Amici del Timone n�81 del 01 settembre 2018

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1 LA CANNABIS LIGHT NON E' INNOCUA
E bene ha fatto il Consiglio superiore di sanità a bloccarne la vendita
di Carlo Bellieni - Fonte: Il Sussidiario
2 LA CURA DEL DOLORE NEI BAMBINI NEONATI: UN'ATTENZIONE IMPORTANTE ANCHE DAL PUNTO DI VISTA ETICO
Bellieni e Bonocore pubblicano un manuale specifico
di Luca Scalise - Fonte: Notizie Provita
3 L'ARGENTINA DICE NO ALL'ABORTO
Il miracolo che non accadde in Italia il 22 maggio 1978 e in Irlanda il 25 maggio 2018, ma è già in corso il tentativo di aggirare l'ostacolo
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 I GIORNALI FANNO TERRORISMO SUI BATTERI IN CORSIA, MA NON DICONO TUTTA LA VERITA'
Si spacciano per emergenze quelle che non esistono e non si parla dei rischi di una medicina troppo spregiudicata
di Benedetta Frigerio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 MA QUALE SOVRAPPOPOLAZIONE!
Anni di bugie su tutti i media...il nostro mondo basta per tutti, e il Signore ce l'ha donato per popolarlo di figli
di Vincenzo Gubitosi - Fonte: LifeNews
6 LA STORIA CHE INSEGNA LA SCUOLA E' FALSA
Nel Medioevo fiorì il pensiero, grazie al metodo o dialettico che non contrastava il dissenso ma insegnava a discutere
di Giorgio Masiero - Fonte: Critica scientifica
7 PRATICAVO ABORTI, OGGI DIFENDO LA VITA
Nel 40° anniversario della legge 194 leggiamo la testimonianza del dott. Oriente
di Federico Cenci - Fonte: In Terris
8 I VESCOVI IRLANDESI: ''NESSUN ABORTO NEGLI OSPEDALI CATTOLICI''
Un referendum ha abrogato la protezione che la Costituzione dava al nascituro e così il governo, guidato da un gay, impone l'aborto anche negli ospedali cattolici (togliendo i fondi pubblici a chi non si adegua)
di Ermes Dovico - Fonte: Il Timone
9 PASTEUR: GRANDE SCIENZIATO, SINCERO CREDENTE
E' il fondatore della microbiologia, ha introdotto la pastorizzazione del latte, ha permesso lo sviluppo dei vaccini, ha dimostrato con esperimenti l'impossibilità che la vita nasca dalla non vita (abiogenesi)
di Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona

1 - LA CANNABIS LIGHT NON E' INNOCUA
E bene ha fatto il Consiglio superiore di sanità a bloccarne la vendita
di Carlo Bellieni - Fonte: Il Sussidiario, 22/06/2018

Il ragionamento è semplice. Esiste internazionalmente il noto "principio di precauzione": questo dice che quando su una sostanza o su un trattamento esistano dubbi sulla sua innocuità sulla popolazione, è colui che la promuove che deve dimostrare la mancanza di effetti negativi. Ora, sulla cannabis i dubbi sono tanti e possiamo dire che non si tratta di dubbi, ma di certezze.
La rivista JAMA Psychiatry, lo scorso 6 giugno, riportava che la cannabis aumenta il rischio di psicosi nei giovani, e non solo in quelli predisposti familiarmente, come si pensava finora. Ma basta fare una ricerca della letteratura scientifica in merito, per vedere che la cannabis è associata ad aumento di rischio di varie patologie, da quelle polmonari e cardiache a quelle sopraddette psichiatriche; il che non vuol dire che tutti quelli che la assumono si ammaleranno, così come non vuol dire che tutti quelli che bevono alcol avranno una cirrosi al fegato; ma il rischio aumenta di molto rispetto alla popolazione generale.
Ora, con queste basi, sarà chi vuole introdurre la cannabis leggera che deve dimostrare con i numeri alla mano che invece non fa male; se produrrà studi significativi e seri, se ne terrà conto.
Ma c'è un altro fattore da considerare al contempo: il fattore banalizzazione. Perché da troppe parti si parla di cannabis come sostanza innocua da liberalizzare: parlare di una cannabis leggera che si può fumare è come parlare di un whisky leggero che si può prendere prima di guidare. Non solo aumenta il rischio di confusione tra quello leggero e pesante, ma aumenta anche il rischio di pensare che ci sia un effetto di gradualità: se "leggero" va bene, allora perché non dovrebbe andar bene "leggero più 1"? E perché non "leggero più 2"? E così via.
E la pubblicità del "brand" cannabis, seppur seguita dal termine "light", resta nel cervello del consumatore come pubblicità alla cannabis, come se non bastassero magliette, cappellini, canzoni, rappers eccetera che osannano la canapa da cui si ricava il principio psicoattivo.
A questo punto occorre un intervento ancora più chiaro, di prevenzione delle dipendenze a tutto tondo e di informazione sui rischi delle droghe: ci sembra molto importante che l'Organizzazione mondiale della sanità abbia inserito proprio in questi giorni la ludopatia tra le patologie mentali, e pensiamo che chi governa la sanità dovrebbe muoversi di conseguenza, proibendo o limitando legittimamente la pubblicità a tutto quello che possa far incorrere in questa malattia della volontà umana. Così come delle altre dipendenze: alcol e droghe in primis.
In quanto a chi fa confusione tra possibili capacità terapeutiche della cannabis e la sua innocuità, ricordiamo che le prime sono ancora da dimostrare su studi allargati e randomizzati e su patologie che non siano limitate a cure già fruibili con altri farmaci (se ce ne saranno, sarà nostro interesse farli conoscere; ad oggi pare esistano solo studi ancora da confermare con altri, sull'utilità nelle contrazioni da spasmi in certe patologie).
Riguardo l'innocuità, anche se la cannabis un domani trovasse qualche impiego clinicamente utile in via controllata, su ricetta medica e privata delle sostanze attive pericolose, questo non significherà che fumare uno spinello faccia bene: sarebbe come pensare che, siccome l'aspirina si ricava dalla corteccia del salice, per far passare la febbre basta prendere un salice, tagliarne la corteccia e farsi una tisana con quella pianta.


Su Avvenire, martedì 26 giugno 2018, Roberto Colombo spiega perché anche moralmente l'uso di droga è sbagliato.

Il recente parere espresso dal Consiglio superiore di sanità contrario alla vendita della cosiddetta "cannabis leggera" (tetraidrocannabinolo a basse concentrazioni: 0,2-0,6%) continua a far discutere. Sulla pericolosità per la salute fisica e psichica (il «fare male»), in particolare dei giovani e giovanissimi consumatori di cannabis, anche di questa forma di assunzione in posologia ridotta della droga sono già intervenuti sulle colonne di "Avvenire" i medici e ricercatori Silvio Garattini e Carlo Bellieni. Al di là del danno psico-fisico, resta però la domanda morale (l'«essere un male») cui non si può sottrarre un genitore, un educatore, un pastore, un responsabile della vita civile di un popolo e, non per ultima, la coscienza di un giovane o di un adulto che si trova di fronte alla tentazione o alla decisione di assumere una sostanza stupefacente per scopo non clinico. Sul piano antropologico ed educativo, la domanda sul bene e sul male non è certo una cenerentola rispetto a quella sanitaria sul fare bene e sul fare male. Anzi, essa assume una rilevanza profonda e determinante per la libertà del soggetto in ordine alle conseguenze personali di una azione su sé stesso, sugli altri e sulla comunità umana di appartenenza.
Nell'udienza ai partecipanti alla 31esima edizione dell'International Drug Enforcement Conference che si svolse a Roma nel giugno 2014, papa Francesco così si espresse: «Il flagello della droga continua a imperversare in forme e dimensioni impressionanti, alimentato da un mercato turpe, che scavalca confini nazionali e continentali. In tal modo continua a crescere il pericolo per i giovani e gli adolescenti. Di fronte a tale fenomeno, sento il bisogno di manifestare il mio dolore e la mia preoccupazione». E aggiunse: «Vorrei dire con molta chiarezza: la droga non si vince con la droga! La droga è un male, e con il male non ci possono essere cedimenti o compromessi. [...] Le legalizzazioni delle cosiddette "droghe leggere", anche parziali, oltre a essere quanto meno discutibili sul piano legislativo, non producono gli effetti che si erano prefisse». Concludendo, «intendo ribadire quanto già detto in altra occasione: no a ogni tipo di droga. Semplicemente. No a ogni tipo di droga». La ragione del deciso "no" di papa Bergoglio «a ogni tipo di droga» si radica nella negatività antropologica e morale che l'assunzione di stupefacenti rappresenta per la vocazione della persona all'amore autentico e alla vita come dono. San Giovanni Paolo II nel 1991 lo disse con altrettanta chiarezza: «Non si può parlare della "libertà di drogarsi" né del "diritto alla droga", perché l'essere umano (...) non ha il diritto di danneggiare sé stesso», ma soprattutto «non può né deve mai abdicare alla dignità personale che gli viene da Dio!». Le assunzioni di droghe – proseguiva – «non solo pregiudicano il benessere fisico e psichico, ma frustrano la persona proprio nella sua capacità di comunione e di dono. Tutto ciò è particolarmente grave nel caso dei giovani. La loro, infatti, è l'età che si apre alla vita, è l'età dei grandi ideali, è la stagione dell'amore sincero e oblativo».
Nel caso dell'assunzione di cannabis, come di ogni altra sostanza stupefacente, non è questione di milligrammi o di concentrazioni, di parti anziché della dose intera. È in gioco l'intero della persona, dell'adulto come del giovane e dell'adolescente, la sua libertà in crescita, il suo cammino individuale e comunitario, il compito che esercita o che l'attende nella società. La questione ultima è il bene contrapposto al male, non ciò che fa bene o fa male. Queste due sono questioni penultime, ma non per questo irrilevanti o marginali. Ma l'ordo amoris – integrale e non frammentabile – trascende e invera ultimamente la cura della propria salute e di quella altrui.

Fonte: Il Sussidiario, 22/06/2018

2 - LA CURA DEL DOLORE NEI BAMBINI NEONATI: UN'ATTENZIONE IMPORTANTE ANCHE DAL PUNTO DI VISTA ETICO
Bellieni e Bonocore pubblicano un manuale specifico
di Luca Scalise - Fonte: Notizie Provita, 21/03/2018

Com'è difficile per una mamma o un papà interpretare i dolori del loro bambino, quando è ancora neonato. Per quanto lo possano conoscere, capire perché soffre non è mai qualcosa di scontato, affatto. Lo stesso vale anche per i pediatri, in quanto si trovano a dover curare un paziente ancora incapace di esprimersi.
Di questo mondo, quasi sconosciuto, se ne sono occupati il professor Giuseppe Buonocore, direttore UOC Pediatria neonatale dell'Azienda ospedaliero-universitaria Senese e presidente del Collegio dei Professori Ordinari di Pediatria, insieme al dottor Carlo Valerio Bellieni, neonatologo della UOC Terapia intensiva neonatale e membro della European Society for Pediatric Research.
Infatti – come afferma un articolo di Radio Siena TV – i due ricercatori hanno da poco pubblicato un manuale che affronta l'interpretazione del dolore nel bambino, dal titolo "Neonatal pain: suffering, pain and risk of brain damage in the fetus and the newborn".
Il libro contiene una raccolta di saggi e pubblicazioni dei maggiori esponenti della ricerca sui vari aspetti del dolore infantile, quali il dolore postoperatorio o quello dovuto a tecniche invasive, con riferimenti all'uso di farmaci innovativi e terapie analgesiche.
L'importanza di una corretta interpretazione della sofferenza del bambino, dovuta alla necessità di fornirgli le cure più appropriate per il suo bene, è accresciuta dal fatto che un mancato o non idoneo intervento professionale possa causare danni anche a lungo termine.
Buonocore e Bellieni, prima della pubblicazione di questo volume, hanno già dato un importante contributo alla letteratura scientifica sulla rivista "Psychiatry and Clinical Neurosciences", dimostrando che l'aborto volontario è «un fattore di rischio psicologico per la donna».
Bellieni è inoltre intervenuto in un dibattito sulla cura dei bambini prematuri e in difesa della proposta di ridurre il limite massimo di tempo per abortire in Inghilterra.
La vera scienza tutela sempre la vita della donna e del bambino, così come di ogni altro essere umano. Fortunatamente c'è chi con il suo lavoro fornisce un servizio davvero professionale in difesa dei più deboli.

Fonte: Notizie Provita, 21/03/2018

3 - L'ARGENTINA DICE NO ALL'ABORTO
Il miracolo che non accadde in Italia il 22 maggio 1978 e in Irlanda il 25 maggio 2018, ma è già in corso il tentativo di aggirare l'ostacolo
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 16/08/2018

Dopo il no all'aborto, il presidente argentino Macri ha annunciato che l'uso di metodi contraccettivi sarà implementato. L'equivalenza è la seguente: più contraccettivi uguale meno aborti. Eppure gli studi scientifici dicono che la contraccezione può avere effetti abortivi e che se va male favorisce le gravidanza indesiderate incrementando gli aborti.
Il Senato argentino ha detto no ad un disegno di legge teso a legalizzare l'aborto. Nella stessa giornata il presidente argentino Mauricio Macri ha annunciato che l'uso di metodi contraccettivi ad effetto prolungato sarà implementato nell'ambito dei programmi attuali della sanità pubblica. L'equivalenza sposata da Macri è la seguente: più contraccettivi uguale meno aborti.
Il governo argentino per la cosiddetta salute riproduttiva – aborto e contraccezione – ha messo a bilancio per quest'anno in tutto circa 550 milioni di pesos. Lo Stato ha distribuito ogni anno a circa 1,26 milioni di donne ben 3,5 milioni di contraccettivi orali, 1,2 milioni di contraccettivi iniettabili, 170.000 contraccettivi sottocutanei, 300.000 pillole il giorno dopo, 95.000 tra spirali in rame e ormonali. Eppure dicono gli esperti che le gravidanze indesiderate non diminuiscono e ovviamente nemmeno gli aborti. Per quale motivo? Clarin Gabriela Kosoy, presidente dell'Associazione medica argentina di Contraccezione (AMADA) non nutre dubbi: «Ciò che difetta è la diffusione di tali metodiche. […] Non ho mai assistito ad una campagna di promozione contraccettiva». In particolare - annota un altro esperto il dott. Fernando Pinto, responsabile dell'Ufficio di Medicina della Riproduzione e Fertilità presso l'Ospedale di Durand - occorre spingere sulla contraccezione ad effetto prolungato come la spirale (IUD).
Ma in realtà studi scientifici ci dicono che la contraccezione, relativamente al fenomeno abortivo, non è la soluzione, ma il problema, perché, su larga scala, se va bene è inutile, se va male favorisce le gravidanze indesiderate oppure è lei stessa che può avere effetti abortivi. In merito all'efficacia dei mezzi contraccettivi per impedire il concepimento il Programma statale argentino di salute riproduttiva indica percentuali ingannevoli. Concentriamo la nostra attenzione su pillola, IUD e pillola del giorno dopo, perché sono le metodiche più usate insieme al preservativo (ma su quest'ultimo il governo argentino non vuole puntare molto perché non ha efficacia prolungata nel tempo). Il Programma di cui sopra indica come percentuali di successo il 99% per la pillola, il 98% per la spirale e il 75% per la pillola del giorno dopo.
Ma, eccezion fatta per la spirale, gli studi scientifici ci dicono altro: si va dallo 0,3% per la pillola estro-progestinica nell'uso perfetto all'8,7% nell'uso tipico; dal 2% al 17,4% per il preservativo; dallo 0,6% all'1% per la spirale al rame (cfr. R. Puccetti, I veleni della contraccezione, ESD, Bologna 2013, p. 355. In merito alla pillola cfr. World Health Organization, Medical Eligibility Criteria for Contraceptive use, Ginevra 2010; J. Trussell – B. Vaughan – J. Stanford, Are all contraceptive failures unintended pregnancies? Evidence from the 1995 National Survey of Family Growth, in Family Planning Perspectives, 1999, 31 [5], pp. 246-247, 260; R. Puccetti, voce Contraccezione, in G. Barra – M.A. Iannaccone – M. Respinti [a cura di], Dizionario elementare di apologetica, Istituto di Apologetica, Milano, 2015, p. 108). Ciò che fa la differenza è la distinzione tra uso perfetto e uso tipico. Quest'ultimo è l'uso non ideale bensì ordinario, dove ad esempio la donna salta qualche giorno di assunzione, dove, riferendoci ai profilattici, il preservativo non è conservato a temperatura ottimale o viene ulcerato dalle unghie, etc. Il Programma statale argentino ha riportato le percentuali solo dell'uso ideale, non quello vero perché realistico.
Passiamo all'efficacia della pillola del giorno dopo, preparato che, così viene pubblicizzato, può essere assunto fino a 72 ore dopo il rapporto sessuale a rischio. In prima battuta occorre ricordare che se una coppia ha un rapporto sessuale e la donna assume la pillola dopo 72 ore, può accadere che il concepimento sia già avvenuto. Ma mettiamo il caso che non sia così. Le percentuali di efficacia offerte dagli studi sono delle più diverse perché le variabili che incidono sull'efficacia sono molteplici. L'equipe di ricercatori guidati dal dott. Dharani Hapangama indica ad esempio un 45% di efficacia (cfr. D. Hapangama – A.F. Glasier – D.T. Baird, The effects of peri-ovulatory administration of levonorgestrel on the menstrual cycle, in Contraception, [Mar. 2001], 63 [3], pp. 123-129), ben lontano dal 75% indicato dal Programma di salute riproduttivo argentino.
Detto tutto ciò è intuibile che laddove il contraccettivo fallisca e ci fosse il concepimento e dunque la gravidanza, spesso questa gravidanza esita in un aborto, inteso come contraccettivo di emergenza. Il 24% delle 60.952 donne (circa 15.000 donne) che si sono rivolte per abortire nel 2016 al British Pregnancy Advisory Service, ente che riunisce circa 40 cliniche inglesi e che fornisce informazioni sulla "salute sessuale" e assistenza alle donne che decidono di abortire, usavano contraccettivi ormonali (ad esempio la pillola) o la spirale, ritenuti i più efficaci contraccettivi. Il 51% di queste donne usavano comunque un qualsiasi altro contraccettivo. (cfr. Editorial, Women cannot control fertility through contraception alone, says British Pregnancy Advisory Service, in The Farmaceyutical Journal,11 Jul. 2017. Conclusioni simili in Rédaction, Etats Unis: la contraception favorise l'avortement, in Trans vie-mag, 1996 Nov. 30, 99, 3; V. Rasch, Contraceptive failure-results from a study conducted among women with accepted and unaccepted pregnancies in Denmark, in Contraception, 2002 Aug., 66 [2], pp. 109-116).
Inoltre alcune metodiche presentate come contraccettive possono avere anche effetti abortivi. In merito alla pillola estroprogestinica (la cosiddetta pillola Pincus), questo preparato agisce sia inibendo l'ovulazione sia esplicando anche possibili effetti relativi alla modificazione della mucosa endometriale, ostacolando in tal modo l'annidamento dell'embrione qualora il concepimento, nonostante l'assunzione della pillola, sia avvenuto. «Il numero di aborti durante l'assunzione di una pillola estroprogestinica è pari a 1.5 ogni 200 cicli. In altre parole una donna che utilizza la pillola estroprogestinica per un periodo complessivo di 15 anni, deve aspettarsi di distruggere almeno 1.5 embrioni, ovvero un embrione ogni 10 anni d'uso» (M.L. Di Pietro – R. Minacori, Sull'abortività della pillola estroprogestinica e di altri "contraccettivi", Medicina e Morale 1996; 5, p. 879. Cfr. B. Bayle, L'activitè antinidatorie des contraceptifs oraux, in Contracept. Fertil. Steril., 6 [1994], 22, pp. 391-395). Altro dato: «su circa 100 donne che assumono la pillola per un anno si possono avere 2,43 cripto-aborti» (R. Puccetti – G. Carbone – V. Baldini, Pillole che uccidono, ESD, Bologna 2012,p. 39). Un altro studio fornisce un dato che amplia, rispetto alla risultanze indicate da Puccetti e Baldini, il numero di possibili aborti: dai 3 ai 10 aborti su 100 donne in un anno di assunzione della pillola (cfr. B. Bayle, Antinidatory activity of oral contraceptives, in Contraception, fertilité, sexualité, [Jun. 1994], 22 [6], pp. 391-395).
Passiamo alla spirale (IUD). Anch'essa associa effetti contraccettivi a quelli abortivi: «Le analisi delle evidenze suggeriscono con forza che l'efficacia contraccettiva delle spirali è raggiunta sia attraverso un'azione pre-fertilizzativa spermicida, sia un'inibizione post-fecondativa dell'impianto uterino» (J.A. Spinnato, Mechanism of action of intrauterine contraceptive devices and its relation to informed consent, in American Journal of Obstetrics and Gynecology, 176 [March 1997], 3, p. 503. Cfr M. E. Ortiz – H.B. Croxatto – C. W. Bardin, Mechanisms of Action of Intrauterine Devices, in Obstetrical and Gynecological Survey, 1996 [51], 12, Supplement, p. S47; J.B. Stanford – R.T. Mikolajczyk, Mechanisms of action of intrauterine devices: update and estimation of postfertilization effects, in American Journal of Obstetrics & Gynecology, 2002, 187 [6], pp. 1699-708; Eshre Capri Workshop Group, Intrauterine devices and intrauterine systems, in Human Reproduction Update, 2008, 14 [3], pp. 197-208).
Arriviamo alla pillola del giorno dopo. Pare che non si possa escludere che tale preparato associ effetti contraccettivi, assai limitati più ci si avvicina al giorno dell'ovulazione, ad un effetto abortivo perché modifica la parete dell'endometrio rendendola inospitale per l'embrione e quindi decretandone la morte (cfr. B.M. Landgren – E. Johannisson – A.R. Aedo – A. Kumar – Y.E Shi, The effect of levonorgestrel administered in large doses at different stages of the cycle on ovarian function and endometrial morphology, in Contraception, 1989 Mar., 39 [3], pp. 275-289; G. Ugocsai – M. Rózsa – P. Ugocsai, Scanning electron microscopic (SEM) changes of the endometrium in women taking high doses of levonorgestrel as emergency postcoital contraception, in Contraception, 2002 Dec., 66 [6], pp. 433-437; M. Durand – M. Seppala - C. Cravioto Mdel – H. Koistinen- R. Koistinen – J. González-Macedo – F. Larrea, Late follicular phase administration of levonorgestrel as an emergency contraceptive changes the secretory pattern of glycodelin in serum and endometrium during the luteal phase of the menstrual cycle, in Contraception, 2005 Jun., 71 [6], pp. 451-457; C. Kahlenborn – J.B. Stanford – W.L. Larimore, Postfertilization effect of hormonal emergency contraception, in Annals of Pharmacotherapy, 2002 Mar., 36 [3], pp. 465-470; The effects of peri-ovulatory administration of levonorgestrel on the menstrual cycle, cit.; R. Puccetti, Valori e giovani: la "prospettiva medica", in M. Palmaro – T. Scandroglio [a cura di], Figli di un'etica minore, Editori Riuniti – University Press, Roma 2014, pp. 108-113). Le stime in merito agli aborti provocati dalla pillola del giorno dopo sono sempre un grosso azzardo, ma proviamo a cimentarci in questo azzardo. Dato che nel 2017 in Italia si sono vendute più di 300mila confezioni di Norlevo all'anno, il numero di criptoaborti annui potrebbe aggirarsi, assai grosso modo, intorno ai 60mila (il dato è ricavabile in senso prospettico dalla stima presente in A.F. Filardo, Dalla Pincus alla mini-pillola estroprogestinica. Le pillole dell'aborto chimico. La sterilizzazione, in AA.VV., Contraccezione e aborto, Gribaudi, Milano, 2004, p. 56).
La contraccezione poi su larga scala può favorire l'aborto. Infatti la percezione (falsa) di non rimanere incinta o di non ingravidare una donna fa sì che le persone aumentino i rapporti sessuali e quindi, parallelamente, il minimo rischio del singolo rapporto venga moltiplicato per 10, 50, 100 rapporti. Si chiama risk compensation e ne avevamo parlato già qualche giorno or sono. Rimandiamo a quell'articolo per tutti i dettagli di ordine scientifico. Aggiungiamo solo un paio di considerazioni. La prima riguarda la pillola del giorno dopo che non ha dato prova di far diminuire il numero di aborti nella popolazione generale (cfr. E.G. Raymond – J. Trussell – C.B. Polis, Population effect of increased access to emergency contraceptive pills: a systematic review, in Obstetrical & Gynecological Survey, [Jan. 2007], 109 [1], pp. 181-188; C.B. Polis – K. Schaffer – K. Blanchard – A. Glasier – C.C. Harper – D.A. Grimes, Advance provision of emergency contraception for pregnancy prevention, in Cochrane Database of Systematic Review, [Apr. 2007], 2, CD005497), anzi uno studio ha evidenziato che la diffusione di questo preparato chimico ha favorito l'incremento di gravidanze indesiderate tra le adolescenti inglesi (cfr. S. Girma – D. Paton, The impact of emergency birth control on teen pregnancy and STIs, in Journal of Health Economics, [Mar. 2011], 30 [2], pp. 373-380).
Infine la contraccezione favorisce gli aborti anche perché fomenta una mentalità anti-life in chi ne fa uso (cfr. W. Pòltawska, Rivoluzione sessuale e mentalità contraccettiva, in AA.VV., Contraccezione e aborto, cit., pp. 138-140). Infatti chi usa la contraccezione è più favorevole all'aborto. Uno studio che ha interessato 3.516 donne danesi informa che il tasso di utilizzo di metodi contraccettivi tra le donne che accetterebbero una gravidanza inaspettata è del 15% e sale al 51% tra le donne che di fronte a una gravidanza non voluta ricorrerebbero all'aborto (cfr. V. Rasch – L.B. Knudsen – H. Wielandt, Pregnancy planning and acceptance among Danish pregnant women, in Acta Obstetricia et Gynecologica Scandinavica, 2001 Nov. 80 [11], pp. 1030-1035).

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 16/08/2018

4 - I GIORNALI FANNO TERRORISMO SUI BATTERI IN CORSIA, MA NON DICONO TUTTA LA VERITA'
Si spacciano per emergenze quelle che non esistono e non si parla dei rischi di una medicina troppo spregiudicata
di Benedetta Frigerio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15/08/2018

Perché nessuno ha parlato del grado di prematurità del piccolo morto dopo aver contratto il Serratia Marcescens? Perché gli altri neonati della terapia intensiva degli Spedali Civili di Brescia sono vivii? Perché l'ospedale non ha rivelato tutta la verità? Forse perché Paolo era nato tramite fecondazione assistita in un mondo che preferisce diffondere il panico piuttosto che parlare delle conseguenze della provetta.
Mancavano troppi elementi della vicenda del piccolo Paolo, nato e morto il 6 agosto scorso presso il reparto di terapia neonatale degli Spedali Civili di Brescia, per non far sorgere dei sospetti sul fatto che si stesse cercando di omettere qualcosa. Ad esempio, di quanto era prematuro il piccolo? In che modo era venuto al mondo? Ma soprattutto perché è morto dopo aver contratto il batterio Serratia Marcescens, mentre gli altri nove bambini della terapia intensiva, colpiti dallo stesso focolaio epidemico, sono sopravvissuti?
La prematurità del neonato e il fatto che fosse nato insieme al suo gemello faceva sospettare a un procedimento di fecondazione artificiale. In effetti, anche se la grande stampa e i media nazionali lo hanno taciuto, i suoi genitori, un impiegato commerciale di una grossa società di metalmeccanica di Brescia e un'insegnate di una scuola cattolica, avevano deciso di tentare di concepire un figlio in provetta. L'unico a darne notizia è stato Il Corriere di Brescia che ha intervistato l'avvocato della famiglia, Chantal Frigerio, la quale ha aggiunto che la coppia vuole «sapere perché è accaduto e se ci sono delle responsabilità». Ma quando nello stesso articolo si legge che Paolo aveva appena 22 settimane di vita è davvero difficile comprendere la richiesta della famiglia. Infatti, c'è ben poco da chiedersi il perché della morte di un bimbo nato a un'età gestazione le cui probabilità di sopravvivenza sono circa dell'8 percento, tanto che basta un semplice raffreddore per uccidere un neonato in condizioni così precarie. Forse più che chiedersi perché Paolo sia morto ci sarebbe da ringraziare che i gemelli siano nati vivi e che uno dei due lo sia ancora.
Le domande da porsi sono infatti altre: come mai anche il primario dell'ospedale ha taciuto tutta la verità, limitandosi a dire che il piccolo era «nato in condizioni da subito critiche»? Perché non difendersi e soprattutto non raccontare nei dettagli la vicenda per evitare il panico generale facendo pensare che un batterio come quello in questione, abbastanza diffuso, sia un "batterio killer" come titolavano alcune testate? Che all'ospedale convenga di più tacere per non mettere in cattiva luce una realtà redditizia come quella della fecondazione assistita?
Parrebbe di sì, visto che in questo campo l'omertà è normale. Chi spiega infatti che i bambini nati in laboratorio sono più a rischio di prematurità, di morte post partum e di malattie future come cancri e neopalsie, dato il processo che priva l'embrione del suo ambiente e che salta la selezione naturale? Praticamente nessuno. Eppure tutto il mondo scientifico è ormai concorde. Nel 2017 l'American Journal of Obstetric & Gynecology ha pubblicato uno studio che ha seguito fino ai 18 anni neonati nati naturalmente e tramite fecondazione artificiale, i cui risultati hanno rivelato che «i bambini concepiti in seguito a trattamenti per la fertilità sono a maggior rischio di tumori infantili» (su 242.187 casi l'incidenza di neoplasie era più del doppio nei nati in provetta). L'anno precedente la Pediatric Blood & Cancer rilevava nei nati da fecondazione assistita «un maggior rischio statisticamente significativo» per retinoblastoma e tumori del rene. Su Pediatrics del 2016 si osservava anche «un aumentato rischio di leucemia» e «un elevato rischio di linfoma di Hodgkin nei concepiti con fecondazione assistita».
Il British Medical Journal nel 2014 pubblicò invece i risultati dell'Evidence Based IVF Group sul fatto che chi nasce tramite fecondazione in vitro ha il 50 per cento di rischio maggiore di nascita prematura con ben il 70 per cento in più di nascita gravemente precoce. A ciò seguono i problemi di peso (inferiore a 1,5 chili nel 10 per cento nelle gravidanze bigemellari (25 nelle gravidanze di tre gemelli e oltre il 50 in quelle di quattro o più). A ciò si associa una mortalità perinatale di 4-5 volte superiore nelle gravidanze gemellari (9 volte superiore se i gemelli sono tre). Maggiore è anche la probabilità di morte dopo il parto, 3 volte superiore nei gemelli, e persino quella infantile: 5 volte più elevata. Cresce anche il rischio di paralisi cerebrale: 7 per cento per i gemelli e 28 per tre gemelli. Sono poi diffusi i problemi di ritardo nel linguaggio e nell'apprendimento.
Sempre nel 2014 la rivista Human Reproduction spiegava che durata della gravidanza e peso del bambino dipendono dal tempo trascorso nel terreno di coltura in vitro, ma purtroppo «non si conosce quale sia il metodo di coltura più efficace per la miglior riuscita della Fiv». Ci sono poi studi sulle malattie degenerative che colpiscono con più frequenza i nati in provetta, mentre i centri riabilitativi per bambini segnalano che la maggioranza degli handicappati sono nati in provetta. Già nel 2002 Strömberg rivelò che in Svezia gli handicap neurologici, sensoriali o mentali, i disturbi comportamentali, le malformazioni, i ritardi dei bambini in carico ai centri riabilitativi del servizio sanitario nazionale erano presenti in percentuale maggiore nei nati tramite fecondazione artificiale (escludendo i gemelli). La rivista scientifica Fertility and sterility ha confermato che i nati in provetta hanno il 37 per cento di possibilità in più di avere anomalie, come dimostrano i risultati della Nanjing Medical University. L'American Heart Association ha parlato poi dei problemi vascolari causati dalla fecondazione. Mentre già nel 2010 Pediatrics parlava di un più alto rischio di sviluppare tumori per i bambini nati da fecondazione. Persino il promotori della provetta ammettono questi rischi e le malformazione fetali più frequenti per i concepiti con Pma, ma chiaramente ovviano così: «Per tali motivazioni si consiglia di effettuare un'amniocentesi od una biopsia dei villi coriali a scopo diagnostico», il cui fine principale, si sa, è l'aborto.
È impossibile elencare tutti gli studi che convergono su questo tema, ma la lunghezza della lista taciuta dai media fa capire perché sul caso di Brescia si è preferito omettere e così alimentare gli allarmismi piuttosto che dire tutta la verità.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15/08/2018

5 - MA QUALE SOVRAPPOPOLAZIONE!
Anni di bugie su tutti i media...il nostro mondo basta per tutti, e il Signore ce l'ha donato per popolarlo di figli
di Vincenzo Gubitosi - Fonte: LifeNews, 07/08/2018

Uno studio americano ci offre l'opportunità di riflettere (ancora) sui numeri dell'aborto e sulle connessioni con il tanto sbandierato spauracchio della sovrappopolazione.
In nessun Paese che lo ha legalizzato, a quanto ci risulta, l'aborto rientra nel conteggio dei decessi a fini statistici. Del resto sarebbe un clamoroso passo falso: se l'aborto contasse ufficialmente come causa di morte, lo Stato ammetterebbe implicitamente di essere responsabile di un'ecatombe di cittadini non nati. Un team di ricercatori dell'Università del North Carolina (James Studnicki, Sharon J. MacKinnon e John W. Fisher) ha condotto un esperimento, pubblicato in uno studio del giugno 2016 sull'Open Journal of Preventive Medicine, per "correggere" le statistiche inserendo i dati relativi agli aborti.
Dall'esperimento risulta che l'aborto provocato è di gran lunga la principale causa di morte negli Stati Uniti (dati del 2009): siamo a 1,152 milione di morti. Ben oltre le malattie cardiache (599.413 decessi) e il cancro (567.628 decessi); in percentuale parliamo del 32,1% di tutti i decessi di quell'anno. Sono stati calcolati anche "gli anni di potenziale vita persa", ipotizzando una vita media di 75 anni: 68,4 milioni di anni di vita umana che non è stata vissuta. Si tratta del 77,1 per cento di tutti gli anni persi nel 2009. Per farci un'idea, il cancro ha un costo di 4,4 milioni di anni, che è solo il 4,9% del totale. «Quando ero un feto», scrive il filosofo Alexander Pruss citato da LifeNews, «avevo più da perdere con la morte di quanto non abbia adesso. Perciò uccidermi allora sarebbe stato, strettamente parlando, un danno maggiore».
Numeri così grandi potrebbero indurre facilmente a cadere nel tranello teso dal mito neomalthusiano della sovrappopolazione: quando si pensa che ogni anno, in tutto il mondo, sono abortiti circa 50 milioni di esseri umani, si è anche portati a pensare che se nascessero tutti ci troveremmo presto in una colossale emergenza demografica… Tanto per sfatare questo luogo comune, ricordiamo qui il brillante calcolo del biologo americano Francis P. Felice:
«Una popolazione di 6 miliardi di persone potrebbe vivere in una gigantesca megalopoli grande come lo Stato del Texas. Ogni nucleo familiare composto da tre persone di media, avrebbe a disposizione un villino di 102 mq e 222 mq di giardino. Un terzo dello spazio di questa gigantesca città sarebbe destinato a parco ed un terzo alle attività produttive. La densità di popolazione di questa ipotetica gigantesca metropoli sarebbe di circa 8.104 persone per kmq. Per avere un termine di paragone basta pensare che […] Brooklyn [ha] più di 11.583 persone per kmq» (tratto da Emergenza demografia: troppi? Pochi? O mal distribuiti?, a cura di Jader Jacobelli). In percentuale la popolazione mondiale occupa meno del 3% delle terre emerse. E la matematica non è un'opinione.

Fonte: LifeNews, 07/08/2018

6 - LA STORIA CHE INSEGNA LA SCUOLA E' FALSA
Nel Medioevo fiorì il pensiero, grazie al metodo o dialettico che non contrastava il dissenso ma insegnava a discutere
di Giorgio Masiero - Fonte: Critica scientifica, 26/01/2017

In nome del politically correct i bambini d'una scuola elementare di Brescia si sono rifiutati (o sono stati istruiti a rifiutarsi) di cantare una tradizionale canzone natalizia, "per non urtare la sensibilità" dei bambini di altre confessioni. Poco importa che nessuno dei potenziali offesi, o dei loro genitori, avesse manifestato delle riserve: per metodo, la correttezza politica si fa anticipatamente carico di autocensura nel modo di parlare, così da evitare ogni conflitto, anche improbabile e soltanto di opinione. La correttezza politica distingue o all'opposto confonde i concetti, complica o al contrario semplifica la grammatica secondo i suoi moti dettati dalla logica dell'omologazione, che è divenuta una necessità del potere politico: così esso supplisce alla sua impotenza a superare la disparità reale abissale tra le classi sociali con il surrogato di una parità formale. Il lessico istituzionale si arricchisce del neologismo di sindaca negli atti del comune, mentre vi s'impoverisce all'ufficio anagrafe con il generico vocabolo di genitore, che va a sostituire i più specifici padre e madre; o la persona con handicap è chiamata diversamente abile in un luogo, mentre in un altro una commissione di esperti ne stabilisce metricamente l'indice d'inabilità con un numero da 1 a 100. Avrà dallo stato un'assistenza misera, ma almeno nessuno potrà chiamarlo handicappato. La correttezza politica è fasulla, ma procede irrefrenabile nel suo programma di finta parificazione universale.
Poiché a partire dal 1945 gli USA anticipano le mode che poi dilagano anche da noi, un'occhiata a ciò che succede oggi al di là dell'Atlantico ci permette di predire scientificamente ciò che succederà domani di qua. Là ora tocca alle statue di loro eroi, come il generale Robert E. Lee (nato nel 1807), di essere abbattute, perché gli effigiati si sarebbero macchiati di sessismo, razzismo o altre nefandezze, così giudicate secondo i canoni relativisti del nuovo assolutismo. Tocca ai grandi capolavori della letteratura e della filosofia nei testi adottati a scuola, dall'Huckleberry Finn di Twain a Cuore di Tenebra di Conrad fino… alla Critica della Ragion Pura di Kant di essere compulsivamente sovrascritti di note – nelle prefazioni, a fondo pagina, a fine capitolo e finanche in copertina – dove "le lettrici ed i lettori" sono messi (pardon, messe-i) in guardia da contenuti omofobi, classisti, ecc., ecc. College ed università costruiscono "spazi sicuri" dove gli studenti più sensibili possano ritirarsi dopo lo shock derivante dalla conoscenza dei costumi barbari e dei pregiudizi ignobili degli antenati: in questi rifugi, i nervi delicati dei giovani americani si rilassano giocando con pupazzi di gomma, o disegnando su lavagnette elettroniche, o guardando video di amorevoli cuccioli. La sola prospettiva di partecipare ad un duro confronto sull'orario di lezione o sulla meta dell'annuale gita scolastica spedisce molti studenti alle suddette varianti di day hospital.
Paradossalmente, al timore esasperato di alcuni studenti di ferire le opinioni altrui, si scatena in altri (o nei medesimi in altri contesti) l'inclinazione a ferire i corpi altrui: di qui la violenza fisica, che esplode in risse, stupri e sparatorie nei campus. Che sia perché il dissenso non ha altri sbocchi, quando non è risolto nelle forme della democrazia e viene artificiosamente soffocato dall'autocensura?
Eppure nella storia dell'Occidente ci fu un'epoca in cui la gente sapeva come dibattere nelle scuole pubbliche tutte le questioni, senza tabu. Sarà una sorpresa per qualcuno, ma quest'epoca sta nel Medioevo e guarda caso è il tempo in cui nacque in Europa il sistema universitario (XIII secolo). Universitas vuol dire che qui si discute di tutto. Nell'università medievale l'insegnamento non era fondato sulla Lectio (= lettura) dalla cattedra – che è il metodo in cui uno parla e gli altri ascoltano, transitato dalla Prussia militaresca alle altre scuole europee molto più tardi, nel XIX secolo –, ma sulla Quaestio disputata(= la questione contesa), che consisteva in uno scambio intellettuale, pubblico, vivace, a volte anche rancoroso, su una questione qualsiasi tra gli "scolari", moderato dal "baccelliere". Questi era l'assistente del "maestro", il quale sceglieva la questione e il giorno dopo la discussione ne sintetizzava i termini esponendo la sua tesi. Rispetto ad oggi, il rapporto fra docenti e discenti era più sfumato, non solo perché la disputa prevedeva la partecipazione degli studenti, ma anche perché i maestri d'una disciplina ("arte") erano spesso, contemporaneamente, studenti in un'altra.
Nessuna posizione, per quanto eretica rispetto alle credenze dominanti, era esclusa dalla disputa. Per esempio, nel quinquennio (1263-'68) del rettorato di Étienne Tempier, all'università di Parigi ci si trovò a dibattere sulle seguenti questioni:
se la religione cristiana ostacoli l'istruzione ("quod lex christiana impedit addiscere");
se ci siano favole ed errori nella religione cristiana come nelle altre religioni ("quod fabulae et falsa sunt in lege christiana sicut in aliis");
•    se a studiare teologia non s'impari niente ("quod nihil plus scitur propter scire theologiam");
•    se i discorsi dei teologi siano fondati su favole ("quod sermones theologi fundati sunt in fabulis");
•    se qualcosa possa accadere a caso rispetto a Dio ("quod aliqua possunt casualiter evenire respectu causae primae");
•    ecc…
Come si vede, nulla di nuovo sarebbe stato inventato contro il cristianesimo nei secoli moderni, che non fosse già stato discusso nel Medioevo nelle cattolicissime università di Parigi, Oxford, Salamanca o Padova! Ci si può invece chiedere quale università in Occidente oserebbe oggi dibattere pubblicamente questioni simili a quelle di Tempier, con riguardo all'islam piuttosto che al cristianesimo o alle ideologie di moda piuttosto che alla teologia! La medievale "universa universis libertas" (libertà su tutto per tutti, il motto dell'università di Padova dal 1222) liberò la fantasia anche sulle questioni più eteree, del tipo: se il mondo sia finito o infinito, se sia sempre esistito o no, se esistano o no infiniti universi, abitati o no, ecc. Io non conosco congettura scientifica che non sia stata dibattuta nelle università medievali e talvolta mi chiedo se l'abito all'autocensura non sia una delle cause dell'attuale crisi della scienza, così a corto di nuove idee…
Per capire ed apprezzare il metodo medievale, bisogna leggere i testi degli autori di quel tempo (gli Scolastici) direttamente. Rispetto alla spettacolarità cui ci hanno assuefatto i talk show in televisione e le tecnologie mediatiche, di primo acchito gli Scolastici possono spaventare per la loro severa scarnezza; però subentra gradualmente in chi li legge un'educazione al ragionamento mista ad ammirazione verso una forma di confronto duro, ma disciplinato.
A questo punto, non posso esemplificare senza ricorrere al capolavoro della Scolastica, la Summa theologiae di S. Tommaso d'Aquino (1225-1274), del quale i cristiani festeggiano domani la ricorrenza liturgica. La Summa tratta un migliaio di grandi questioni contese, che spaziano dalla teologia all'etica, dall'estetica alla gnoseologia alla filosofia naturale. Per esempio, la questione 2 della Parte I tratta l'esistenza di Dio, la questione 6 la verità, la 58 della Parte II la giustizia, ecc. Ogni questione viene analizzata in diversi "articoli", che corrispondono ad altrettanti problemi che la riguardano. Così la quaestio dell'esistenza di Dio è suddivisa in 3 articoli – se l'esistenza di Dio sia evidente, se l'esistenza di Dio sia dimostrabile, se Dio esista o no –, la quaestio della verità è divisa in 8 articoli, quella della giustizia in 12. Per ogni articolo di ogni questione si ripete la medesima struttura logica in 5 fasi, rappresentata nella figura sottostante. Osservala, Lettore, attentamente, in particolare nella colonna di destra.



La struttura in 5 fasi di ogni articolo di ogni questione nella Summa di Tommaso d'Aquino
Con tale metodo, il filosofo scolastico dimostra di prendere in seria considerazione ogni obiezione, s'impegna a chiarire bene gli argomenti a sostegno della sua tesi e ribatte alle obiezioni. C'è un'opera moderna che, pur riguardante tutt'altra scienza codificata in tutt'altro linguaggio, mi ricorda per taluni aspetti la struttura della Summa. Sono i Fondamenti della Geometria (1899) di David Hilbert: in questo capolavoro della matematica moderna Hilbert ricostruisce la geometria con un metodo assiomatico-deduttivo rigoroso, cercando di evitare (come Tommaso) le assunzioni implicite, le ambiguità di significato e le lacune di rigore logico degli autori precedenti, nel suo caso gli errori degli Elementi di Euclide. Ancora come Tommaso, Hilbert divide il suo campo di studio in grandi questioni, che svolge in altrettanti capitoli del libro e suddivide in problemi particolari, cui fa corrispondere i paragrafi del capitolo. I problemi sono infine risolti attraverso un sistema strutturato di spiegazioni, assiomi, definizioni e teoremi.
In [Ia q. 2 a. 3], cioè nell'articolo 3 della questione 2 della Parte I di cui ho riportato una frazione del testo originale nella colonna di sinistra della figura,Tommaso si chiede, semplicemente, se Dio esista. Se si poteva pubblicamente porre nel XIII secolo tale domanda, accompagnandola con due argomenti vigorosamente contrari, significa che nelle università europee non c'erano allora autocensure a dibattere di checchessia. Non basta: prendiamo il primo dei due argomenti ateistici scelti da Tommaso, quello che oggi chiameremmo dell'esistenza del male: "Se di due contrari uno è infinito, l'altro è azzerato. Ora col nome 'Dio' s'intende affermato un bene infinito. Se dunque Dio esistesse non dovrebbe esserci il male. Viceversa nel mondo c'è il male. Quindi Dio non esiste". Questo argomento, insieme all'altro che qui non riporto per ragioni di spazio (oggi lo chiameremmo l'argomento scientista), è il miglior distillato di un teorico ateismo medievale e forma un insieme argomentativo così asciutto e accattivante che non sarà mai più superato, al punto che sarà ripreso parola per parola dai filosofi illuministi 5 secoli dopo per sostenere le loro tesi irreligiose…, e ancora dagli ateisti di oggi senza alcun apporto originale. Nel prosieguo dell'articolo, Tommaso, si capisce, espone la sua tesi teistica, la motiva (con le famose "5 vie") e chiude con la confutazione dei due argomenti ateistici secondo lo schema che abbiamo sopra esplicitato: ma non è il merito che qui m'interessa, quanto piuttosto rilevare che i dibattiti odierni sarebbero facilitati in ogni sede – politica, scientifica, economica, aziendale,… – se i contendenti avessero la capacità (ed il rispetto) degli Scolastici nel presentare le tesi dell'avversario in maniera altrettanto chiara e vigorosa.
Per ogni problema esaminato Tommaso presenta la sua soluzione corredandola di ragioni. Anche in ciò il metodo medievale ha forse qualcosa da insegnare alla didattica moderna, rispetto alla tendenza al rinvio sine die che caratterizza oggi tanta parte dell'amministrazione pubblica e privata. Nelle scuole di business management, si adottano testi che insegnano la tecnica del rinvio… per l'istruzione di quei dirigenti che, stretti tra gli stakeholder e i lavoratori, cercano disperatamente di non offendere nessuna delle parti e trovano rifugio proprio nell'indecisione permanente. Per Tommaso invece, una mente aperta è come una bocca aperta, per dirla con Chesterton, progettata per chiudersi su qualcosa di concreto e nutriente, mai su niente. In chiusura della discussione infine, Tommaso ritorna alle obiezioni iniziali confutandole, o spesso mostrando che certe posizioni sono contrastanti solo in apparenza e si possono conciliare quando i termini del contendere siano propriamente intesi. L'arte dialettica di Tommaso sta nel cercare elementi di verità anche nelle posizioni avversarie, da utilizzare per correggere ciò che gli pare sbagliato. Nel processo dialettico fatto di obiezioni e contro-obiezioni, in particolare nella fase 3, il dottore angelico fa ricorso alle fonti più disparate: alle Scritture e ai Padri della Chiesa in primo luogo, ma anche ai filosofi pagani come Aristotele, Platone, Cicerone, ai maestri ebrei come Maimonide e arabi come Avicenna e Averroè, che sono sempre trattati con grande riverenza. Anche quando si trova in disaccordo con loro su importanti questioni, ciò non gli impedisce di dialogarci, di ascoltarli e di prendere seriamente i loro argomenti.
Il metodo della Scolastica può essere uno spazio sicuro di educazione ed apprendimento anche nelle scuole dei nostri tempi, ma è adatto solo a persone (docenti e discenti) che credono nella ragione e cercano sinceramente la verità, non a ragazzini paurosi né a gente allevata dalla correttezza politica a non pensare.

Fonte: Critica scientifica, 26/01/2017

7 - PRATICAVO ABORTI, OGGI DIFENDO LA VITA
Nel 40° anniversario della legge 194 leggiamo la testimonianza del dott. Oriente
di Federico Cenci - Fonte: In Terris, 22/05/2018
Fonte: In Terris, 22/05/2018

8 - I VESCOVI IRLANDESI: ''NESSUN ABORTO NEGLI OSPEDALI CATTOLICI''
Un referendum ha abrogato la protezione che la Costituzione dava al nascituro e così il governo, guidato da un gay, impone l'aborto anche negli ospedali cattolici (togliendo i fondi pubblici a chi non si adegua)
di Ermes Dovico - Fonte: Il Timone, 03/08/2018
Fonte: Il Timone, 03/08/2018

9 - PASTEUR: GRANDE SCIENZIATO, SINCERO CREDENTE
E' il fondatore della microbiologia, ha introdotto la pastorizzazione del latte, ha permesso lo sviluppo dei vaccini, ha dimostrato con esperimenti l'impossibilità che la vita nasca dalla non vita (abiogenesi)
di Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona, 09/07/2018
Fonte: Libertà e Persona, 09/07/2018

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