Amici del Timone n�47 del 01 settembre 2015

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1 LE SOLITE 4 BUGIE PER LEGALIZZARE LA MARIJUANA
La novità non è negli argomenti (sempre gli stessi), ma che il Parlamento ora ha i numeri per approvare un testo sciagurato
di Alfredo Mantovano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 CINQUE ARMI PER VINCERE LA MASTURBAZIONE
L'autoerotismo è un vizio dannoso sia a livello fisico che psicologico, ecco come combatterlo
di Roberta Sciamplicotti - Fonte: Aleteia
3 PLANNED PARENTHOOD E IL TRAFFICO DI RESTI DI BAMBINI ABORTITI
Con una telecamera nascosta, la ABC News svela gli orrori della più grande catena di cliniche abortiste d'America (sconsigliamo la lettura a persone facilmente impressionabili)
di Federica Paparelli Thistle - Fonte: Blog di Costanza Miriano
4 ANCHE IL MISTERO DEL CERVELLO PARLA DI DIO
La stimolazione magnetica transcranica apre nuove possibilità e ci permette di riflettere anche sull'esistenza di Dio
di Umberto Fasol - Fonte: Il Timone
5 REPUBBLICA ROVESCIA LA LOGICA E LA VERITA'
Le persone non donano ovociti, ma non è egoismo, è il buonsenso della nostra natura umana che si ribella alla propaganda
di Luigi Santambrogio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 OMOSESSUALI NON SI NASCE, LA SCIENZA NON IDEOLOGIZZATA CONFERMA
Gli studi confermano che non esiste una condizione genetica di omosessualità
di Stefano Parenti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 TRANQUILITY UN NOME RASSICURANTE CHE NASCONDE UN ORRORE
In vendita online il kit per valutare se il bambino che porti in grembo sia degno o no di continuare a vivere
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 NON C'E' EDUCAZIONE SESSUALE CHE POSSA DIMENTICARE LA SACRALITA' DEL CORPO
Perché l'educazione sessuale dei bambini non può essere fatta bene al di fuori della famiglia e farla a scuola è una pessima idea
di Giovanni Bonini - Fonte: Notizie ProVita
9 JOE, CRESCIUTO COME JOELLA, FINALMENTE TROVA LA SUA STRADA E RISOLVE IL SUO DISAGIO ESISTENZIALE COME UN UOMO
La sua storia è un altro esempio di violenza su una famiglia, indotta in nome di una falsa scienza a forzare l'educazione sessuale del figlio
di Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi

1 - LE SOLITE 4 BUGIE PER LEGALIZZARE LA MARIJUANA
La novità non è negli argomenti (sempre gli stessi), ma che il Parlamento ora ha i numeri per approvare un testo sciagurato
di Alfredo Mantovano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20/07/2015
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20/07/2015

2 - CINQUE ARMI PER VINCERE LA MASTURBAZIONE
L'autoerotismo è un vizio dannoso sia a livello fisico che psicologico, ecco come combatterlo
di Roberta Sciamplicotti - Fonte: Aleteia, 06/07/2015
Fonte: Aleteia, 06/07/2015

3 - PLANNED PARENTHOOD E IL TRAFFICO DI RESTI DI BAMBINI ABORTITI
Con una telecamera nascosta, la ABC News svela gli orrori della più grande catena di cliniche abortiste d'America (sconsigliamo la lettura a persone facilmente impressionabili)
di Federica Paparelli Thistle - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 20/07/2015
Fonte: Blog di Costanza Miriano, 20/07/2015

4 - ANCHE IL MISTERO DEL CERVELLO PARLA DI DIO
La stimolazione magnetica transcranica apre nuove possibilità e ci permette di riflettere anche sull'esistenza di Dio
di Umberto Fasol - Fonte: Il Timone, maggio 2015
Fonte: Il Timone, maggio 2015

5 - REPUBBLICA ROVESCIA LA LOGICA E LA VERITA'
Le persone non donano ovociti, ma non è egoismo, è il buonsenso della nostra natura umana che si ribella alla propaganda
di Luigi Santambrogio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10/08/2015

Una bella (forse) notizia e un brutto (di sicuro) commento. La prima è sul quotidiano Avvenire: con un certa soddisfazione annuncia che a più di un anno dalla sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha fatto cadere il divieto sulla fecondazione eterologa, il governo ha presentato alle Regioni una bozza di regolamento che fissa criteri e regole certe. Quella più importante è che il regolamento non prevede alcuna forma di compenso per chi cede ovociti e seme alle coppie sterili e viene fissato un massimo di 10 figli dallo stesso donatore. Notizia positiva perché, nota Avvenire, così si diminuisce il rischio di far «commercio sulla vita umana, dunque niente eugenetica». Speriamo. Nella bozza ci sono anche altre questioni: l'età di chi dona gameti, la selezione su base clinica, la tutela della riservatezza e dell'anonimato, la condivisione di seme od ovociti (il cosiddetto egg o sperm sharing). Ma fermiamoci alla donazione senza compenso degli ovociti.
Sul punto ecco il commento: ce lo offre La Repubblica, con un articolo di Michela Marzano, filosofa, scrittrice e, (nessuno è perfetto) pure onorevole del Pd. Che dopo aver bruciato il suo bravo granellino d'incenso alla magistratura illuminata e illuminate che ha liberalizzato all'eterologa, constata, tuttavia, con preoccupazione e angoscia che le cose ancora non girano nel verso giusto, tanto che le coppie alla ricerca di un figlio che non arriva, sono costretti ancora a praticare l'esecrabile "turismo riproduttivo". Colpa della mancanza di donazioni di gameti, soprattutto quelle di ovociti, che costringe, gli ospedali a importare gameti dall'estero. Scrive la sconsolata Marzano: «come già nel caso del dono di organi e di tessuti del corpo umano, l'altruismo non sembra dare alcun frutto. Da un lato, ci sono le battaglie di principio; dall'altro, c'è la realtà. Da un lato, c'è sempre chi è disposto a difendere l'autonomia e la libertà individuale; dall'altro, c'è la difficoltà di mettersi direttamente in gioco». Trovato il colpevole: l'egoismo delle italiane a rispondere al grido di aiuto che si leva dalle coppie sterili Il resto dell'articolessa "marziana" è gran sfoggiare di dotte citazioni, da Andrej Tarkovkij a Jacques Derrida, e filosofeggiamenti sul dono come sacrificio e compassione o come "pura impossibilità". Da tanto sfoggio di rive gauche si capisce che madame vive a Parigi: mica cosa per tutti.
Argomenti profondi e pensosi, per carità, che spaziano dall'altruismo alla gratuità, virtù che per la Marzano vengono completamente disattese quando si tratta di donare qualcosa di più di un «qualcosa di sé», ma «anche di sottoporsi a stimolazioni ormonali e svariati trattamenti invasivi. Ma è proprio questa realtà che ci permette di misurare il divario che, da sempre, esiste tra l'altruismo astratto e i doni concreti». Bontà sua: la scrittrice riconosce che donare cellule riproduttive non come fare una passeggiata all'Avis per il prelievo del sangue. Però, insiste, perché tanta insensibiltà e mancanza di compassione? Beh, lei la risposta giusta ce l'ha. Sentite: «Se per anni si è sentito ripetere che la fecondazione eterologa era solo una tecnica procreativa finalizzata a soddisfare capricci ed egoismi, come si fa poi a non restare indifferenti di fronte al dramma di chi ha bisogno di un dono per poter diventare padre o madre?». Traduzione dal francese: se la destra, il Vaticano e i cattolici oscurantisti strillano di continuo contro la fecondazione artificiale, poi non lamentatevi se non si trova uno straccio di donatrice disposta a farsi martoriare per il bene altrui. Chiaro no? Dopo mesi di caccia senza quartiere ai boicottatori degli ovuli liberi e gratuiti, Repubblica ha finalmente scovato il grande nemico: il catto-egoismo ovarico delle italiane, alimentato dall'avarizia di Stato.
La Marzano si ferma un passo prima e non arriva a chiedere quello che invece altri, senza ipocrisie e fumosi pensamenti, reclamano. Se le donne italiane sono tra le più tirchie ed egoiste d'Europa, occorre incentivare la cessione degli ovuli pagandoli, come fanno in alcuni Paesi europei. Magari con i soldi dello Stato, per evitare odiose discriminazioni, introducendo la fecondazione assistita nei Lea, i "Livelli essenziali di assistenza" a carico del Servizio sanitario nazionale. Le direttive del ministero della Sanità dicono il contrario, ma non è detto che passino. Perché nel settore della fecondazione eterologa il gioco della domanda e dell'offerta risulta sballato: la prima c'è, ed è grande, l'altra manca del tutto. Dunque, bisogna intervenire per ristabilire le regole del mercato, eliminare le storture dello scambio ineguale e ristabilire le priorità dei diritti e dei desideri. Magari con il social egg freezing, il frigorifero degli "ovuli equi e solidali", come fanno da qualche parte, così che sarà possibile per le mamme in attesa (artificiale) scegliere in un campionario di ovociti illimitati e a basso costo.
Qui vogliono arrivare queste laicisssime samaritane della donazione riproduttiva, che si appropriano senza pagare i diritti di parole evangeliche come sacrificio, gratuità, compassione, per legittimare pratiche che vengono spacciate per umanitarie quando invece non lo sono. E non sono solo i cattolici a dirlo. "Tecnorapine degli ovuli" sono state definite da alcune leader del femminismo europeo: loro non ritengono l'impossibilità della maternità una malattia e non mettono il figlio a ogni costo tra i diritti della coppia. Per questo, hanno l'onestà di mettere in guardia sui rischi per la donna del traffico di gameti, ovuli e uteri in affitto. Una nuova schiavitù, ben peggiore delle vecchie. È così difficile anche per una intellò come la Marzano tenerne conto prima di scomunicare tutte le donne italiane?

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10/08/2015

6 - OMOSESSUALI NON SI NASCE, LA SCIENZA NON IDEOLOGIZZATA CONFERMA
Gli studi confermano che non esiste una condizione genetica di omosessualità
di Stefano Parenti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11/07/2015

I recenti servizi giornalistici dedicati a Luca di Tolve e ai gruppi d'incontro da lui condotti a Brescia, benché sollevino molti dubbi sull'imparzialità argomentativa con cui sono stati redatti, hanno il merito di aver riportato l'attenzione sulla psicologia dell'omosessualità. Si tratta di una tematica poco argomentata e, a mio avviso, volutamente omessa dal pubblico dominio. Le numerose prese di posizione, anche autorevoli, contro le cosiddette "teorie riparative" hanno indotto l'opinione pubblica a ritenere che non possa esservi alcuna terapia per l'omosessualità, ovvero che le attrazioni sessuali per le persone dello stesso sesso siano "naturali" o congenite. In realtà, le ricerche che hanno tentato d'indagare i fattori genetici, ormonali o neuroanatomici non hanno dimostrato «alcun termine di correlazione fisica con l'omosessualità» (cfr. la review redatta nel 2005 da Gerard Van Den Aardweg Omosessualità e fattori biologici: prove reali – nessuna; interpretazioni fuorvianti: molte, che si integra con la più recente On the psychogenesis of Homosexuality del 2011).
Come dunque potersi spiegare l'origine di attrazioni sessuali rivolte alle persone dello stesso sesso? Una volta decadute le ipotesi congenite o, comunque, biologiste, non rimane che ritornare ai fattori psicologici. È quello che propone Egidio Ernesto Marasco, medico e didatta della Società Italiana di Psicologia Individuale, ritraducendo e ridando alle stampe un importante libro di Alfred Adler: Das problem der Homosexualitat (tr. it. Psicodinamica dell'eros, Mimesis, Milano, 18 euro). Alfred Alder fu un collaboratore di Sigmund Freud a Vienna, ma poi si staccò dalla psicoanalisi, non condividendone le ossessioni per la sessualità, ed edificando una scuola psicologica autonoma, chiamata "psicologia individuale comparata". Nell'introduzione, Marasco spiega che «Adler impiega il termine "omoerotismo" per definire questo comportamento. Afferma così, anche in questo modo, che questa presa di posizione erotica non rappresenta né l'appartenenza a un genere diverso né un atto criminale, ma soltanto un modo sbagliato di difendersi da presunti pericoli della normale sessualità» (p. 18). Per Adler «l'omosessualità è un ripiego malinteso e malriuscito» (p. 97) e «rivela un fallito tentativo di compenso in uomini con un evidente sentimento d'inferiorità» (p. 98). Le percezioni soggettive di «debolezza» (p. 37), di «insicurezza» (p. 96), di uno «scarso sentimento del proprio valore» (p. 47), di sentirsi «sminuiti» (p. 38), di «un forte scoraggiamento e di un disperato pessimismo» (p. 96) danno origine a quello che è il «senso d'inferiorità», che può palesarsi sia nei confronti degli altri uomini, sia nei confronti delle donne. «Non può essere una coincidenza – dice Adler – che nell'anamnesi di tutti i miei casi, e non soltanto quelli pubblicati, io abbia rilevato una profonda insicurezza del paziente sul suo ruolo sessuale» (p. 48).
Sentirsi inferiori, però, non piace a nessuno, e così «la mente umana escogita una serie di artifici per costruirsi finzioni di sicurezza e di superiorità» (p. 38). Il primo di questi artifici è di celare a se stessi tali sentimenti, creando una «distanza» con l'altro sesso tramite delle scuse, evitando i «compiti di vita» attraverso dei falsi ragionamenti, mirando «a raggiungere una agognata superiorità non con l'alternativa di un'aggressione diretta, ma presentandosi in modo serpentinamente tortuoso» (p. 54). Risulta così che «l'omosessualità sia il risultato di un training, messo in atto, sin dalla sua infanzia, da un essere umano scoraggiato che, coll'imbroglio dell'omosessualità, percorre una via che dovrebbe evitargli la possibilità di sconfitte ma che, invece, lo esclude dall'altro sesso e gli preclude la normale evoluzione del problema dell'amore» (p. 34).
Quali sono i fattori che promuovono tali sentimenti di inferiorità? Adler ne individua diversi, come la paura dell'altro sesso ritenuto arbitrariamente «superiore» e, quindi, fonte di «paura»: «Le tendenze alla perversione degli uomini si rivelano come aspirazioni compensatorie, indotte e sperimentate nell'intento di rimuovere un sentimento di inferiorità generato da un sopravvalutato potere della donna. Allo stesso modo, anche le perversioni delle donne sono tentativi compensatori per porre rimedio al sentimento di inferiorità femminile nei confronti dell'uomo, considerato più forte» (p. 40). Tuttavia sono soprattutto le percezioni di inferiorità fisiche, le pratiche educative e le configurazioni familiari su cui Adler pone l'attenzione: «Per lo più sono le inferiorità fisiche e psichiche, anche se suscettibili di compensazione, che costituiscono le cause più importanti [di un disarmonico sviluppo]. Ma anche gli errori nell'educazione agiscono in modo altrettanto forte, se fanno apparire insuperabile al bambino la sua distanza dall'adulto» (p. 43). Un'educazione autoritaria, fredda e sminuente o, al contrario, permissiva, lassista ed indifferente che può avere luogo in un contesto familiare in cui il padre è «tirannico» ed eccessivamente «severo», ma anche quando si è figli di una «madre forte e inflessibile», con «brama di potere», che ostacola la formazione di una «vera fiducia in se stesso, soprattutto nei confronti delle donne».
Adler denuncia la numerosità di persone con tendenze omosessuali che vogliono disfarsi di attrazioni sessuali indesiderate: «molti omosessuali oppongono una violenta resistenza alla loro perversione e cercano di guarire» (p. 90), «[...] tanti pervertiti sentivano la loro perversione come un pesante, o davvero insopportabile, martirio e che ne volevano essere liberati a qualsiasi prezzo» (p. 91). Eppure già allora: «[...] nessuno aveva mai reso noto in più ampie cerchie neppure uno dei casi di inconfutabile guarigione dall'omosessualità, tanto che tutti i, pur numerosi, casi di "superamento dell'omosessualità" sono stati dimenticati» (p. 90). Nel testo Adler descrive sette casi clinici, con cui intraprende una vera e propria terapia: «trasformare un codardo già adulto in un essere umano coraggioso […]. È infatti su questo che si incentra principalmente la terapia dell'omosessualità, come del resto anche quella della psiconevrosi» (p. 47), che altrove dice essere «[...] sinonimo di incoraggiamento del paziente» (p. 83). Parole come «codardia» e «coraggio», ma anche «perversione» e «nevrosi», potrebbero scandalizzare i benpensanti della nostra epoca, abituati sino all'ipocrisia a rifuggire qualsiasi etichetta.
Tutt'altro che disprezzante, Adler difende a più riprese la decolpabilizzazione giuridica delle persone con attrazioni omosessuali e, come terapeuta, sembra essere animato da una appassionata inclinazione affettiva per i suoi pazienti, come ben testimoniano le seguenti parole: «L'intero processo educativo [della terapia] necessita della massima delicatezza pedagogica e di modi molto garbati» (p. 48). Adler parla di psiconevrosi e perversione per descrivere l'omosessualità, senza, peraltro, ben distinguere le differenze tra le due accezioni. Si potrebbe dunque obiettargli che dal 1917 a oggi la medicina ha compiuto copiosi progressi, uno dei quali è la ben nota derubricazione dell'omosessualità dai più diffusi manuali diagnostici (ad es. le più recenti edizioni del D.S.M., a cura dell'American Psychiatric Association). A tale rilievo risponde Egidio Ernesto Marasco nell'introduzione: «Non vediamo in ciò un segno di un'evoluzione della società e della morale sociale, ma constatiamo piuttosto, un po' preoccupati, che ciò corrisponde alla sparizione di un certo milieu culturale dalla task force degli psichiatri che hanno messo mano alla revisione». E più avanti prosegue: «Le parole, certo, hanno un magico potere creativo, ma non è che abolendo i termini che definiscono i disturbi o non menzionando la loro egodistonicità si eliminano questi problemi» (p. 21).
Una presa di posizione coraggiosa, coerente, del resto, con i giudizi sostenuti nell'introduzione: «La complementarità uomo-donna è quanto richiede la biologia, la psicologia e la civiltà umana, sia ciò sancito o meno da leggi e nosografie psichiatriche» (p. 18). «Che uomini o donne non si nasca ma si diventi, è un'illusione assolutamente svincolata da qualsiasi contestualizzazione biopsicosociale, che richiama le finzioni di cambiamento di specie da cui, da dopo Esopo, tutta la favolistica è piena» (p. 12). Marasco ribadisce la supremazia della realtà sul pensiero, ovvero di «leggi del cosmo» e di «imperativi categorici dell'uomo» a cui è bene accostarsi: «Se è vero infatti che il benessere psicofisico di una persona è testimoniato dal fatto che essa risponda a cosa la società si aspetta da lei, è altrettanto vero che anche ogni società deve sottostare alle leggi del cosmo e agli imperativi categorici di quell'infinito universo che è la coscienza dell'uomo e, quando ci si discosta da questi, lo si può fare solo mettendo in atto delle finzioni e mentendo a se stessi» (p. 16).
Desidero concludere la presentazione di questa importante riedizione con una considerazione personale. Da cattolico mi rendo conto che il tema dell'omosessualità solleva un problema di ragione: la modernità pretende di sostenere che l'omosessualità sia innata o naturale; la Chiesa, d'altra parte, propone la complementarità dei sessi come forma salubre della sessualità. Si apre così una frattura che può banalizzarsi come un divario tra la ragione e la fede, o tra la scienza e la fede. Lo studio approfondito delle ricerche sperimentali, da una parte, e il recupero di una teoria della clinica dall'altra - ora possibile grazie al rilancio convinto del contributo di Adler - riporta la questione sul terreno suo proprio, quello della ragione e della scienza. Il contributo di Adler e le esperienze di Luca di Tolve e altri pongono un problema di ragione alla modernità, testimoniando che è possibile sostenere ragionevolmente e scientificamente che l'omosessualità non sia né innata né naturale. È bene che i cattolici prendano le distanze da teorie ingenue e infondate non solamente sulla base di un'appartenenza ecclesiale – il ben noto: «lo dice la Chiesa» – ma rispondendo con argomentazioni ragionevoli basate su fatti e su teorie.
Adler stesso, in tempi non sospetti, richiamava all'importanza di testimoniare la verità: «Raccogliendo più dettagliate informazioni, risultò che il paziente considerasse l'omosessualità una tendenza immutabile, avvalorando la sua opinione con citazioni di celebri Autori. Non voglio dire che questo, peraltro molto diffuso ed erroneo punto di vista degli Autori, procuri automaticamente un danno. Ma nella perversione, che già si basa su un guazzabuglio di errori che tengono il paziente prigioniero delle superstizioni, affermazioni autorevoli se hanno, ad esempio, questo tenore: «è impossibile guarire dall'omosessualità», sono molto appropriate per sostenere il castello di menzogne del paziente. Coerentemente al nostro punto di vista, è quindi opportuno che noi prendiamo le distanze da simili affermazioni» (p. 50).

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11/07/2015

7 - TRANQUILITY UN NOME RASSICURANTE CHE NASCONDE UN ORRORE
In vendita online il kit per valutare se il bambino che porti in grembo sia degno o no di continuare a vivere
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/06/2015

La confezione ricorda quella dei gift box. Cofanetti regalo per donare ad amici e parenti una vacanza, un giro in mongolfiera, una cena romantica o qualche ora di rafting. Ma all'opposto di questi gift box nella confezione dal nome suadente "Tranquility" non viene venduto divertimento o relax bensì la morte.
Tranquility infatti è un kit che si può acquistare on line dall'azienda elvetica Genoma per sapere se il figlio che sta crescendo nel tuo ventre è affetto da trisomia 21 (sindrome di Down) oppure no. Con 720 euro puoi mettere nel carrello il pacchetto regalo il quale ti verrà recapitato a casa. A questo punto tu mamma ti preleverai del sangue oppure, se vorrai, ti potrai recare in un ambulatorio per farlo. In seguito spedirai gratuitamente il campione presso i laboratori della Genoma e questi ti daranno il referto il quale potrà avere tre esiti. Il bambino è sano, il bambino è malato, il bambino molto probabilmente non è sano. Manco a dirlo se il referto è positivo alla trisomia 21 il figlio verrà di certo abortito. Infatti in occidente la stragrande maggioranza dei bambini down non vede più la luce da tempo.
Nonostante ciò ecco cosa si legge nella pagina internet dedicata a questo test genetico: "Tranquility necessita di un unico campione di sangue periferico e, a differenza dell'amniocentesi, non presenta alcun rischio di nuocere al bambino". Certo, se il bambino è sano, altrimenti state pur "tranquility" che non sfuggirà al boia dell'aborto.
Il prodotto per eliminare gli articoli difettosi della specie umana è di qualità. Infatti nel sito viene descritto come "facile": basta prelevare un po' di sangue e il gioco è fatto. "Sicuro", ma solo per la madre. "Accurato": il margine di errore è intorno allo 0,09%. Ed infine "rapido": quelli della Genoma non ti voglio certo tenere sulle spine.
Nelle spiegazioni offerte alla cliente sul kit Tranquility si fa di tutto per non tranquillizzarla. Infatti ci sono diagrammi e schemi i quali spiegano che se tu donna sei avanti con l'età il rischio di mettere al mondo un bambino down o con altre patologie diventa elevato. Insomma è noto che le leve nel marketing per far vendere alla fine sono due: comprami perché ti farò felice oppure comprami perché ti toglierò un fastidio.
La Genoma è leader nella cosiddetta "medicina predittiva", quella medicina che in futuro più che curare troverà il modo di sopprimere le persone. Non solo quelle che aspettano di nascere, ma anche quelle già nate. L'indagine genetica per scovare in anticipo possibili future patologie infatti porterà in prima battuta ad escludere dal mondo del lavoro e dalla copertura assicurativa soggetti la cui salute non promette nulla di buono. E poi la morte per coloro i quali il fato cromosomico ha condannato alla tomba. Sarà dunque la scoperta dell'acqua calda, cioè che tutti prima o poi finiremo in una bara o per un evento traumatico oppure per una patologia. Il mondo con la medicina predittiva sarà un luogo popolato di sopravvissuti. Un club dei perfetti, di prescelti dai test cromosomici, un ristretta cerchia di sani, magari imbecilli, ma sani. Perché l'imbecillità dell'ideologia per loro fortuna non lascia traccia nel DNA.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/06/2015

8 - NON C'E' EDUCAZIONE SESSUALE CHE POSSA DIMENTICARE LA SACRALITA' DEL CORPO
Perché l'educazione sessuale dei bambini non può essere fatta bene al di fuori della famiglia e farla a scuola è una pessima idea
di Giovanni Bonini - Fonte: Notizie ProVita, 17/08/2015

Mai come in questi ultimi anni, si sta assistendo ad una forte spinta all'educazione sessuale dell'infanzia, verso la emancipazione e la "conoscenza sessuale".
Il "68" si ricorderà certamente per le lotte studentesche e sindacali, ma la vera rivoluzione si ebbe nella sfera della morale sessuale.
Da lì iniziarono grandi cambiamenti nei costumi sessuali, con una notevole spinta verso il femminismo militante, la disinvoltura nel trattare argomenti fino ad allora "scabrosi" come l'uso dei contraccettivi, l'orgasmo femminile, il nudo integrale nei film e negli happening musicali (Isola di White, Woodstock, etc.) ed una diversa sensibilità nel trattare l'omosessualità, prima relegata fra le patologie mentali e poi dopo esclusa dal DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders).
Se quarant'anni fa ci si indirizzava ad una certa fascia di età, quella della adolescenza, oggi si tende a coinvolgere bambini molto piccoli, fin dai primissimi anni di vita, con una aggravante rispetto al passato, l'intenzione di estromettere la famiglia, delegando questa operazione interamente alla scuola attraverso degli educatori (quindi figure estranee che non rientrano fra le conoscenze abituali dei bambini).
In una intervista raccolta dall'Archivio Storico Luce alla fine degli anni sessanta, una ragazza intervistata all'uscita del cinema dove si proiettava il famoso film svedese "Helga", che voleva essere una prima esperienza divulgativa di massa sulla educazione sessuale, dava una risposta a mio avviso molto matura e pertinente: "Tutte le cose che ho visto nel film sono rappresentate in maniera nozionistica e distaccata e non hanno aumentato le mie conoscenze in materia". L'intervistatore incuriosito chiede il perché (forse aspettandosi che la ragazza riferisse di esperienze personali sessuali). Lei invece dà una risposta molto appropriata: "Perché ho una madre molto intelligente che con delicatezza mi ha spiegato tutto".
Nel 1968, in piena rivoluzione sessuale oltre che di contestazione generale, questa ragazza ci dà la chiave di lettura di come un aspetto educativo così delicato come quello della sessualità, possa essere affrontato adeguatamente soprattutto in un ambiente "protetto" come quello della famiglia, con la madre, con il padre, figure che sopra a tutti conoscono la sensibilità dei propri figli.
Anzi, come detto all'inizio, si sta assistendo ad una spinta in questo senso, attraverso un ossessivo utilizzo di immagini e riferimenti con forte valenza sessuale che coinvolgono adulti, adolescenti e anche bambini nelle pubblicità, nella letteratura, nella filmografia, nelle riviste.
Se un tempo esistevano le fasce protette televisive oggi si assiste alla imposizione inadeguata di temi e immagini sessuali adulte in una fase dell'evoluzione tali che possano compromettere lo sviluppo psicologico del bambino.
Il grido di allarme arriva da più parti nel mondo come evidenzia il Forum delle donne Australiane (http://www.womensforumaustralia.com/ ) in un suo articolo pubblicato il 12 maggio di quest'anno dal titolo "Premature sexualisation of Children".
I bambini sono interessati al proprio corpo, provano sensazioni sessuali e riconoscono modelli emergenti di sessualità. "La sessualità infantile fa parte di un processo di sviluppo naturale. Tuttavia, c'è una chiara distinzione tra la sessualità dell'adulto e quella del bambino. L'eccessiva eccitazione sessuale dei bambini o il loro coinvolgimento in immagini sessuali tra adulti e il loro comportamento sessuale può risultare in problemi di sviluppo e generare confusione e ansietà". Bambini e adolescenti, infatti, non hanno la stessa capacità degli adulti di prendere decisioni informate ed esercitare giudizi appropriati.
Tra i 6 e 10 anni i bambini imparano a pensare per immagini e sono incapaci di interpretare in maniera appropriata certe situazioni. I ricercatori hanno trovato che bambini con l'idea che la TV fosse realistica, erano molto più influenzabili da essa ed erano spinti ad essere più permissivi verso il sesso.
Uno studio pubblicato dalla Task Force dell'American Psycologic Association (APA) sulla sessualizzazione delle femmine ha mostrato che immagini sessuali imposte ai bambini ed adolescenti attraverso i media e la cultura popolare sono associati a una serie di problemi di salute. Questi includono: disordine alimentare, ansietà aumentata, disistima di se stessi e problemi legati all'immagine del corpo; e danni allo sviluppo della propria percezione sessuale fino ad un aumento del rischio di sfruttamento della prostituzione, di violenza e di forme di pornografia non desiderate.
Il problema della pornografia si è fatto sempre più pressante in questi ultimi anni.
Si calcola che il 30 % dei consumatori siano adolescenti, anche a causa di una massiva diffusione attraverso internet e questo fa la differenza fra la letteratura ed il cinema erotico degli anni 70-80 e le immagini, spesso associate a violenza nei confronti delle donne, che sono a disposizione di un pubblico anche infantile.
Ciò che caratterizza la odierna pornografia è mostrare delle parti del corpo; non vi è storia fra i personaggi, i visi spariscono per lasciare posto a delle estremità del corpo. La sessualità viene ridotta al suo aspetto genitale e meccanico, la persona è "sfruttata" al fine di ottenere il massimo del piacere. Si esce da una visione relazionale per poi concepire la sessualità nei suoi aspetti meccanici e tecnici, ponendola in una corsa alla performance sessuale al fine di ottenere il massimo del piacere.
Corpo, emozioni ed intelletto vengono smembrate e separate; nella neolingua postmoderna non si dice più "fare all'amore" ma "fare sesso", senza considerare che qualsiasi atto che riguarda la sfera più intima del vivere umano avranno comunque un impatto emozionale buono o cattivo che sia, anche definitivo, quanto più immaturo sarà quel soggetto ed in grado di condizionare future esperienze.
La sessuologa francese Therese Hargot sottolinea la relazione che sussiste fra pornografia e prostituzione, in quanto trasforma in oggetto di piacere il corpo della donna, e questo può giustificarne un costo.
La curiosità sessuale non è un fenomeno nuovo, è sempre esistita, ma una educazione che non tenga conto della componente affettiva, può, come le statistiche ci riferiscono, scadere in un problema di salute pubblica, in una fascia di età molto sensibile e a rischio.
Molti specialisti sono concordi nel sottolineare che una cultura imbevuta di sesso, facilmente accessibile al mondo dell'infanzia, stia presentando un conto salato al benessere emozionale, psicologico e fisico dei bambini e dei ragazzi.
In questa situazione, di sessualizzazione precoce dell'infanzia, con un mondo degli adulti che coinvolge senza filtri, (leggevo della commercializzazione di una tutina con lo slogan "Papino voleva solo un po' di sesso orale", in vendita in una pagina di t shirt nel comune sito di commercio al dettaglio Amazon.com.!), quanto possono essere utili gli Standard per l'Educazione Sessuale in Europa (prodotti dall'Ufficio Regionale per l'Europa dell'OMS e commissionati alla BZgA)?
Questo documento vuole essere un "primo passo" in questa direzione e "contribuire a introdurre l'educazione sessuale olistica", che significa fornire a bambine/i e a ragazze/i "informazioni imparziali e scientificamente corrette su tutti gli aspetti della sessualità", evitando di terrorizzarli con i potenziali rischi e favorendo, piuttosto, un sentimento che li porti a vivere la sessualità e le relazioni di coppia "in modo appagante e allo stesso tempo responsabile".
Tutto questo ha delle potenzialità educative apprezzabili, ma mostra di voler trasferire dalla famiglia alle istituzioni il ruolo educativo principale, introducendo concetti come l'autoerotismo, la contraccezione, l'aborto, che hanno delle implicazioni morali diverse a seconda della cultura, della religione, della etnia.
Questo documento rischia in sintesi di omologare ed omogeneizzare i comportamenti appiattendo le differenze, che a mio parere sono invece una risorsa.
Se l'aspetto culturale riveste una sua importanza, non è da meno la sensibilità personale.
Ogni bambino, dalla sua nascita all'adolescenza, ha un percorso maturativo personale, fatto di relazioni soprattutto con i propri familiari, soprattutto il papà e la mamma, ed ha i suoi tempi personali di maturazione, differente fra maschio e femmina, non solo psicologica ma anche biologica.
Pudore, intimità, privacy sono sentimenti che necessitano rispetto, e atteggiamenti individualizzati soggetto per soggetto. Pensare di superarli imponendo esercizi, nozioni, addestramento come fosse l'insegnamento delle tabelline o il primo canto del Paradiso di Dante, lo ritengo una forzatura se non in certi casi una violenza.
E' vero che nel documento si parla più volte di collaborazione con i genitori, di rispetto della maturazione dei minori, anche di sensibilità verso le morale religiosa, ma tutto questo sembra solo marginale, e di difficile attuazione se poi andiamo ad analizzare nello specifico passo passo il documento e come esso dovrebbe essere attuato.
Quello che invece emerge a chiare note è l'infarcitura ideologica della teoria del gender all'interno del documento, e una eccessiva focalizzazione dell'aspetto genitale e contraccettivo a scapito di quello affettivo.
Nessuno nega che la sessualità sia un aspetto importante della vita dell'uomo, ma quando diventa argomento d'insegnamento, con tutta una serie di specifiche molto dettagliate per affrontarlo, con notizie e nozioni a mio parere molto ridondanti rispetto all'età dei minori il rischio che ne consegue è creare in loro un atteggiamento di onnipotenza, di "tutto è lecito". Dobbiamo essere consci che in questa fase della vita, dove tutto viene immagazzinato come esperienza, ancora non si possiedono però gli strumenti per dominare le nozioni apprese, per discriminare il lecito dall'illecito, il possibile dall'impossibile, e prendere la decisione giusta: se so tutto sul sesso dalla A alla Z perché non metterlo in pratica? Se la sessualità è una cosa bella da praticare a tutte le età, che limite mi pongo io bambina o bambino, che dalla mattina alla sera sono esposta in televisione, nei libri, al cinema, sui social network ed ora anche a scuola ad immagini, letture, conoscenze?
Nei paesi occidentali soprattutto nel Nord Europa, si è assistito in questi ultimi anni ad un abbassamento vertiginoso dell'età del primo rapporto sessuale, e ad un contestuale aumento sia delle malattie a trasmissione sessuale, che di gravidanze indesiderate.
A dispetto del pensiero comune post sessantottino, che vede la rivoluzione sessuale come un atto di liberazione dalla morale, e che vorrebbe tutti gli adolescenti attratti morbosamente dal sesso, sono vari gli studi che mostrano oggi fra gli adolescenti una controtendenza.
Fra questi uno pubblicato su una rivista americana dedicata ai giovani, riferisce che il 66% dei giovani preferisce avere una fidanzata stabile piuttosto che avere rapporti sessuali, il 75% dei ragazzi afferma che preferirebbe aspettare e perdere la verginità con qualcuno che ama davvero mentre il 73% dei ragazzi dice di avere più rispetto per le ragazze che dicono di no al sesso e una buona percentuale (il 56%) di essere "sollevato" quando le loro ragazze vogliono aspettare per avere rapporti sessuali.
Per concludere ritengo che da alcuni anni vi sia in atto una eccessiva campagna di sessualizzazione della società che vede molto esposta l'età evolutiva (dai più piccoli ai più grandi) ed in particolar modo il sesso femminile.
Non è sviluppando le conoscenze tecnico-scientifiche o implementando corsi dettagliati di educazione sessuale fin dai primissimi anni di vita, che si aiutano i minori a crescere e ad affrontare in maniera più consapevole il tema sessualità.
E' invece molto importante un'educazione alla persona nella quale siano sviluppati i temi della consapevolezza, dell'autonomia, della volontà, caratteristiche umane che rendono il bambino/adolescente in grado di affrontare queste tematiche, e non solo questi, con più discernimento; da questo deriverà la capacità di dominare gli impulsi, di dire di no, di saper far fronte al desiderio di saper aspettare.
Oltre a ciò diventa indispensabile il concetto che sessualità ed affettività sono facce di una stessa medaglia, strettamente connesse fra loro, l'una non esiste senza l'altra, e che l'atto sessuale è ordinato al dono di sé e non al piacere egoistico della soddisfazione personale.
Il filosofo Roger Scruton dice: «Siamo vittime di un'ideologia che vuole ricostruire la sessualità senza legami con l'ordine naturale. Oggi si dà per scontato che le sole questioni morali che circondano l'atto sessuale siano quelle del consenso e della 'sicurezza'. Per dirla con Foucalt, si è "problematicizzato" il sesso. Il gesto sessuale è ridotto a funzione corporale emancipata dalla moralità. L'educazione sessuale a scuola cerca di cancellare le differenze fra noi e gli animali, rimuovendo concetti come il proibito, il pericoloso o il sacro. L'iniziazione sessuale significa superare queste emozioni 'negative' e godere del 'buon sesso'. Abbiamo incoraggiato i figli a un interesse depersonalizzato alla sessualità».
Un'educazione di massa, affidata in toto ad esperti, come vorrebbe l'Organizzazione Mondiale della Sanità, con una forte impronta a separare la genitalità dalla affettività, il piacere dal sentimento, e a seguire i concetti dell'indifferentismo sessuale che sta alla base degli studi e della teoria gender può solo creare false aspettative oltre a debolezza e incertezza in chi deve, invece, crearsi una struttura ed una identità solida.
I genitori invece, idoneamente preparati sull'argomento attraverso corsi specifici, conoscendo il grado di maturazione e la sensibilità dei propri figli, sono in grado di affrontare temi così delicati creando un ambiente più empatico e personalizzato, mantenendo inoltre quella cultura etica e morale che contraddistingue la cultura di quella singola famiglia, valore aggiunto per qualsiasi società.
(note bibliografiche nell'articolo originale)

Fonte: Notizie ProVita, 17/08/2015

9 - JOE, CRESCIUTO COME JOELLA, FINALMENTE TROVA LA SUA STRADA E RISOLVE IL SUO DISAGIO ESISTENZIALE COME UN UOMO
La sua storia è un altro esempio di violenza su una famiglia, indotta in nome di una falsa scienza a forzare l'educazione sessuale del figlio
di Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi, 12/08/2015

«Ho sofferto a lungo per problemi relazionali e di amicizia, solo per colpa del fatto che non sapevo chi fossi»; «Tutti avevano superato grandi ostacoli per cambiare il mio certificato di nascita, tanto che non mi ero mai permesso di pensare al fatto che in verità ero un uomo»; «Mi sentivo come se la mia identità mi fosse stata rubata quando avevo un anno e la rivolevo indietro»; «Sono stato cresciuto in tutti i modi come una ragazza, quando invece ero un maschio».
Joe Holliday, icona della battaglia per il cambio di sesso in tenera età negli anni Novanta, ha scelto di raccontare in prima persona la sua vicenda sul Daily Mail. Per certi versi, anche se con esiti molto meno drammatici, la sua storia ricorda quella di Bruce Reimer, il bambino cresciuto come una bambina da uno dei guru dell'ideologia gender, John Money.
Joe nacque il 24 gennaio del 1988 affetto da estrofia della cloaca, una rara malformazione della chiusura della parete addominale anteriore, dove non si è formata correttamente la separazione tra intestino e vescica. Dopo diverse analisi, alla fine dell'anno i genitori, entrambi diciannovenni, «persone comuni del villaggio di Pinchbeck», chiesero appuntamento «a un importante urologo di Great Ormond Street per discutere delle operazioni chirurgiche che mi avrebbero potuto aiutare». Per Joe «quell'incontro rappresentò un bivio cruciale nella strada della mia vita. La mia intera esistenza fu rivoltata». Dopo averlo visitato, il medico disse ai genitori che lo stavano crescendo nella maniera sbagliata e che il bambino doveva essere educato come fosse una femmina.
«È matto?». La madre, inizialmente, non volle dar retta al medico. Ma poi, convinta che dovesse fare qualcosa per il bene del figlio, acconsentì a effettuare il passaggio di sesso, affinché, come le disse il medico, si potesse «dare a voi stessi la possibilità di lasciar andare vostro figlio e dare il benvenuto a vostra figlia».
Fu così che Joe diventò Joella. I genitori si separarono e la madre sposò un altro uomo.«Al matrimonio portavo un abito lungo con fiocchi e fronzoli. Sapevo che non ero io, ma sopportavo tutto». La madre, per le difficoltà burocratiche a far cambiare il certificato di nascita di Joe, si rivolse alla stampa. Il caso arrivò sulle prime pagine dei quotidiani, coinvolgendo numerose celebrità dell'epoca. Su tutte la principessa Diana che inviò a «Joella» una lettera di sostegno per la sua battaglia.
«Avevo solo otto anni – ha scitto Joe sul Daily Mail -, e iniziai ad apparire agli show televisivi di prima mattina». E anche se «la maggior parte delle persone erano gentili» a scuola la situazione divenne insopportabile: «Alla scuola elementare ero vittima di un terribile bullismo». Dopo dieci anni di battaglie, nel 1998, la madre ottenne il cambio dei documenti; ci fu una «grande festa» e il suo nome riapparve «sulle prime pagine dei giornali». Nonostante ciò, «cominciai a percepire che la mia vita si complicava e nell'adolescenza cominciò una spirale che mi portò fuori controllo».
Joella assumeva farmaci «per indurre la pubertà e far crescere il seno», ma capiva che c'era qualcosa che non andava. «Sapevo che non avrei mai avuto nessuna relazione» e che «non avrei mai avuto una famiglia». «Era come se non mi sentissi del tutto umano», ha scitto sul quotidiano inglese.
«Quando giocavo avevo sempre ruoli maschili, volevo essere il pompiere e l'eroe, mai la principessa». Ai piccoli segni della sua mascolinità, Joe cercava di trovare una spiegazione razionale. Se amava il calcio o le macchine, si diceva che anche molte ragazze avevano queste passioni. Se provava attrazione per le compagne, subito si autogiustificava: «E allora? Migliaia di persone sono gay».
Qualcosa, però, covava nel profondo. Così Joe/Joella pensò al suicidio e, dopo qualche visita per curare il suo stato depressivo, iniziò ad assumere farmaci per curare la sua angoscia: «Ma mi sentivo ancora confuso e infelice». Così nel 2013, giunto ormai all'età di 25 anni, il ragazzo fu visitato da uno specialista del Pilgrim Hospital di Boston. Il medico lo sottopose al test del cromosoma. Pur sapendo che «questa era l'unica cosa che avrebbe risposto alla domanda sul mio genere sessuale», Joe non si era mai sottoposto al test per paura di provocare dolore e sensi di colpa alla madre. I risultati furono chiari: i cromosomi sessuali di Joe erano XY. Maschio.
Fu così che realizzò «che ero un uomo e stavo vivendo in una bugia». Fu allora che capì di aver sofferto a lungo «problemi relazionali e di amicizia, solo per colpa del fatto che non sapevo chi fossi» e che siccome «tutti avevano superato grandi ostacoli per cambiare il mio certificato di nascita, non mi ero mai permesso di pensare al fatto che in verità ero un uomo». E quindi «mi sentii come se la mia identità mi fosse stata rubata quando avevo un anno e la rivolevo indietro». «Sono stato cresciuto in tutti i modi come una ragazza, quando invece ero un maschio».
Oggi Joe ha smesso di prendere ormoni femminili ed è in attesa dell'intervento chirurgico per la ricostruzione dei genitali. Qualche tempo fa, ha ricordato, «un pensiero balenò nella mia mente: "E se mi accadesse qualcosa prima di riuscire a concludere il passaggio?". È stato allora che ho capito che stavo facendo la cosa giusta. Il momento in cui ho capito che era tutto a posto».

Fonte: Tempi, 12/08/2015

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