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DI PILLOLA ABORTIVA SI MUORE
Non solo il bambino, ma anche la mamma è vittima del farmaco ormai acquistabile senza ricetta anche da noi
di Benedetta Frigerio

La giovane teenager di Accrington, Sophie Murray, non avrebbe mai pensato che la libertà sessuale avesse un prezzo. Forse perché nessuno le aveva mai svelato l'inganno moderno della felicità senza vincoli da cui risulta sempre più difficile districarsi. È così che di ritorno dalle Canarie, dopo otto mesi di somministrazione della pillola contraccettiva, aveva avvertito un dolore al petto, ma senza pensare che c'entrasse in qualche modo con il fatto che il suo corpo era da tempo sottoposto a una stimolazione ormonale per via chimica.
E così, quando in ospedale si sono accorti della causa del malessere, era ormai troppo tardi. Sophie è morta l'8 novembre scorso in seguito a una trombosi generata da un coagulo di sangue prodotto dalla pillola Microgynon della Bayer. La notizia è apparsa a metà gennaio su giornali impegnati a spiegate che l'eventualità della morte per trombosi «è molto rara». Solo dieci giorni dopo, i genitori di Charlotte Foster, ventitreenne neolaureata dell'università di Liverpool, davano notizia del decesso della figlia, morta per danni cerebrali causati da un'embolia. Anche Foster usava il contraccettivo della Bayer Diana. Ma il Servizio sanitario nazionale inglese ha ribadito che la pillola resta sicura, dato che solo nel 0,06 per cento dei casi le donne soffrono di embolia.
Eppure, tra il primo e secondo episodio è emerso anche quello dell'insegnante della conteainglese di Staffordshire, la ventunenne, Fallan Kurek, che da 25 giorni aveva cominciato a prendere la pillola contraccettiva Rigevidon. Kurek aveva assunto il contraccettivo con la stessa disinvoltura che ha portato le altre donne a non pensare che il malessere presentatosi nell'ultimo periodo fosse in qualche modo legato al fatto che il suo copro stava assumendo una sostanza sintetica. Solo quando alle fitte si era aggiunta la mancanza di fiato, la ragazza era corsa in ospedale per essere dimessa immediatamente e ripresentarsi quattro giorni dopo, nuovamente senza respiro. Di fronte alla diagnosi di embolia polmonare i medici avevano domandato alla madre se Kurek faceva uso di contraccettivi ormonali. La risposta affermativa non è bastata a salvarla: il 14 maggio del 2015 la promettente insegnante è morta, aggiungendo la sua vicenda al centinaio di vittime contate fino al 2013.
Fra le più conosciute ci sono le storie di Erika Langhart, che cinque anni fa, all'età di 24 anni, morì collassata e quella di Michael Jane Alexander, la ventenne deceduta a causa della Yaz, da lei ingerita come fosse una «pillola miracolosa». Brittany Michelle Malone, 23 anni, è invece morta nel 2013, in seguito a un arresto cardiaco causato dal contraccettivo ormonale. Lo stesso anno Miranda Scott, a soli 18 anni, è collassata in palestra a causa di un'embolia seguita all'uso di Yasmin. ?Dalle ultime cifre, risalenti a tre anni fa, emerge che la casa farmaceutica Bayer ha speso 1.6 miliardi di dollari in 6.800 cause aperte da persone gravemente lese e da 100 famiglie di donne decedute dopo aver assunto la Yaz.
La multinazionale Merck & Co ha invece risarcito con 100 milioni 3.800 donne lese e 83 famiglie le cui figlie sono state uccise dalla Nuvaring. Le cifre pubblicate lo stesso anno dalla rete statale Canadian Broadcasting Company parlano di un miliardo di risarcimenti per i danni sulle consumatrici della Yaz e della Yasmin e di 23 decessi avvenuti solo in Canada. Evidentemente, però, i ricavi delle vendite superano di gran lunga le spese di risarcimento. Mentre la potenza economica del colosso farmaceutico contribuisce all'inibizione delle autorità che continuano a permettere la vendita del farmaco, nonostante l'Istituto Nazionale della Salute americano abbia comunque dovuto ammettere che «i contraccettivi orali sono un metodo comune usato per la contraccezione, ma comportano un rischio di trombosi venale e arteriale. L'associazione fra l'estrogeno contenuto nei contraccettivi orali e la trombosi venosa è ben accertata».
Eppure, di fronte al rischio di morte (si trattasse anche solo di un caso), la vendita di una pillola che lungi dal curare serve solo a controllare le nascite è di una gravità difficilmente giustificabile da chiunque. Tanto che persino il magazine femminista Ms ha sottolineato il paradosso di una libertà che rende schiavi, ricordando quelle donne che ancora oggi «muoiono per colpa di qualcosa che viene loro proposto come un aiuto».

 
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18/02/2016