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Prima della Pasqua c'è stata la Quaresima. A cominciare da quel drammatico 20 febbraio in cui l'alta corte di giustizia di Londra sentenzia che il piccolo Alfie Evans, di 22 mesi, colpito da una malattia neurologica sconosciuta, inguaribile, e ricoverato all'Alder Hey Children's Hospital di Liverpool, deve essere fatto morire, sospendendo la ventilazione.
Nella sentenza, il giudice Anthony Hayden include, a sua giustificazione, un passo del messaggio sul fine vita che papa Francesco ha inviato il 7 novembre 2017 a monsignor Vincenzo Paglia, presidente della pontificia accademia per la vita.
Da Roma nessuna protesta per questo utilizzo strumentale delle parole del papa. Bisogna aspettare l'8 marzo perché una voce forte si levi ai gradi alti della Chiesa, quella del cardinale Elio Sgreccia, 90 anni, bioeticista di fama internazionale e presidente della pontificia accademia per la vita dal 2005 al 2008.
Ma, il 9 marzo, in un'intervista a "Tempi", monsignor Paglia dà ragione al giudice londinese in tutto.
Passano i giorni e cresce la mobilitazione in difesa della vita di Alfie, animata dai suoi genitori, Tom Evans e Kate James, poco più che ventenni, lei anglicana, lui cattolico.
Arriva Pasqua e il 4 aprile, mercoledì della settimana "in albis", papa Francesco rompe per la prima volta il suo silenzio con un tweet: "È la mia sincera speranza che possa essere fatto tutto il necessario per continuare ad accompagnare con compassione il piccolo Alfie Evans…".
Il 13 aprile, venerdì della seconda settimana di Pasqua, anche l'arcidiocesi di Liverpool parla, con un comunicato del portavoce. Ma con tutt'altro tono. Lamenta che i genitori di Alfie e le autorità dell'ospedale "non sono stati in grado di concordare un programma" per interrompere la respirazione del bambino. Registra con disappunto le manifestazioni di sostegno ad Alfie attorno all'ospedale. Notifica l'impegno del vescovo ausiliare di Liverpool, Tom Williams, a "supporto dei medici", senza però incontrare i genitori del piccolo, "che non sono cattolici". Prende atto che si continua a "pregare per Alfie, la sua famiglia e coloro che lo accompagnano in questo viaggio".
Il giorno dopo Tom Evans scrive all'arcivescovo di Liverpool, Malcolm Patrick McMahon, per esprimergli la sua tristezza per il comunicato, per ricordargli che sia lui che Alfie sono battezzati nella Chiesa cattolica e per chiedergli aiuto per "portare nostro figlio fuori dalla Gran Bretagna per essere curato fino alla fine naturale della sua esistenza terrena". L'ospedale pediatrico nel quale i genitori vorrebbero trasferire Alfie è quello del Bambino Gesù di Roma, che ha già espresso la sua disponibilità fin dalla scorsa estate e ha inviato suoi medici a Liverpool.
Ma dall'arcidiocesi nessuna risposta. Anche il cappellano dell'Alder Hey Children's Hospital si rende irreperibile alle richieste dei genitori di Alfie.
Il 15 aprile, terza domenica di Pasqua, è però papa Francesco che parla, e questa volta a voce alta, al Regina Caeli, associando ad Alfie il caso analogo di un francese di 42 anni:
"Affido alla vostra preghiera le persone, come Vincent Lambert, in Francia, il piccolo Alfie Evans, in Inghilterra, e altre in diversi Paesi, che vivono, a volte da lungo tempo, in stato di grave infermità, assistite medicalmente per i bisogni primari. Sono situazioni delicate, molto dolorose e complesse. Preghiamo perché ogni malato sia sempre rispettato nella sua dignità e curato in modo adatto alla sua condizione, con l'apporto concorde dei familiari, dei medici e degli altri operatori sanitari, con grande rispetto per la vita".
Lo stesso giorno, anche il presidente della pontificia accademia per la vita, monsignor Paglia, emette un comunicato in linea con quanto detto dal papa e a correzione di quanto affermato da lui in precedenza.
Il giorno dopo, però, lunedì 16 aprile, la situazione precipita. La mattina un sacerdote italiano che è parroco a Londra, don Gabriele Brusco, amministra il sacramento dell'unzione degli infermi al piccolo Alfie. Ma nel pomeriggio la corte d'appello inglese respinge il ricorso dei genitori di Alfie contro la sentenza di morte del figlioletto. Tom e Kate decidono allora di fare un estremo ricorso alla corte suprema del Regno Unito. E pensano di ottenere un incontro con papa Francesco. Con loro, a Liverpool, c'è una collaboratrice del sito cattolico italiano La Nuova Bussola Quotidiana, Benedetta Frigerio, che prende contatto con la persona giusta per inoltrare la richiesta a Roma: monsignor Francesco Cavina, che ha lavorato per molti anni in segreteria di Stato prima di divenire, dal 2011, vescovo di Carpi.
E infatti, con rapidità fulminea, la mattina di martedì 17 aprile arriva la risposta di Francesco, che dà appuntamento a Tom per la mattina seguente, prima dell'udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro.
Nel pomeriggio del 17 aprile Tom parte da Liverpool e facendo uno scalo notturno ad Atene riesce ad arrivare a Roma giusto in tempo per l'incontro col papa.
L'incontro avviene a Santa Marta alle 9 di mattina del 18 aprile, mercoledì della terza settimana di Pasqua, e dura 20 minuti. Tom Evans consegna a Francesco un messaggio scritto e gli racconta la battaglia in corso per la vita di Alfie. Il papa lo incoraggia e benedice: "Dici bene, Thomas, tu difendi tuo figlio con coraggio, lo stesso coraggio con cui Dio difende i suoi figli".
Un'ora dopo, al termine dell'udienza generale in piazza San Pietro, il papa lancia un nuovo appello pubblico. Invita alla preghiera per Alfie e per altri come lui e insiste su ciò che si era detto nell'incontro di poco prima: "L'unico padrone della vita dall'inizio alla fine naturale è Dio e il nostro dovere è fare tutto per custodire la vita".
All'incontro a Santa Marta era presente anche il vescovo Cavina, al quale papa Francesco ordina di mettersi immediatamente all'opera con la segreteria di Stato per assicurare il trasferimento di Alfie nell'ospedale del Bambino di Gesù, che è di proprietà della Santa Sede.
Non solo. Il papa fa arrivare alla presidente dell'ospedale, Mariella Enoc, il suo personale incoraggiamento a "fare il possibile e l'impossibile". Nello stesso giorno Mariella Enoc incontra Tom Evans e concorda con la segreteria di Stato la stesura di due lettere ai dirigenti e ai legali dell'ospedale di Liverpool, finalizzate a stabilire una collaborazione stretta in vista del trasferimento di Alfie a Roma e dell'avvio di nuove ricerche scientifiche sulla sua malattia.
Nel pomeriggio, però, di questo stesso mercoledì 18 aprile, la conferenza episcopale dell'Inghilterra e del Galles, presieduta dal cardinale Vincent Nichols, pubblica una dichiarazione di segno del tutto opposto.
In essa, i vescovi inglesi respingono come "infondate" le critiche alle decisioni dei tribunali e dell'ospedale di Liverpool riguardo alle sorti del piccolo Alfie. Prendono nota della "offerta" dell'ospedale romano del Bambino Gesù di averlo in cura ma fanno capire che loro, i vescovi, non se ne vogliono occupare, perché "spetta a quell'ospedale [del Bambino Gesù - ndr] presentare ai tribunali britannici, dove vengono prese decisioni cruciali tra opinioni in conflitto, le ragioni mediche per un'eccezione da fare in questo tragico caso".
Sembra di leggere, in questa gelida dichiarazione dei vescovi inglesi, le stesse cose che monsignor Paglia sosteneva fino a poche settimana prima. E in effetti egli si è recato in Gran Bretagna alla fine del 2017, incontrando i vertici della conferenza episcopale inglese e trattando con loro i casi di Charlie Gard, di Alfie Evans e di altri bambini in condizioni simili.
È difficile prevedere che cosa ne sarà di questa impressionante divaricazione tra papa Francesco e i vescovi inglesi, con in gioco nientemeno che la vita di un bambino.
Sul quale però cala venerdì 20 aprile il verdetto finale della corte suprema del Regno Unito, con la definitiva conferma che è "in his own best interest", nel suo migliore interesse, che Alfie sia fatto morire.
I genitori del bambino non si arrendono. Inoltrano un estremo appello a Strasburgo, alla corte europea dei diritti dell'uomo. Ma è un passo che la stessa corte suprema inglese definisce inutile, quando nella sua sentenza ricorda che già in precedenza la stessa corte europea aveva giudicato "inammissibile" un ricorso dei genitori di Alfie, e conclude:
"Non c'è ragione per un ulteriore rinvio. L'ospedale deve essere libero di fare ciò che è stato stabilito nel migliore interesse di Alfie. Questa è la legge in questo paese. Nessun ricorso alla corte europea dei diritti dell'uomo può o deve cambiarla".
Lo stesso giorno, la presidente dell'ospedale pediatrico del Bambino Gesù, Mariella Enoc, invia al direttore dell'ospedale di Liverpool una toccante lettera – poi pubblicata su "L'Osservatore Romano" – di un gruppo di mamme di bambini con malattie "in alcuni casi molto simili a quelle del piccolo Evans". "I nostri figli – scrivono – non stanno soffrendo, stanno solo vivendo. E anche oggi hanno potuto sentire sul viso la bellezza e il calore del sole e delle nostre carezze. Vi preghiamo di non privare della gioia di queste carezze il piccolo Alfie e i suoi genitori".
E siamo a domenica 22 aprile. Al Regina Caeli, papa Francesco tace. Ciò che voleva dire l'ha detto. È la quarta domenica di Pasqua, la domenica del buon Pastore. La Pasqua di Alfie.
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