettrica per gli stessi ospedali. L’aborto è così diventato ecosostenibile e l’energia da biomasse ha trovato un’altra sua materia prima rinnovabile.
Il fatto era stato raccontato non molto tempo fa da un’inchiesta di Channel 4 ed ha suscitato ribrezzo e riprovazione. Ma a ben vedere c’è da domandarsi perché così tanta costernazione. Se la legislazione inglese, alla pari di moltissime altre simili, considera un diritto uccidere un bambino ancora nel seno della propria madre, ciò significa che stiamo trattando un essere umano come una cosa la quale, se non ci è utile o peggio sgradita, possiamo buttare nel cestino dei rifiuti.
Ed infatti il vescovo Alan Hopes della diocesi di East Anglia non ha avuto timore nell’esprimersi così: “Non dovremmo essere sorpresi da quello che accade ai resti umani in alcuni dei nostri ospedali, così come ci è stato segnalato. Gran parte della società non condivide la nostra fede nella sacralità e nella dignità della vita umana in tutte le sue fasi e considera invece la vita umana come uno dei tanti prodotti usa e getta”.
I media si scandalizzano che i corpi di questi bambini finiscano nell’inceneritore, ma perché non si scandalizzano che vengano uccisi? Azione ben più turpe. Si stracciano le vesti per quest’atto di barbarie, ma senza aborto nessun si sarebbe mai sognato di smaltire i corpi in tal modo. E’ l’aborto la vera barbarie, il fatto che produce poi tutta una seria di nefandezze che sono solo la conseguenza logica di una premessa turpe: la vita del figlio non vale nulla. E così via libera non solo all’incenerimento, ma alle sperimentazioni sugli embrioni (tra cui gli embrioni cibridi, un po’ uomini e un po’ animali), alla produzione in vitro del bebè per avere un figlio o per avere pezzi di ricambio per il fratellino già nato, all’uso di materiale organico per la cosmesi e così via orripilando.
La reazione massmediatica alla notizia che migliaia di bambini non hanno ricevuto degna sepoltura è in realtà figlia della stessa mentalità che prima di metterli nell’inceneritore li ha uccisi. La mentalità secondo cui certe azioni sono sbagliate o giuste non di per se stesse, ma solo se il senso comune ha deciso che lo siano. E così aborto e fecondazione artificiale vanno bene e l’inceneritore quello no, perché davvero sconveniente, di cattivo gusto. In breve non si capisce perché è ripugnante disfarsi di un bambino in questo modo e non lo sia, prima, averlo ucciso.
Ma dall’Inghilterra voliamo qui da noi e scopriamo che quello che accade al di là della Manica è pratica legittima e consuetudinaria in Italia. I feti abortiti di venti settimane e più devono essere inumati, ma per quelli di età gestazionale minore i cui resti non vengono chiesti dai genitori li aspetta la procedura di smaltimento propria dei rifiuti ospedalieri speciali. E così il materiale organico fetale – usiamo questa espressione perché dopo la procedura abortiva il feto non è più morfologicamente riconoscibile – finisce nello stesso contenitore dove troveremo pezzi di resezione di colon e di fegato. Il tutto poi viene bruciato. Ed è tutto legale.

Vi sono realtà associative, come l’Associazione Difendere la Vita con Maria, che si preoccupano invece, tramite apposita convenzione con le strutture ospedaliere, di donare a questi piccoli una degna sepoltura. Ma è solo una goccia nel mare dei centomila e più aborti legali effettuati nel nostro Paese. Tutti gli altri finiscono in cenere. I bambini abortiti come novelli ebrei di un secondo olocausto? Pare proprio di sì.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

7 - LA GUERRA CONTRO L’ESSERE UMANO AVVIENE OVUNQUE
Friuli venezia Giulia: anche nelle realtà locali si insunua il germe della cultura della morte
di Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

Molto di nuovo sul fronte orientale. Il settimanale diocesano di Trieste Vita Nuova è impegnato a contrastare l’offensiva a tenaglia di Comune di Trieste e Regione Friuli Venezia Giulia. Sul numero di oggi venerdì 28 marzo, il Vescovo Giampaolo Crepaldi scrive una lettera al direttore del settimanale per partecipare «gratitudine e per incoraggiare a proseguire su questa strada perché le sfide, che in molti campi si profilano, sono assai impegnative».
Si parlava di manovra a tenaglia. La giunta comunale ha approvato una delibera per la costituzione del deposito delle DAT (Dichiarazioni anticipate di trattamento). Subito dopo, la Presidente della Regione Debora Serracchiani annuncia una prossima legge sul fine vita. Gioco di sponda a cui si è opposto fin da subito Vita Nuova sostenendo, a chi diceva che tra la delibera sulle DAT e l’eutanasia non c’era nessuna relazione, che quanto deliberato dal comune sarebbe stato usato in seguito come punto di appoggio per qualcosa di altro e di peggio. Ed infatti la Serracchiani si fa forte di 34 comuni, tra cui quello di Trieste, che hanno già approvato il registro DAT. A fugare ogni ombra di dubbio sull’esito eutanasico della vicenda, la Presidente afferma di aver recepito e di volere trasformare in legge la mozione dell’associazione “per Eluana” di Beppino Englaro. Perché? Perché avrebbe raccolto cinquemila firme. Cosa sono cinquemila firme su una popolazione regionale di 1 milione e 325 mila abitanti? E cosa sono 34 comuni? Non raggiungono nemmeno i 40 per cento della popolazione residente. Però per la Presidente la cosa avrebbe una base democratica e sarebbe “richiesta dai cittadini”.
Lo stesso concetto avevano detto e scritto il Sindaco di Trieste Roberto Cosolini e la vicesindaco Fabiana Martini, autrice della proposta di delibera in Giunta. Ma chi sono questi cittadini che avrebbero richiesto il deposito delle DAT e una legge regionale sul fine vita? E quanti sono? Sono per caso quelli che hanno firmato la proposta di legge sull’eutanasia dei Radicali, tra i quali, guarda caso, anche il sindaco Cosolini? Vita Nuova aveva chiesto che si discutesse della questione nella società civile con la partecipazione delle famiglie culturali della composita realtà triestina, tra le quali occupa il proprio posto anche la Chiesa cattolica. Se ne è discusso invece solo in giunta e nei consigli circoscrizionali, ossia nei luoghi ove comandano i partiti e vigono i criteri politici ed infatti sono tanti i consiglieri comunali, anche dichiaratamente cattolici, che tacciono sulla vicenda per ossequio ai criteri politici di partito.
Vita Nuova ha continuato per settimane a fornire approfondimenti ed argomenti. Non ha adoperato frasi fatte o slogan, ma ragionamenti bioetici, giuridici, amministrativi e … di buon senso. Il Sindaco ha accusato il giornale di non rispettare la laicità delle istituzioni. Ma, richiesto di specificare cosa intendesse per laicità delle istituzioni, non ha risposto. Ha denunciato i “rozzi attacchi” contro di lui, ma tra gli argomenti forniti da Vita Nuova e quelli dei politici della maggioranza in comune si è evidenziato un abisso. Il Sindaco ha anche detto che il direttore di Vita Nuova non rappresenta i fedeli e si è detto speranzoso che il Vescovo la pensi diversamente. Ma oggi,  come già ricordato, Vita Nuova pubblica la lettera del Vescovo al direttore: «Ho apprezzato il modo serio e chiaro con cui Vita Nuova ha affrontato a più riprese l’argomento, fornendo ai suoi lettori su questa delicata questione illuminanti approfondimenti bioetici, giuridici, amministrativi. Il tutto è stato svolto con opportuno e doveroso riferimento al Magistero della Chiesa in materia. Ciò non ha impedito a Vita Nuova di usare un tono propriamente giornalistico, anche se sempre rispettoso del confronto democratico, come si addice ad un Settimanale». Con buona pace del Sindaco, e non solo di lui.
Nel frattempo si è aperto un nuovo fronte. Due conviventi gay hanno ottenuto dalla regione il riconoscimento del contributo pubblico per l’acquisto della prima casa. L’intervento della Regione, a fronte di un ricorso degli interessati, ha annullato la decisione della banca Mediocredito Fvg che in precedenza aveva negato tale contributo, previsto solo per le coppie sposate. Nuovo fronte di impegno per Vita Nuova, che sta sostenendo l’ingiustizia del provvedimento che toglie soldi alle famiglie per darli ai conviventi gay, che adopera i soldi del contribuente per fini impropri forzandolo in futuro all’obiezione di coscienza fiscale e, soprattutto,  che equipara a livello amministrativo la convivenza omo alla famiglia.

L’Italia ha anche un fronte orientale, dove un piccolo settimanale diocesano sta cercando di fare il proprio dovere.  Il dovere di un settimanale cattolico.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

8 - MUORE DOPO ABORTO FARMACOLOGICO E I MEDICI CADONO DALLE NUVOLE
Invece gli effetti e i rischi della ru486 sono noti da tempo
di Leone Grotti - Fonte: Tempi

Una donna è morta a Torino all’ospedale Martini dopo aver assunto la pillola Ru486 per abortire, riporta la Stampa. Se l’autopsia oggi confermasse l’ipotesi dei medici, sarebbe il primo caso in Italia, mentre negli Stati Uniti si contano invece diverse vittime della pillola abortiva.

L’ASSUNZIONE DELLA PILLOLA. La donna di 37 anni, già madre di un bambino, ha assunto lo scorso 4 aprile il mifepristone, che entro 48 ore ferma la gestazione. Mercoledì scorso, come prevede la legge, si è ripresentata in ospedale per assumere il secondo farmaco, la prostaglandina, che serve per l’eliminazione dell’embrione.
I medici affermano che non c’era «nulla di anomalo» ma quattro ore dopo l’aborto la donna ha cominciato a «non respirare» a causa di «una fibrillazione ventricolare», secondo la diagnosi dei medici.

IL DECESSO. Poi le cose sono peggiorate: «La signora – conferma il dottor Paolo Simone, direttore sanitario dell’Asl To2 da cui dipende l’ospedale – ha perso improvvisamente conoscenza. Il cuore si è fermato, è stato necessario utilizzare il defibrillatore e il battito è ripreso». Alle 22,20, però, l’ha uccisa una nuova e più grave crisi.
«Siamo sconvolti, e vicini alla famiglia della signora – continua – Anche per noi questa tragedia non ha una spiegazione. Ma possiamo garantire di aver rispettato fin dall’inizio il protocollo per l’interruzione di gravidanza col metodo farmacologico».

«NEGLI USA OTTO VITTIME». In attesa dell’autopsia, i familiari non hanno sporto denuncia nei confronti dell’ospedale. Il Piemonte è la regione che effettua più aborti con la Ru486, che secondo Donna Harrison, direttrice esecutiva dell’American Association of Pro-Life Obstetricians and Gynecologists, «sono più pericolosi di quelli chirurgici. La possibilità di attacchi di cuore [usando la Ru486] esiste. La pillola ha già causato almeno otto vittime documentate dal 2000 negli Usa.  Ma i dati sono del 2009, quindi i casi probabilmente sono aumentati. La percentuale è di circa un decesso ogni centomila pazienti».
La pillola causa spesso «emorragie e infezioni» ma anche «attacchi di cuore nelle donne più anziane, le fumatrici o quelle che hanno disfunzioni cardiache. Altri problemi gravi incorrono quando l’aborto non ha successo, perché i farmaci usati provocano gravi danni ai feti, che poi nascono malformati».

ABORTO SOLITARIO. Solo a inizio marzo, Il Consiglio sanitario della regione Toscana, che affianca l’assessorato alla Salute, ha deciso che la pillola abortiva Ru486 potrà essere data alle donne in consultorio e assunta in loco senza bisogno di ricovero in ospedale, nemmeno in day hospital. La notizia era stata riportata con soddisfazione da Repubblica, che l’anno scorso aveva lanciato un allarme perché in Lombardia si verificano troppi pochi aborti con la Ru486.

Quando la pillola è stata introdotta in Italia nel 2009 era stato stabilito l’obbligo di ricovero per l’assunzione, al fine di evitare pericoli per la salute della donna.

Fonte: Tempi

9 - LA CORTE IGNORA LE SCELTE DEI CITTADINI MA ANCHE IL BUONSENSO
Il piano inclinato della legge 40 trascina la procreazione assistita alla deriva, ma dietro al malinteso diritto di avere un figlio si aprono scenari problematici
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

Ieri mattina la Corte Costituzionale ha deciso: cancellato dalla legge 40 il divieto di fecondazione artificiale eterologa per quelle coppie assolutamente infertili. D’ora in poi anche le coppie italiane potranno ricorrere a “donatori” di ovociti o spermatozoi per avere un bambino. L’ultimo capitolo di questa mattanza della legge 40 ci offre l’opportunità – in attesa delle motivazioni della sentenza - di fare un quadro sintetico e riassuntivo delle cause che hanno portato a questo pronunciamento e degli effetti ad esso correlati.
Il cammello e il moscerino. Incassato nel 2004 il risultato della Fivet, le modalità per accedervi – omologa o eterologa – sono solo elementi accessori. In altri termini una volta che abbiamo accettato il principio che la vita può essere prodotta in provetta, il fatto che i gameti provengano o meno dalla coppia è aspetto secondario. Diventa tutto e solo una questione di limiti ad un male ormai legalizzato. Ingoiato il cammello come stupirsi che possiamo ora ingoiare anche il moscerino? Questa sentenza è insomma figlia della stessa legge 40.
Al fondo del pendio scivoloso. Il principio dello slippery slope ha avuto plastica attuazione nel caso della legge 40: una volta che si è acceso il semaforo verde sulla fecondazione omologa, si è aperta la possibilità di produrre quanti embrioni si volevano e di crioconservare quelli non impiantati, successivamente vi sono state aperture significative volte a far accedere alle Fivet le coppie non sterili né infertili grazie a giudici compiacenti e per tramite delle linee guida del ex ministro della Sanità Livia Turco. L’eterologa è solo il punto di arrivo di questo scivolamento verso il basso prodottosi sempre più velocemente.
La tecnocrazia della magistratura. E’ ormai assodato che in Italia – e non solo – le leggi sui principi non negoziabili le fanno i giudici e non il Parlamento. Quest’ultimo tutt’al più redige quelle che ora possiamo considerare solo come delle bozze di legge, le quali una volta varate dovranno superare il vaglio dei giudici che potranno modificare il testo a proprio piacimento. Il magistrato non è più chiamato ad applicare le leggi, ma a crearle.
Il diritto al figlio. La sentenza della Consulta ribadisce un principio già contenuto in nuce nella legge 40: esiste un vero e proprio diritto al figlio che non può essere limitato in nessun modo. Se puoi avere il figlio da tuo marito o partner va bene, ma anche nel caso in cui madre natura ti ha remato contro ecco che l’ordinamento ti viene incontro perché il tuo diritto alla genitorialità non può essere compromesso in alcun modo.
Peggio di prima. C’è chi in queste ore commenta più o meno così: “La legge 40 è ormai definitivamente cancellata. Siamo tornati alla situazione esistente prima del 2004 dove tutto era permesso”. In realtà la situazione è peggiore di prima perché allora le pratiche come l’omologa e l’eterologa non erano né permesse né vietate. Ora invece sono legittimate, cioè sono avvallate e favorite dalla stessa legge. Se prima tali tecniche potevano venire considerate delle “facoltà di fatto”, oggi la staffetta Legge 40 e giudici ha reso la fecondazione artificiale praticabile sempre e comunque con il placet dello Stato italiano.
Effetti a cascata. Da domani gli effetti collaterali della sentenza non tarderanno a farsi sentire. In primis bisognerà riformare il diritto di famiglia. Se fino a ieri la madre era chi partoriva il bebè, da domani occorrerà domandarsi se questa condizione sarà ancora valida di fronte all’evidenza che il neonato è geneticamente figlio di un solo membro della coppia, magari il padre, e nell’ipotesi che i gameti provengano entrambi da soggetti esterni alla coppia il figlio sarà tale solo di nome ma non di fatto.  Come dunque regolare la filiazione nel caso in cui il nato biologicamente non ha nulla a che spartire con la coppia che ha avuto accesso alla provetta? E poi ci saranno non pochi problemi giuridici e clinici da risolvere: il “donatore” sarà coperto da anonimato? Occorreranno protocolli ad hoc per garantire che i gameti provengano da persona sana, senza patologie genetiche? Sarà legittimo poi scegliere il “donatore” in base alle sue caratteristiche fisiche, come altezza, colore degli occhi etc.? I richiedenti potranno esigere da lui anche un test sulla sua intelligenza? Tutte cose che ormai da tempo avvengono fuori dai confini italici.
In secondo luogo dal momento che la Consulta ha dato il suo benestare sull’eterologa, di conserva anche la pratica dell’utero in affitto sarà legittima essendo una variante della stessa eterologa. Terzo inciampo: la ricerca sull’infertilità di coppia subirà un altro brusco arresto in Italia. Perché infatti investire in questo campo quando ormai c’è la provetta magica che può risolvere ogni problema? Anche la pratica delle adozione è destinata a tramontare, appannaggio ormai di vecchi nostalgici.
Ma per quale motivo siamo arrivati sino a questo punto? D’accordo: i radicali in lega con una certa magistratura compiacente hanno fatto la loro parte. Ma da che mondo è mondo è sempre avvenuto così. I figli delle tenebre ci sono stati dai tempi di Caino e Abele e non sono mai stati con le mani in mano. Il vero problema invece sta nell’accampamento cattolico e in due aspetti in particolare. In merito alla legge 40, la sentenza è frutto della difesa strenua di alcuni ambienti cattolici della stessa legge. Se tuteli il male, questo non potrà che svilupparsi e portare frutto. La male pianta non può che essere sradicata al più presto. Detto in soldoni, il compromesso è la porta d’ingresso a mali ben peggiori. In senso più ampio, dal post-Concilio assistiamo – nei migliori dei casi – ad un disorientamento delle truppe cattoliche e più spesso ad una vera e propria diserzione per passare all’esercito nemico pur indossando sempre la divisa cattolica. Impensabile vincere se non uniti - ma uniti nella verità insegnata dal Magistero – e convinti di cosa è bene e male in morale e di quali strumenti eticamente leciti possono essere impiegati nel combattimento.
Questa debacle insegni – pio desiderio – la corretta strategia da attuare in futuro. Opposizione dura e radicale alle leggi ingiuste, senza cedere alle sirene dei “mali minori” e delle “limitazione dei danni”.  Dietro l’angolo ecco le prossime sfide: disegno di legge “Scalfarotto” sulla cosiddetta “omofobia”, approvazione dei “matrimoni” gay, riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, testamento biologico e poi, chissà, pedofilia e revisione del Concordato.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

10 - CANADA: LA TRAGICA STORIA DELLA BAMBINA CON TRE GENITORI SUL CERTIFICATO DI NASCITA
La legge considera ‘‘genitori’’ due lesbiche più il donatore di sperma (VIDEO: canzoni ironiche su genitore 1 e genitore 2)
di Lupo Gori - Fonte: Corrispondenza Romana
Fonte: Corrispondenza Romana

11 - INTERVISTA A PALMARO: LE COSE IMPORTANTI DELLA VITA
‘‘Mi preoccupa che i miei figli possano smarrire la verità per uniformarsi alla mentalità del mondo o che siano tentati di abbandonare la Chiesa, la Messa, i sacramenti; tutto il resto (il lavoro, la scuola, la ricchezza, il successo) davvero conta poco’’
Fonte La Nuova Bussola Quotidiana
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

12 - IL VITELLO D’ORO: UNA SENTENZA SHOCK
Camionista pungola una mucca (destinata al macello) per farla scendere dal camion: denunciato dalla Lav (Lega antivivisezione), viene condannato a una salatissima multa e 6 mesi di carcere
di Rino Camilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

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