« Torna alla edizione


LA CHIESA E' CONTRARIA ALLA FECONDAZIONE ARTIFICIALE, NON SOLO PERCHE' NON E' NATURALE, MA ANCHE PERCHE' NON E' SICURA
Lo sguardo sulla realtà invita alla prudenza
di Carlo Bellieni

C’è un grossolano errore che circola sui massmedia: che la Chiesa sia contraria alla fecondazione in vitro (FIV) solo per motivi morali che riguardano un ordine naturale del concepimento. In realtà il contrasto riguarda anche la cura della salute, altra urgenza morale, perché l’uso di queste tecniche espone le donne e i bambini a rischi maggiori che la popolazione generale. Basta leggere i dati. Ad esempio la rivista Plos One proprio in questo mese riporta uno studio australiano fatto su oltre 5.000 bambini nati da FIV, che mostra un rischio di morte neonatale e di peso alla nascita molto basso più che doppio rispetto alla popolazione generale. Fertility and Sterility del giugno 2012 riporta un’analisi degli studi finora pubblicati da cui si evince un aumento di malformazioni di 1,37 volte nei nati da FIV rispetto alla popolazione generale. Ora nella comunità scientifica si discute sul perché di questa differente riuscita tra concepimento FIV e non-FIV. Può dipendere dal fatto che spesso i parti dopo fecondazione artificiale sono parti multipli, ma per esempio lo studio australiano di cui sopra ha preso in considerazione solo parti singoli trovando le differenze suddette. Può anche dipendere da situazioni preesistenti nei genitori o da alterazioni “epigenetiche” dovute al contatto dell’ambiente non uterino con l’embrione prima dell’impianto. Non è ancora chiaro. Il fatto è che il rischio viene riportato dalla maggior parte delle ricerche sin dal 2002. E’ vero che alcuni studi tranquillizzano sullo sviluppo a lungo termine dei bambini nati da FIV, ma non si possono trascurare i problemi alla nascita, come insegnano i neonatologi: Annie Janvier sul Journal of Pediatrics del 2011 chiede una maggior regolazione di queste tecniche dato che nel suo reparto di patologia neonatale il 17% dei ricoveri sono gemelli nati da FIV (questa percentuale aumenterebbe aggiungendo i nati da FIV non gemellari), certo più della percentuale dei bambini concepiti in vitro, di solito non superiore al 5%; e non è cosa da poco. Viene da chiedersi se i giornali riportino sempre e correttamente queste notizie, o se facciano sembrare tutto “rose e fiori”, e se le donne e le coppie non siano sviate a rimandare la gravidanza, senza saper bene che anche la medicina poco può contro il passare degli anni. Certo, i rischi sono “relativi” perché il fatto che le malformazioni siano il 30% in più significa che dal 4% della popolazione generale passano grosso modo al 5% nella popolazione in vitro, e un discorso simile vale per la mortalità (che comunque è già bassa nella popolazione generale): il rischio raddoppia, certo, ma sempre su percentuali basse tuttavia su una popolazione sempre maggiore. Questa preoccupazione porta i ricercatori a sempre nuovi studi per migliorare le tecniche. In gennaio 2014 la rivista Human Reproduction mostrava che peso alla nascita e durata della gravidanza sono influenzati dal tempo trascorso nel terreno di coltura in vitro, e Human Reproduction Update che “ancora si ignora quale sia il mezzo di coltura più efficace per la miglior riuscita della FIV”. Si sta migliorando; non si poteva attendere che i rischi fossero ancor più minimizzati prima di procedere all’uso umano su vasta scala?

 
Fonte: Avvenire