Amici del Timone n�74 del 01 febbraio 2018

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ALZHEIMER E PARKINSON: INTERROTTE LE RICERCHE
Non è un caso che ormai sia sempre più diffusa l'eutanasia legale: il destino degli anziani malati è segnato
di Paolo Gulisano

Il mese scorso la Nuova BQ aveva segnalato ai propri lettori l'esistenza di un aumento della mortalità in Italia. Il sospetto che avanzavamo per spiegare questo fenomeno era un venir meno della qualità e della quantità di cure nei confronti dei soggetti più fragili: anziani, disabili, pazienti cronici. Arrivano ora preoccupanti segnali di conferma di questa ipotesi.
E' notizia degli ultimi giorni che un gigante dell'industria farmaceutica mondiale, la multinazionale americana Pfizer, ha annunciato di voler rinunciare alla sperimentazione delle cure per il Morbo di Parkinson e per l'Alzheimer, due malattie gravemente invalidanti. In Italia i casi di demenza sono oltre un milione e di questi 600mila sono di Alzheimer. Nel mondo ogni tre secondi c'è un nuovo caso e questo tipo di demenza è diventato un grave problema sanitario, tanto che c'è chi afferma che questa patologia metta a rischio la sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali e la stessa società. Nella sola in Italia, che ricordiamo è il Paese più vecchio d'Europa, i costi socio-sanitari complessivi stimati ammontano a circa 6 miliardi di euro. Le proiezioni al 2051 indicano infatti che in Italia ci saranno 280 anziani ogni 100 giovani.
Dunque ci sarebbe molto da fare, in termini di prevenzione, e in termini di ricerca. Eppure un gigante come Pfizer si tira indietro. Una azienda che fattura annualmente miliardi di dollari, una gran parte dei quali è giunta negli anni scorsi dal Viagra, il ben noto farmaco per la disfunzione erettile che è stato (ed è ancora) una pentola dell'oro inesauribile al servizio del consumismo sessuale, dall'adolescenza all'età senile.
La Pfizer vanta un portafoglio prodotti che comprende più di 600 molecole, vanta la più grande organizzazione di ricerca e sviluppo dell'industria farmaceutica grazie alla sua divisione Pfizer Global Research and Development, ed è in grande salute.
Il problema è che le risorse in precedenza destinate alle ricerche sulle patologie neurodegenerative vengono dirottate in aree in cui ha già raggiunto una forte leadership scientifica e un grande impatto mediatico, ovvero i vaccini. La multinazionale produce vari vaccini, tra cui quelli contro le Meningiti - in Italia da un anno in gran voga - e il Pneumococco, causa di infezioni delle vie respiratorie. Patologie importanti, senza dubbio, ma se le malattie neurologiche sono il vero incubo finanziario e sanitario dell'Occidente, perché vengono stabilite queste priorità di impegno? Forse perché le malattie neurodegenerative sono – guarda caso - patologie senili, patologie invalidanti, che vanno ad inficiare la cosiddetta "qualità della vita". E a questi problemi c'è una soluzione facile: l'eutanasia.
Sono le malattie sulle quali la cultura eutanasica moderna si sta concentrando. La stessa recente legge votata dal Parlamento italiano sulle DAT va in questa direzione: creare le condizioni, e soprattutto una mentalità favorevole all'eliminazione di vite ritenute indegne di essere vissute.
Ora, è evidente che la Pfizer non ha ragionato così, e che la resa non è totale, tanto che si può leggere nel corporate statement sull'argomento della multinazionale americana che "la neuroscienza è un'area di enorme bisogno insoddisfatto per i pazienti e intendiamo creare un fondo di venture capital dedicato per sostenere gli sforzi continui di avanzamento sul campo», tuttavia è un fatto che, almeno a livello di cultura e di sentire comune, la percezione preoccupata è le che aziende farmaceutiche, per non dire le istituzioni pubbliche o i centri di ricerca universitari, non facciano tutto quello che sarebbe scientificamente possibile e socialmente e umanamente necessario e doveroso. In parole povere: che cosa stiamo a studiare queste malattie da vecchi se possiamo ricorrere all'eutanasia?
Ci sono vari modi per condizionare la ricerca scientifica non sulla base dei bisogni dell'uomo, ma sulla base di determinate visioni ideologiche, e sulla base dei bisogni creati artificialmente dalla società. Esiste un precedente preoccupante: la rinuncia a studiare l'infertilità, visto che comunque c'è la procreazione assistita, una pratica - tra l'altro - estremamente lucrosa. Certe ideologie, e certe leggi dello Stato, riescono a creare una mentalità, magari ben nascosta e camuffata sotto l'idea di libertà individuale, che porta sempre più ad una cultura della morte.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10/01/2018

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