Amici del Timone n�76 del 01 maggio 2018

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1 ALFIE EVANS E LA DISTRUZIONE DELL'UMANO
È stata fatta a pezzi la logica, la medicina e il diritto
di Giuliana Ruggieri - Fonte: Tempi
2 SIGNORE SOLO TU HAI PAROLE DI VITA ETERNA....SOLO TU
...e i pastori che non ne hanno non sono buoni pastori
di Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 LA PASQUA DI ALFIE
La vicenda di Alfie come la Passione di Gesù
di Sandro Magister - Fonte: Settimo Cielo Blog
4 SOLO DIO SA COSA SARA' DI UNA VITA
Mio figlio come Alfie: dissero che doveva morire, invece...
di Benedetta Frigerio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 A ROMA AL BAMBIN GESU' DISPOSTI A CURARE ALFIE....
E curare non significa far guarire, ma i medici inglesi ormai non se lo ricordano più
di Roberta Spola - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 LO STATO HA PAURA DI LASCIAR VIVERE I DEBOLI
Perchè è attraverso di loro che si manifesta la Gloria di Dio
di Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 IL MANIFESTO PROLIFE CHE HA MESSO A NUDO L'IDEOLOGIA RADICALE DI PD E CINQUESTELLE
Così come accadeva nei regimi comunisti, certe verità (oggi ad es. la foto di un embrione) gettano nel panico il sistema attuale... si avvicina anche per esso il tracollo?
di Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi
8 OK DELL'AIFA (AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO) ALLA PILLOLA PER CAMBIARE SESSO
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): a Ballando con le stelle niente voto alla coppia uomo-uomo, Ciudadanos chiede al governo di promuovere il lesbismo, abusata dal padre gay e dalla madre lesbica
di Roberto de Mattei - Fonte: Osservatorio Gender
9 IN BELGIO DIMISSIONI CHOC NELLA COMMISSIONE PER L'EUTANASIA
Un neurobiologo ha denunciato la sistematica violazione della legge sul consenso all'eutanasia in Belgio (VIDEO: 15 anni di sperimentazione in Belgio)
Fonte: Corrispondenza Romana

1 - ALFIE EVANS E LA DISTRUZIONE DELL'UMANO
È stata fatta a pezzi la logica, la medicina e il diritto
di Giuliana Ruggieri - Fonte: Tempi, 26 aprile 2018

Ha scritto Giuliano Guzzo a proposito del caso Alfie che «non era mai successo che un innocente, il diritto, la medicina e la logica fossero eliminati tutti insieme», ed è vero. È stata compromessa l'integrità della medicina, perché i suoi scopi sono guarire qualche volta, curare spesso, prendersi cura del malato sempre. Nel contesto delle cure palliative si usa l'espressione "trattamenti futili" e ci si riferisce al concetto di "futilità". Ma la futilità dei trattamenti è sempre riferita alle terapie in atto, non certo alla vita umana. La medicina attraverso l'esame obiettivo, le indagini strumentali e avvalendosi della competenza e collaborazione della comunità scientifica (i congressi scientifici servono a questo) mira a trattare, combattere e possibilmente eliminare la malattia: non il malato! Gli ospedali sono nati per difendere la vita, non per erogare la morte.
Credevamo che nessun medico potesse togliere la vita a un bambino solo perché non è possibile guarirlo. Soprattutto in presenza di una malattia che, come nel caso di Alfie, non è stata ancora diagnosticata. Accelerare il suo decesso significa anche rinunciare ad arrivare alla diagnosi, e con ciò ci si assumono gravi responsabilità con riferimento a possibili future gravidanze della coppia. E tutto questo avviene mentre colleghi di ospedali europei di alto livello assicurano che è possibile fare approfondimenti e curare fino alla fine il piccolo senza accanimento terapeutico. E mentre lo stesso giudice a ritenere assai «improbabile» che Alfie soffra. A differenza del caso di Charlie Gard, qui non si possono chiamare in causa la sofferenza o l'accanimento terapeutico; a far decidere di interrompere le cure è la semplice convinzione della futilità della vita di Alfie nelle attuali condizioni.
È stato compromesso il diritto, nel momento in cui i giudici, anziché difendere il diritto alla vita di un essere umano, si sono arrogati il potere di negare a lui la possibilità di sopravvivere e ai suoi genitori la capacità di decidere in merito, stabilendo che essi sono responsabili del "benessere" dei figli, non della loro vita come tale. E il benessere del figlio, il suo "best interest", coincide con la morte.
È stata fatta a pezzi la logica, perché si è affermato che è pericoloso trasportare un bambino per il rischio di convulsioni e nello stesso tempo che doveva essere staccato definitivamente il respiratore, con conseguente soffocamento e morte. Perché è stata esclusa a priori la categoria della possibilità, che è alla base di ogni scoperta scientifica e di tutti i progressi della medicina. Ed è stata fatta a pezzi anche l'umanità, quando il padre è costretto a fare la respirazione bocca a bocca al bambino che non è deceduto dopo la sospensione della ventilazione, a ricorrere a ogni astuzia per nutrirlo e idratarlo. Ha ragione Matilde Leonardi, neurologa e pediatra dell'Istituto Carlo Besta, che dice: «Alfie è il primo caso di accanimento non terapeutico della storia della medicina». Si può aggiungere che è un caso di accanimento ideologico sulla pelle di un innocente e della sua famiglia.
Quello che sta accadendo costringe tutti a porsi ancora una volte le grandi domande, quelle sul senso della vita, accompagnate dallo sbigottimento per le conseguenze a cui porta il mancato riconoscimento della sacralità della vita, Viene infatti da chiedersi: «Come è possibile, nell'era dei diritti e delle infinite possibilità, che una morte al prezzo della vita sia più accettabile e sostenibile della vita stessa?». Sotto a questa sta la domanda delle domande: «La nostra vita è eterna, oppure finisce nel nulla?». La risposta del credente suona così: «Questo uomo-Dio – Gesù di Nazareth morto e risorto e presente nella Chiesa, Suo Corpo misterioso – definisce l'istante come inizio di una storia da cui sì genera il volto eterno della persona umana e della compagnia umana. L'Eterno abbraccia e trascina con sé ogni virgola della nostra vita presente». (Luigi Giussani, Giubileo del 2000). È nel rapporto con l'Eterno che si genera il valore della singola persona. Non riconoscere questo rappresenta una resa dell'umano. Se invece lo si riconosce, allora la medicina diventa "arte", ha a che fare con con il valore eterno e sacro di ogni essere umano, ha a che fare con la santità, di cui noi medici abbiamo segni splendenti a noi vicini e cari come san Riccardo Pampuri e san Giuseppe Moscati.
Se eliminiamo il Trascendente, l'Eterno, se eliminiamo l'Infinitamente grande che tutto sottende, se eliminiamo la libertà come dipendenza, non possiamo che arrivare alle stesse conclusioni di Friedrich Nietzsche, che sono poi quelle che stanno dietro alla posizione dello stato etico inglese così come si è manifestato nelle recenti sentenze sul caso Alfie: «L'individuo è stato ritenuto dal cristianesimo così importante, posto in modo così assoluto, che non lo si poté più sacrificare. Ma la specie sussiste solo grazie a sacrifici umani. La vera filantropia vuole il sacrificio per il bene della specie - è dura, è piena di autosuperamento, perché ha bisogno del sacrificio dell'uomo. E questo pseudoumanesimo che si chiama cristianesimo si vuole giungere appunto a far sì che nessuno venga sacrificato».
«Vivere come se Dio fosse» (Joseph Ratzinger, discorso a Subiaco 1 aprile 2005) è l'unica scommessa che ci conviene fare per non assistere a tragedie di distruzione dell'umano, come quella del piccolo Alfie. Questo è ciò che insegna a tutti l'umanità crocifissa di quel bimbo.

Fonte: Tempi, 26 aprile 2018

2 - SIGNORE SOLO TU HAI PAROLE DI VITA ETERNA....SOLO TU
...e i pastori che non ne hanno non sono buoni pastori
di Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 25/04/2018

Ancora una volta, a proposito della questione morale relativa alla vicenda del piccolo Alfie Evans, i pastori della Chiesa cattolica, ossia i vescovi, hanno saputo dire solo due cose: che la sfida è complessa e che bisogna uscirne trovando un consenso tra tutti gli interessati. Ci si chiede: per ricordarci due cose così vuote sono proprio necessari dei pastori? Per così poco siamo troppo perfino noi poveri fedeli laici.
E poi ancora: ad affermazioni di questo tipo, così evanescenti, che tipo di obbedienza, o di ossequio, o di semplice ascolto dobbiamo? A cosa servono le innumerevoli cattedre di teologia morale delle istituzioni accademiche cattoliche, pontificie e non, se poi l'indicazione davanti alla vita o alla morte, davanti allo Stato-padrone che procede come un Dio, un Uomo, un Animale, una Macchina e decreta chi è degno di vivere o no, si riduce a dire che la realtà è complessa e che bisogna procedere concordi?
Da tempo nella Chiesa si nota una grande attenzione pastorale per come si agisce piuttosto che per i contenuti dell'agire stesso. È così che diventa assolutamente prioritario agire concordi e condividere. Fare una certa cosa "insieme" diventa più importante di stabilire se quella cosa è buona o meno buona. È uno dei tanti modi in cui oggi si preferisce la pastorale alla dottrina.
Mi viene in mente una famosa frase di don Lorenzo Milani: «Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l'avarizia». È una frase che non ho mai capito. Sortirne insieme è proprio anche di una banda di briganti, se eliminiamo il contenuto di quel sortirne insieme. Sortirne insieme non basta a rendere buona una azione. L'azione è buona o non è buona in sé, indipendentemente da quanti raggiungono un accordo su di essa. Non è mai il consenso a stabilire la bontà e la verità delle cose e farle insieme dice solo che si sono fatte insieme, niente altro.
A proposito di Alfie Evans, mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha dichiarato: «Date le soluzioni comunque problematiche che si prospettano nell'evoluzione delle circostanze, riteniamo importante che si lavori per procedere in modo il più possibile condiviso. Solo nella ricerca di un'intesa tra tutti, un'alleanza d'amore tra genitori, famigliari e operatori sanitari, sarà possibile individuare la soluzione migliore per aiutare il piccolo Alfie in questo momento così drammatico della sua vita».
Una convergenza d'amore è senz'altro auspicabile. Ma l'amore è guidato o meno dalla verità. Per qualcuno anche uccidere il piccolo Alfie potrebbe essere riconducibile ad un atto d'amore. Anche il giudice che ha emesso la sentenza potrebbe essere stato spinto da un atto d'amore, evitando ad Alfie di proseguire una vita che secondo lui era senza senso.
Procedere in modo il più possibile condiviso è pure una cosa apprezzabile, ma per fare cosa? Ammettiamo per assurdo che tutti e tre i soggetti in causa – genitori, giudici, sanitari – fossero concordi nel far morire il piccolo Alfie: quel consenso sarebbe apprezzabile? O sarebbe meglio che qualcuno avesse dissentito, rompendo una colpevole armonia di vedute? "Sortirne da soli" talvolta è meglio che "sortirne insieme", non sono gli accordi a fare la verità, ma il contrario.
Lo stesso concetto lo abbiamo più o meno ritrovato nella dichiarazione resa pubblica dai vescovi inglesi, perfino con una notevole aggravante: «Noi affermiamo la nostra convinzione che tutti coloro che stanno prendendo decisioni angosciose riguardanti la cura di Alfie Evans agiscono con integrità e per il bene di Alfie, secondo come lo vedono».
Qui addirittura il concordismo è svincolato da una minima ricerca della verità e del bene, perché il bene di Alfie può essere visto da più punti di vista. Quindi non solo l'essere concordi viene proposto come un bene, indipendentemente dai contenuti ma solo per il fatto di concordare, ma si sostiene anche che si agisce concordi anche quando si opera in base a diverse concezioni del bene. Chiamiamolo un concordismo nella discordanza. Perché mai un fedele inglese dovrebbe ascoltar5e i suoi vescovi? E se i vescovi non si meritano l'ascolto dei fedeli a cosa servono?
Il concordismo, con questa sua smania appiccicosa per il condividere e per il consenso, elimina ogni residuo riferimento all'oggettività del bene. I pastori ricorrono al concordismo come unica indicazione da dare nella comp0lessità delle situazioni. Come se la luce del Verbo incarnato ci avesse lasciato sperduti e ciechi dentro situazioni indecifrabili anziché farci vedere la verità, che nel caso di Alfie Evans era addirittura lampante, altro che complessità.
Al concordismo e alla condivisione bisogna ormai fare obiezione di coscienza, rifiutarsi di "sortirne insieme" e avere il coraggio in certi casi di "sortirne da soli".

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 25/04/2018

3 - LA PASQUA DI ALFIE
La vicenda di Alfie come la Passione di Gesù
di Sandro Magister - Fonte: Settimo Cielo Blog, 23/04/2018

Prima della Pasqua c'è stata la Quaresima. A cominciare da quel drammatico 20 febbraio in cui l'alta corte di giustizia di Londra sentenzia che il piccolo Alfie Evans, di 22 mesi, colpito da una malattia neurologica sconosciuta, inguaribile, e ricoverato all'Alder Hey Children's Hospital di Liverpool, deve essere fatto morire, sospendendo la ventilazione.
Nella sentenza, il giudice Anthony Hayden include, a sua giustificazione, un passo del messaggio sul fine vita che papa Francesco ha inviato il 7 novembre 2017 a monsignor Vincenzo Paglia, presidente della pontificia accademia per la vita.
Da Roma nessuna protesta per questo utilizzo strumentale delle parole del papa. Bisogna aspettare l'8 marzo perché una voce forte si levi ai gradi alti della Chiesa, quella del cardinale Elio Sgreccia, 90 anni, bioeticista di fama internazionale e presidente della pontificia accademia per la vita dal 2005 al 2008.
Ma, il 9 marzo, in un'intervista a "Tempi", monsignor Paglia dà ragione al giudice londinese in tutto.
Passano i giorni e cresce la mobilitazione in difesa della vita di Alfie, animata dai suoi genitori, Tom Evans e Kate James, poco più che ventenni, lei anglicana, lui cattolico.
Arriva Pasqua e il 4 aprile, mercoledì della settimana "in albis", papa Francesco rompe per la prima volta il suo silenzio con un tweet: "È la mia sincera speranza che possa essere fatto tutto il necessario per continuare ad accompagnare con compassione il piccolo Alfie Evans…".
Il 13 aprile, venerdì della seconda settimana di Pasqua, anche l'arcidiocesi di Liverpool parla, con un comunicato del portavoce. Ma con tutt'altro tono. Lamenta che i genitori di Alfie e le autorità dell'ospedale "non sono stati in grado di concordare un programma" per interrompere la respirazione del bambino. Registra con disappunto le manifestazioni di sostegno ad Alfie attorno all'ospedale. Notifica l'impegno del vescovo ausiliare di Liverpool, Tom Williams, a "supporto dei medici", senza però incontrare i genitori del piccolo, "che non sono cattolici". Prende atto che si continua a "pregare per Alfie, la sua famiglia e coloro che lo accompagnano in questo viaggio".
Il giorno dopo Tom Evans scrive all'arcivescovo di Liverpool, Malcolm Patrick McMahon, per esprimergli la sua tristezza per il comunicato, per ricordargli che sia lui che Alfie sono battezzati nella Chiesa cattolica e per chiedergli aiuto per "portare nostro figlio fuori dalla Gran Bretagna per essere curato fino alla fine naturale della sua esistenza terrena". L'ospedale pediatrico nel quale i genitori vorrebbero trasferire Alfie è quello del Bambino Gesù di Roma, che ha già espresso la sua disponibilità fin dalla scorsa estate e ha inviato suoi medici a Liverpool.
Ma dall'arcidiocesi nessuna risposta. Anche il cappellano dell'Alder Hey Children's Hospital si rende irreperibile alle richieste dei genitori di Alfie.
Il 15 aprile, terza domenica di Pasqua, è però papa Francesco che parla, e questa volta a voce alta, al Regina Caeli, associando ad Alfie il caso analogo di un francese di 42 anni:
"Affido alla vostra preghiera le persone, come Vincent Lambert, in Francia, il piccolo Alfie Evans, in Inghilterra, e altre in diversi Paesi, che vivono, a volte da lungo tempo, in stato di grave infermità, assistite medicalmente per i bisogni primari. Sono situazioni delicate, molto dolorose e complesse. Preghiamo perché ogni malato sia sempre rispettato nella sua dignità e curato in modo adatto alla sua condizione, con l'apporto concorde dei familiari, dei medici e degli altri operatori sanitari, con grande rispetto per la vita".
Lo stesso giorno, anche il presidente della pontificia accademia per la vita, monsignor Paglia, emette un comunicato in linea con quanto detto dal papa e a correzione di quanto affermato da lui in precedenza.
Il giorno dopo, però, lunedì 16 aprile, la situazione precipita. La mattina un sacerdote italiano che è parroco a Londra, don Gabriele Brusco, amministra il sacramento dell'unzione degli infermi al piccolo Alfie. Ma nel pomeriggio la corte d'appello inglese respinge il ricorso dei genitori di Alfie contro la sentenza di morte del figlioletto. Tom e Kate decidono allora di fare un estremo ricorso alla corte suprema del Regno Unito. E pensano di ottenere un incontro con papa Francesco. Con loro, a Liverpool, c'è una collaboratrice del sito cattolico italiano La Nuova Bussola Quotidiana, Benedetta Frigerio, che prende contatto con la persona giusta per inoltrare la richiesta a Roma: monsignor Francesco Cavina, che ha lavorato per molti anni in segreteria di Stato prima di divenire, dal 2011, vescovo di Carpi.
E infatti, con rapidità fulminea, la mattina di martedì 17 aprile arriva la risposta di Francesco, che dà appuntamento a Tom per la mattina seguente, prima dell'udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro.
Nel pomeriggio del 17 aprile Tom parte da Liverpool e facendo uno scalo notturno ad Atene riesce ad arrivare a Roma giusto in tempo per l'incontro col papa.
L'incontro avviene a Santa Marta alle 9 di mattina del 18 aprile, mercoledì della terza settimana di Pasqua, e dura 20 minuti. Tom Evans consegna a Francesco un messaggio scritto e gli racconta la battaglia in corso per la vita di Alfie. Il papa lo incoraggia e benedice: "Dici bene, Thomas, tu difendi tuo figlio con coraggio, lo stesso coraggio con cui Dio difende i suoi figli".
Un'ora dopo, al termine dell'udienza generale in piazza San Pietro, il papa lancia un nuovo appello pubblico. Invita alla preghiera per Alfie e per altri come lui e insiste su ciò che si era detto nell'incontro di poco prima: "L'unico padrone della vita dall'inizio alla fine naturale è Dio e il nostro dovere è fare tutto per custodire la vita".
All'incontro a Santa Marta era presente anche il vescovo Cavina, al quale papa Francesco ordina di mettersi immediatamente all'opera con la segreteria di Stato per assicurare il trasferimento di Alfie nell'ospedale del Bambino di Gesù, che è di proprietà della Santa Sede.
Non solo. Il papa fa arrivare alla presidente dell'ospedale, Mariella Enoc, il suo personale incoraggiamento a "fare il possibile e l'impossibile". Nello stesso giorno Mariella Enoc incontra Tom Evans e concorda con la segreteria di Stato la stesura di due lettere ai dirigenti e ai legali dell'ospedale di Liverpool, finalizzate a stabilire una collaborazione stretta in vista del trasferimento di Alfie a Roma e dell'avvio di nuove ricerche scientifiche sulla sua malattia.
Nel pomeriggio, però, di questo stesso mercoledì 18 aprile, la conferenza episcopale dell'Inghilterra e del Galles, presieduta dal cardinale Vincent Nichols, pubblica una dichiarazione di segno del tutto opposto.
In essa, i vescovi inglesi respingono come "infondate" le critiche alle decisioni dei tribunali e dell'ospedale di Liverpool riguardo alle sorti del piccolo Alfie. Prendono nota della "offerta" dell'ospedale romano del Bambino Gesù di averlo in cura ma fanno capire che loro, i vescovi, non se ne vogliono occupare, perché "spetta a quell'ospedale [del Bambino Gesù - ndr] presentare ai tribunali britannici, dove vengono prese decisioni cruciali tra opinioni in conflitto, le ragioni mediche per un'eccezione da fare in questo tragico caso".
Sembra di leggere, in questa gelida dichiarazione dei vescovi inglesi, le stesse cose che monsignor Paglia sosteneva fino a poche settimana prima. E in effetti egli si è recato in Gran Bretagna alla fine del 2017, incontrando i vertici della conferenza episcopale inglese e trattando con loro i casi di Charlie Gard, di Alfie Evans e di altri bambini in condizioni simili.
È difficile prevedere che cosa ne sarà di questa impressionante divaricazione tra papa Francesco e i vescovi inglesi, con in gioco nientemeno che la vita di un bambino.
Sul quale però cala venerdì 20 aprile il verdetto finale della corte suprema del Regno Unito, con la definitiva conferma che è "in his own best interest", nel suo migliore interesse, che Alfie sia fatto morire.
I genitori del bambino non si arrendono. Inoltrano un estremo appello a Strasburgo, alla corte europea dei diritti dell'uomo. Ma è un passo che la stessa corte suprema inglese definisce inutile, quando nella sua sentenza ricorda che già in precedenza la stessa corte europea aveva giudicato "inammissibile" un ricorso dei genitori di Alfie, e conclude:
"Non c'è ragione per un ulteriore rinvio. L'ospedale deve essere libero di fare ciò che è stato stabilito nel migliore interesse di Alfie. Questa è la legge in questo paese. Nessun ricorso alla corte europea dei diritti dell'uomo può o deve cambiarla".
Lo stesso giorno, la presidente dell'ospedale pediatrico del Bambino Gesù, Mariella Enoc, invia al direttore dell'ospedale di Liverpool una toccante lettera – poi pubblicata su "L'Osservatore Romano" – di un gruppo di mamme di bambini con malattie "in alcuni casi molto simili a quelle del piccolo Evans". "I nostri figli – scrivono – non stanno soffrendo, stanno solo vivendo. E anche oggi hanno potuto sentire sul viso la bellezza e il calore del sole e delle nostre carezze. Vi preghiamo di non privare della gioia di queste carezze il piccolo Alfie e i suoi genitori".
E siamo a domenica 22 aprile. Al Regina Caeli, papa Francesco tace. Ciò che voleva dire l'ha detto. È la quarta domenica di Pasqua, la domenica del buon Pastore. La Pasqua di Alfie.

Fonte: Settimo Cielo Blog, 23/04/2018

4 - SOLO DIO SA COSA SARA' DI UNA VITA
Mio figlio come Alfie: dissero che doveva morire, invece...
di Benedetta Frigerio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17/03/2018

Lauren Mcmahon, mamma di un bimbo di 5 anni di nome Alfie, come Alfie Evans, racconta alla Nuova BQ: «Mio figlio fu portato al Birmingham Children's Ospital dove lo intubarono. Dopo una tac ci dissero che era cerebralmente morto, che lo stavamo facendo soffrire e che bisognava sospendere la ventilazione. Ma oggi mio figlio respira, mangia e mi chiama mamma».
«Anche mio figlio è finito in ospedale, è stato intubato prima di ricevere una diagnosi tremenda», per cui i medici avevano deciso di abbandonare ogni speranza «convincendomi a sospendere i sostegni vitali». Quindi a provocarne la morte prima di cercare di fare il possibile per curarlo, ma sopratutto prima di attenderne la morte naturale. A raccontare la sua storia alla Nuova BQ è Lauren Mcmahon, mamma di un bimbo di 5 anni di nome Alfie, come Alfie Evans. E come lui inglese.
Mcmahon ha scritto alla Evans mercoledì scorso sul profilo Facebook alfies army official postando un video di suo figlio, in una condizione peggiore di quella di Alfie Evans, mentre un altro mostra il suo recupero. Alla mamma di Evans, Mcmahon ha spiegato: «Voglio solo farti vedere come tutti questi dottori davvero non avessero idea di quello di cui parlavano...il mio ometto è stato portato al Birmingham Children's Ospital circa 6 mesi fa, gli hanno fatto una tac al cervello e hanno detto a me e alla mia famiglia che era cerebralmente morto, che la sua attività cerebrale era pari a zero...poi ci hanno detto che stavamo facendo soffrire Alfie, permettendogli di sopravvivere mentre i suoi organi stavano collassando. Ci sentivamo senza altra scelta se non quella dolorosissima di privarlo dell'unica cosa che permetteva al nostro piccolo di respirare».

Lauren quando si è ammalato suo figlio e cosa è accaduto dopo il ricovero?
Il 19 agosto scorso mio figlio Alfie si ammalò. Aveva contratto un virus ma nonostante questo continuava a giocare e a ridere normalmente. Il giorno successivo però si è svegliato alle 8 di mattina e verso le 10:30 mi sono accorta che scottava. Abbiamo provato la febbre ed era altissima. Non riusciva a rimanere desto, perciò abbiamo chiamato l'ambulanza. I medici ci spiegarono che non aveva quasi più zuccheri nel sangue e in ospedale lo hanno intubato. Dopo avergli fatto la tac al cervello mi hanno comunicato che non c'era più alcuna traccia di attività cerebrale e che quindi non sarebbe sopravvissuto senza i sostegni vitali.
Quale fu la diagnosi dei medici?
Ci hanno detto che Alfie era affetto da displasia setto-ottica (chiamata anche sindrome di de Morsier o di Kaplan-Grumbach-Hoy).
Nel caso di Alfie Evans non c'è neppure una diagnosi, eppure vogliono privarlo dei sostegni vitali e provocarne la morte. Lai era d'accordo, pur in prsenza di una diagnosi nefasta, con chi voleva privare suo figlio della ventilazione?
No, non ero d'accordo con i medici, non volevo che fossero sospesi i sostegni vitali, ma mi dissero che stavo facendo soffrire mio figlio e che Alfie non avrebbe mai potuto respirare autonomamente. Perciò, senza trovarmi d'accordo, sospesero comunque la ventilazione.
Cosa accadde a quel punto?
A mio figlio, mentre era ventilato, veniva somministrato un sedativo, il madazolam (farmaco con un'azione immediata) che lo teneva addormentato, quando gli fu sospeso cominciò a svegliarsi e a muoversi.
Anche Alfie Evans si muove, ma i medici sostengono che sia sofferente e in fin di vita, dunque è meglio farlo morire subito.
È la stessa cosa che dicevano a me, mi dicevano che gli organi di mio figlio stavano collassando a causa della mancanza di ossigeno nel sangue, perciò sarebbe morto soffrendo. Ma si sbagliavano perché i suoi organi oggi sono sanissimi.
Alfie Evans è sedato eppure si muove. Cosa ne pensa?
Penso sia orribile credere che uccidere Alfie Evans sia normale. Anche perché ho visto i video in cui, pur sedato, succhia il ciuccio, alza le mani, muove il torace, apre gli occhi, tutte cose che mio figlio non riusciva a fare. A maggior ragione penso che si debba dare ad Alfie Evans ogni possibilità esistente di cura per vivere.
Che segnali dava suo figlio quando era sedato?
Il mio Alfie muoveva leggermente le braccia. Alfie Evans, ripeto, si muove molto di più. Lo dico da mamma che ha passato una cosa simile: non solo Alfie Evans è vivo e vegeto, ma è sveglio e si rende conto di quello che accade intorno a lui. Ucciderlo non può essere una risposta!
Cosa le dissero i dottori vedendo che suo figlio non moriva e che riusciva a sopravvivere anche senza ventilazione?
Molti di loro erano preoccupati della "qualità di vita" di mio figlio e non erano felici del fatto che continuasse a vivere.
Lei scherza vero?
Non scherzo, comunque dopo che la ventilazione fu sospesa i medici mi dissero che sarebbe morto dopo un'ora circa, ma siccome mio figlio continuava a vivere, il Birmingham Children's Hospital ha deciso di dimetterlo trasferendolo 24 ore dopo all'ospedale di Worcester, sempre confermandomi che non sarebbe sopravvissuto. Invece, sospesi anche i sedativi, mio figlio si è svegliato ed ha cominciato a riprendersi. Al contrario dei primi, i medici dell'ospedale locale di Worcester erano contenti.
È singolare che suo figlio, inglese e con lo stesso nome di Alfie, abbia vissuto recentemente un iter simile mostrando che le diagnosi mediche non sono infallibili. Non pensa?
Come ho scritto su Facebook, immagino che il mio Alfie volesse mostrare al mondo che una tac o un parere non sono sufficienti a permettere che a qualcuno sia tolta la vita: ci dissero che Alfie non avrebbe mai respirato da solo, ma ora mio figlio ha cominciato a mangiare dei pezzetti di cibo e a chiamarmi di nuovo mamma.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17/03/2018

5 - A ROMA AL BAMBIN GESU' DISPOSTI A CURARE ALFIE....
E curare non significa far guarire, ma i medici inglesi ormai non se lo ricordano più
di Roberta Spola - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 22/03/2018

L'esercito di Alfie di migliaia di sostenitori, Alfie's Army, con a capo Tom e Kate, urla al mondo il suo grido e chiede un'ultima chance, quella di venire in Italia, a Roma, nell'Ospedale del Vaticano, il Bambino Gesù, come a chiedere asilo politico.
Quando stai per perdere il treno, puoi scegliere di fermare il passo e vedere il treno sfumare all'orizzonte o iniziare a correre e tentare in extremis di salire sul treno in partenza, anche se sembra impossibile, e magari lo è. La sensazione nel primo caso è di sconfitta passiva, senza possibilità di vittoria, senza speranza, nel secondo caso di sconfitta attiva, con possibilità di vittoria, con speranza. Tom Evans e Kate James, genitori di Alfie Evans, hanno scelto di correre verso il treno.
La coppia di sposi dal dicembre del 2016 ad oggi ha il proprio figlio, di 21 mesi, ricoverato presso l'Alder Hey Children's Hospital di Liverpool in Terapia Intensiva Pediatrica, in quanto affetto da una patologia neurodegenerativa ad eziologia sconosciuta, che ha portato ad una lenta e progressiva perdita delle sue funzioni neurologiche. Nonostante le indagini ad ampio raggio condotte dal team medico alla ricerca di una diagnosi che possa spiegare e quindi eventualmente curare il presunto difetto metabolico alla base, non si è giunti ad una risposta positiva. Nei suoi 15 mesi di vita in ospedale, quello che è stato fatto, e continua ad essere fatto al momento, è il supporto delle funzioni vitali tramite ventilatore meccanico, per respirare, sondino naso-digiunale, per nutrirsi e idratarsi, farmaci anti-epilettici, per sedare le crisi epilettiche, e infine l'uso di antibiotici profilattici, per prevenire le infezioni. È quanto emerge dal report stilato dallo staff medico-infermieristico relativo alla sua lunga degenza.
Tutto ciò che è stato fatto finora tra pochi giorni potrebbe inesorabilmente essere interrotto, withdrawn, terminato, in quanto il 20 febbraio 2018 è stata pronunciata una sentenza dall'Alta Corte Inglese dal Giudice Anthony Hayden, in cui è stato deciso che "il supporto ventilatorio continuo non è nel miglior interesse di Alfie e in tali circostanze non è lecito che tale trattamento continui" e la decisione è stata ribadita con la sentenza della Corte Suprema di non rivedere il caso.
A questo punto riguardo proprio al trattamento ci si pone una domanda: si tratta di mantenere in vita una persona che sta morendo, o di permettere a una persona che non sta morendo di continuare a vivere, anche se affetta da grave disabilità? Come scrive su RenewAmerica il Prof. Paul Byrne, accademico americano, docente di neonatologia, uno dei pionieri nell'uso dei ventilatori in neonatologia, non rientra nella definizione di mezzo straordinario né sproporzionato un ventilatore usato per salvare o supportare la vita. Poiché la ventilazione e la respirazione sono due requisiti fondamentali per la vita sulla terra, in ogni condizione che richieda tale supporto, va portata avanti. Tuttavia qualora si configuri la necessità di prolungare il suo uso oltre le due settimane, andrebbe sostituito il tubo endotracheale con una tracheotomia, finora non praticata su Alfie, ausilio che gli avrebbe permesso una gestione al di fuori di una terapia intensiva pediatrica. "Togliere il ventilatore ad Alfie significherebbe condannarlo a morte" dichiara su LifeSiteNews.
Il padre Tom Evans, che nonostante i suoi 21 anni, nonostante abbia lasciato la scuola a 16 anni, nonostante sia apprendista intonacatore, che rappresenta sé stesso in tribunale e stupisce la Corte per la sua profonda e articolata conoscenza medica, mantiene la lucidità e la saggezza per comprendere che quello che si sta decidendo per Alfie è una morte imposta, procurata e non un accompagnamento alla sua morte naturale, non un rifiuto di accanimento terapeutico. L'esercito di Alfie di migliaia di sostenitori, Alfie's Army, con a capo Tom e Kate, urla al mondo il suo grido di guerra, "he is going to live", e chiede un'ultima chance, quella di venire in Italia, a Roma, nell'Ospedale del Vaticano, il Bambino Gesù, come a chiedere asilo politico. E se non in Italia al Munich Hospital in Germania e se non lì, a casa a morire quando per lui sarà l'ora.
Ma cosa può offrire di più questo ospedale italiano, rispetto all'eccellenza in cui si trova adesso? Entrambi gli ospedali hanno elevate competenze nella ricerca delle malattie rare, hanno ottimi esperti nello studio e controllo delle malattie neurologiche, hanno le più sofisticate metodiche di ricerca d'avanguardia.
Cosa chiede quindi Tom in più? Forse chiede solo che se ci sono ancora strade da percorrere nella diagnosi, come per esempio l'indagine sul genoma, siano percorse, che gli venga permesso di respirare, anche tramite tracheotomia, se i suoi polmoni sono ancora tali da permettere gli scambi gassosi in modo adeguato, che si continui a nutrire e idratare, anche tramite gastrostomia (PEG), che possa ancora reagire agli stimoli esterni che lo raggiungono, come sta facendo, che possa infine percepire l'immenso amore che i suoi genitori gli stanno offrendo, e che è l'unico bisogno primordiale, il sentirsi amati, che abbiamo da soddisfare, e che lui ha. In Italia, con i nostri protocolli, con le nostre linee guida, con le nostre raccomandazioni basati sulle evidenze scientifiche, vi sono ancora medici che lasciano aperta la possibilità di continuare il viaggio della vita, anche se precario, perché credono nella vita, nella sua intangibilità, nella sua dignità intrinseca, nella sua imprevedibile preziosità, e che declinano nella pratica clinica questi valori con la prosecuzione di idratazione, nutrizione e ventilazione meccanica.
Credo che Tom veda questo nella realtà italiana. Non si illude di vedere il proprio figlio tornare sano come ciascun genitore vorrebbe; è consapevole, che presto o tardi arriverà il momento di lasciare quella manina e passarla ad un altro Padre, ma spera. Spera sia rispettato il decorso naturale della sua malattia, spera che non sia messa in atto la sentenza di morte pronunciata sulla sua testa, spera che non si chiami rifiuto di accanimento terapeutico quella che è eutanasia, spera infine di poter correre verso quel treno con Alfie in braccio e di poter salire.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 22/03/2018

6 - LO STATO HA PAURA DI LASCIAR VIVERE I DEBOLI
Perchè è attraverso di loro che si manifesta la Gloria di Dio
di Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/04/2018

Cos'è che fa così tanta paura in un bimbo malato di neanche due anni e nei suoi giovani genitori, tanto da sbarrare le porte dell'ospedale con la polizia e chiudere gli aeroporti? Perché ci deve essere un pericolo grosso se c'è bisogno di tanto sfoggio di forza, se c'è bisogno di mentire continuamente per giustificare la prigionia di Alfie nell'Alder Hey Hospital.
Quel bambino in effetti è un segno di contraddizione, sta lì a smascherare il vero volto totalitario di quella che si vanta di essere la patria della democrazia; fa capire con chiarezza che dietro le parole libertà di scelta e autodeterminazione c'è soltanto la morte, voluta e perseguita contro i propri cittadini da un potere che pensa soprattutto a conservare se stesso. Un bambino inerme che si ostina a lottare per vivere è un manifesto contro la morte, e allo stesso tempo è un atto d'accusa contro i medici, che hanno ormai dimenticato cosa voglia dire «prendersi cura». E i genitori ventenni con quella loro sfida impossibile – è Davide contro un Golia ben più grande e minaccioso di quello biblico – ci fanno capire perché i grandi poteri internazionali ci tengono così tanto a distruggere la famiglia: quel legame di sangue, che coinvolge gli affetti più profondi, che suscita un'appartenenza reciproca invincibile, genera una relazione che è davvero l'ultimo punto di resistenza contro un potere che ci vuole individui slegati da ogni rapporto così da determinare ogni aspetto della nostra vita.
Per questo Alfie deve morire, il Potere non può sopportare questo affronto; se la vita vincesse, metterebbe in discussione quel castello di morte nel quale tutti viviamo convinti di godere di chissà quali libertà. Più e più persone aprirebbero gli occhi sulla vera natura degli Stati moderni e di organizzazioni sovranazionali come l'Unione Europea. È quel che sta già accadendo grazie ad Alfie. Perché dall'altra parte è più che sorprendente la folla che da due giorni protesta davanti all'ospedale invocando la vita di Alfie.
Cos'è che ha attirato migliaia di persone davanti all'ospedale di Liverpool, al punto da rimanere per lunghe ore, anche notturne, a vegliare e manifestare per un bambino e per una famiglia che non hanno mai conosciuto personalmente? Certo, c'è una palese ingiustizia ai danni di un bambino gravemente malato; è evidente che c'è un intollerabile accanimento nei confronti dei genitori di Alfie, accanimento che arriva quasi alla tortura. È vero questo, ma non spiega tutto di questa mobilitazione spontanea. C'è – almeno inconsciamente - che in Alfie ciascuno di noi è attaccato personalmente.
Perché se la "qualità della vita" sostituisce "la sacralità della vita", allora ognuno di noi è in pericolo. Se la vita è sacra appartiene solo a Dio, nessun uomo può decidere se farci nascere e quando morire, è più grande di noi stessi; ma se valutiamo la vita secondo le misure umane, se facciamo graduatorie per stabilire la qualità della vita, allora ognuno di noi è alla mercé del Potere, che stabilirà di volta in volta – secondo convenienza e utilità - i confini della vita: quanti figli avere, se fare nascere i portatori di gravi malattie, quando togliere il disturbo da questo mondo. Di più: ci interroga sul senso della nostra vita, perché di fronte a un malato che lo Stato vuole eliminare con accanimento, non possiamo non chiederci se la nostra vita, la mia vita, quel desiderio di assoluto e di infinito che ci definisce può essere ridotto all'efficienza e all'utilità.
Ecco perché, anche se non ne siamo pienamente consapevoli, la vita di Alfie è la vita di tutti noi; la battaglia per Alfie è la battaglia per affermare la nostra vita.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/04/2018

7 - IL MANIFESTO PROLIFE CHE HA MESSO A NUDO L'IDEOLOGIA RADICALE DI PD E CINQUESTELLE
Così come accadeva nei regimi comunisti, certe verità (oggi ad es. la foto di un embrione) gettano nel panico il sistema attuale... si avvicina anche per esso il tracollo?
di Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi, 08/04/2018
Fonte: Tempi, 08/04/2018

8 - OK DELL'AIFA (AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO) ALLA PILLOLA PER CAMBIARE SESSO
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): a Ballando con le stelle niente voto alla coppia uomo-uomo, Ciudadanos chiede al governo di promuovere il lesbismo, abusata dal padre gay e dalla madre lesbica
di Roberto de Mattei - Fonte: Osservatorio Gender, 29/03/2018
Fonte: Osservatorio Gender, 29/03/2018

9 - IN BELGIO DIMISSIONI CHOC NELLA COMMISSIONE PER L'EUTANASIA
Un neurobiologo ha denunciato la sistematica violazione della legge sul consenso all'eutanasia in Belgio (VIDEO: 15 anni di sperimentazione in Belgio)
Fonte Corrispondenza Romana, 20/02/2018
Fonte: Corrispondenza Romana, 20/02/2018

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