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SMASCHERATE DAI FATTI TUTTE LE BUFALE SUL CLIMA
Gli orsi polari non si sono estinti e stanno benissimo.....e adesso cosa ci racconteranno per farci spaventare?
di Riccardo Cascioli

Ricordate le estati passate? A un certo punto partiva il tormentone dell'orso polare affamato e sfinito, a rischio di estinzione a causa della scomparsa dei ghiacci artici. Con tanto di foto di orsi smagriti alla deriva su un pezzo di ghiaccio. Da un po' invece non se ne parla più, anche se anni di propaganda martellante ci garantiscono che Greenpeace e WWF continueranno ad usare ancora per qualche tempo questo argomento per provare la catastrofe provocata dal riscaldamento globale e rimpinguare le loro casse.
Ma ormai il povero orso polare, che poteva venire salvato solo mangiando una certa caramella, è morto come icona del cambiamento climatico. Il perché è semplice: lui, l'orso, è più vivo che mai e anche ben pasciuto. È quello che dimostra l'osservazione in loco. Le foto più recenti degli orsi presenti nella baia di Hudson li mostrano belli grassi ma soprattutto numerosi proprio lì dove – a dare retta alle previsioni di 15-20 anni fa – dovrebbero ormai essere solo estinti, come a Churchill, in territorio canadese, conosciuta come la capitale degli orsi polari. Avevano ragione gli inhuit – la popolazione autoctona – che già dieci anni fa contestavano gli allarmi catastrofisti affermando che la popolazione degli orsi stava aumentando e non diminuendo. In realtà, oltre agli inhuit c'era chi già allora aveva smascherato la bufala dell'estinzione degli orsi polari (clicca qui), ma gli interessi dei gruppi ecologisti sostenuti dai grandi media conquistavano comunque l'opinione pubblica.
Fatto sta che oggi abbiamo dati incontrovertibili sull'aumento della popolazione degli orsi polari, che sono stimati in un numero che va dai 23mila ai 33mila, e questo malgrado si sia raggiunto nel 2016 la minima estensione estiva dei ghiacci artici che – secondo le previsioni dei soliti esperti – avrebbe dovuto far diminuire di almeno 2/3 la popolazione degli orsi polari. Una dettagliata e aggiornata mappa della loro presenza, che invece smentisce quanto sostenuto negli anni scorsi, è contenuta in un corposo rapporto (oltre 600 pagine) pubblicato dal Gruppo di lavoro scientifico (SWG) della Commissione congiunta Groenlandia-Canada sull'orso polare e riferito al 2016. Per fare un raffronto, l'anno precedente le stime andavano dai 22mila ai 31 mila esemplari, ma nel 2005 si parlava di 20-25mila e alla fine degli anni '60 di 8-10mila. Alla faccia dell'estinzione.
Ma non aspettatevi che qualcuno reciti il mea culpa, avverta delle previsioni sbagliate e rassicuri l'opinione pubblica che vive ormai con ansia il destino degli orsi polari. La battaglia sui cambiamenti climatici deve andare avanti, così c'è già la scusa pronta e l'individuazione di altre parole d'ordine. Come si capisce dall'intervento di Michael Mann, uno degli scienziati che deve la sua notorietà al catastrofismo climatico, secondo cui «abbiamo sbagliato a usare orsi polari e pinguini come manifesto del cambiamento climatico perché abbiamo dato l'impressione che questo sia una specie di problema dal sapore esotico e perciò lontano».
Nessuna ammissione di previsioni sbagliate, si passa direttamente alla nuova immagine da usare per la propaganda. Si deve far capire che il riscaldamento globale causato dall'uomo riguarda tutti, perciò ecco l'idea: «l'Artico è l'aria condizionata che rinfresca il pianeta». Chiaro il collegamento: se si sciolgono i ghiacciai muoriamo di caldo. E la chiamano scienza.

 
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26/08/2017