Amici del Timone n�69 del 01 luglio 2017

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CHI PUO' DECIDERE SE UNA VITA E' DEGNA DI ESSERE VISSUTA?
La storia di Emanuele insegna che la malattia non è ciò che rovina la vita, che è sempre un dono di inestimabile valore. E i medici non sanno tutto in proposito.
di Costanza Signorelli

Si chiama Emanuele Campostrini è affetto da una patologia grave e rarissima ad esito infausto: la sindrome della deplezione del Dna mitocondriale. E' lo stesso tipo di male da cui è affetto Charlie Gard, il piccolo di 10 mesi che sta scuotendo il mondo, poiché appeso al filo di un estenuante processo giudiziario che lo vuole morto contro la volontà dei suoi stessi genitori. Come Charlie, anche Emanuele, nato apparentemente sano, ha cominciato a manifestare i primi segni della malattia a due mesi. E anche per lui il verdetto dei medici è stato da subito impietoso: nessuna cura possibile, nessuna speranza di vita, pericolo di morte imminente. Ma c'è un fatto che rompe tutti gli umani schemi e le logiche previsioni: Emanuele oggi ha 9 anni e vive. Non solo, è considerato uno dei pittori italiani di maggior talento, spesso paragonato ad altri giovani artisti famosi di tutto il mondo. Per questo la mamma, Chiara Paolini, ha lanciato un accorato appello ai giudici della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che in queste ore devono scegliere per la vita o la morte del piccolo Charlie. Ma andiamo con ordine.
LA MALATTIA
Mele, questo il suo nome d'arte, nasce a Camaiore nell'aprile del 2008 e oggi vive a Pian di Conca, un piccolo paese della provincia di Lucca. Alla sua nascita mamma Chiara e Papà Massimo hanno già un bimbo di due anni e dopo di lui arriverà anche una sorellina. Circa al secondo mese, il neonato inizia a dare i primi segnali: crisi epilettiche importanti che non promettono nulla di buono. Data l'estrema rarità della malattia, la diagnosi arriva dopo circa un anno, ma già dai primi sintomi il bambino subisce un peggioramento velocissimo, tanto che riceve il Battesimo e la Cresima con il rito per i bambini prossimi alla morte. Ad oggi la cura per la guarigione di Emanuele non esiste e pare che la scienza sia ancora molto lontana dal conoscerla, esistono però terapie palliative che lo possono fare stare meglio. Intanto il suo male procede procurandogli devastanti alterazioni neurologiche, respiratorie, motorie e sensoriali. Ha continui movimenti involontari. Non riesce più a mangiare e viene nutrito con un sondino nasogastrico oltre ad un ventilatore elettrico per respirare. Ogni giorno ha crisi epilettiche di gravità variabile. A volte perde conoscenza, deve essere aspirato meccanicamente e rianimato con un pallone autoespansibile o con la respirazione bocca a bocca. E' sordo e parzialmente cieco. E' tetraplegico e il suo corpo è abbandonato come quello di una bambola di panno. Ma conserva la mobilità del capo e delle mani.
IL GENIO
Delle mani, appunto. E' con le mani e poi con le braccia, la faccia ed il corpo intero che Mele dipinge le sue autentiche opere d'arte. Che non sono tali solo per gli occhi innamorati di sua madre: diversi artisti e critici d'arte hanno giudicato le sue creazioni straordinarie, tanto che a soli sei anni Mele ha esposto la sua prima mostra, "La vita dipinta", presso la basilica della Santissima Annunziata di Firenze, luogo d'arte e di pittura mondiale, oltre che principale santuario mariano del capoluogo toscano. Quando poi il musicista e tenore di fama internazionale, Andrea Bocelli, lo vede in azione afferma: "La lezione che Mele impartisce, mentre dipinge, ma anche prima e dopo, è più profonda di qualsivoglia dotta disquisizione (artistica e finanche teologica)". In realtà la scoperta del suo inaspettato talento, avviene per caso: "Suo fratello Giovanni – racconta mamma Chiara - era preoccupato perché all'asilo non riusciva a disegnare bene. Allora mi reco in un negozio a comprare tela, tempere e pennelli per farlo divertire colorando. Al negozio, mentre compro le cose, penso: "E Mele? Io ho due figli e, anche se Mele non riuscirà a fare nulla, bisogna che provi comunque. Così ho comprato due tele. Mele aveva tre anni e in quell'occasione dipinge il suo primo quadro, lo guardiamo: era davvero bello! Da allora ha continuato a dipingere opere di una vitalità commovente". Eppure, non è affatto per caso che il suo talento gli è stato donato: "Lui comunica così – continua la mamma - non può parlare, non può raccontare, ma dipinge. Dipinge tutto: ciò che vede, ciò che vive, ciò che sente. Dipinge il suo mondo interiore. I suoi dipinti trasmettono con impressionante realismo la grande gioia e la vitalità della sua anima".
L'ANIMA
Ed è proprio questo il punto: la sua anima. L'arte di Mele, la sua pittura, le sue opere d'arte sono solo il mezzo e non il fine, per farci comprendere quale straordinaria profondità e quanta bellezza si dischiude nella sua anima. La sua genialità è solo uno strumento, un dono, che illumina il mondo laddove troppo spesso è incapace di vedere: Mele ha un'anima e perciò solo ha una ricchezza incommensurabile. E come lui, tutte le persone in simili condizioni di dolore: gli allettati, i moribondi, gli handicappati, gli storpi, i malati in coma vegetativo... Se dunque questo bambino non fosse un genio? Se nessuno comprendesse e valorizzasse le sue opere? Se non riuscisse a tracciare nemmeno una riga? Che cosa resterebbe? Resterebbe ciò che di lui veramente ed essenzialmente ed infinitamente vale: la sua anima. Perché quel suo copro privo di efficienza, così lontano dalla perfezione, così odioso al mondo - tanto che il mondo lo vorrebbe eliminare - è il tempio di una Presenza. "Un giorno, a 6 anni - racconta ancora la mamma - Mele ci ha detto di voler fare la Comunione. Ce lo ha comunicato tramite il linguaggio Caa e l'etran, una tavoletta trasparente con lettere o simboli sulla quale la persona indica con gli occhi ciò che vuol dire. Ha fatto il catechismo da casa: la catechista manda tutto il materiale per email e noi lo traduciamo in simboli WLS per lui. Vista la situazione, il sacerdote ha detto che non era necessario che si confessasse, ma mio figlio ha preteso di confessarsi come tutti, prima di ricevere la Comunione, tramite un intermediario che conosceva la lingua dei simboli usata dal bimbo. La sua Prima Comunione è stata stupenda: unico bambino a riceverla, durante la Messa parrocchiale della mattina, la Chiesa stracolma di persone. Si è comunicato davanti all'altare, con il solo vino: una goccia dal calice, che con una siringa si depone sulla lingua, perché è totalmente disfagico e non mangia, né beve niente per bocca. Quando ci siamo girati per tornare al nostro posto, tutti quelli che erano in chiesa piangevano di commozione".
LA TESTIMONIANZA
La vita di questo bambino è una testimonianza continua. Non solo per la sua famiglia che lo ha amato e voluto da sempre, "io e mio marito – racconta Chiara - avevamo parlato prima di sposarci e avevamo deciso di accogliere i figli così come sarebbero stati. Poi è arrivato Mele e noi ci siamo affidati al Signore: anche se non capiamo tutto, noi pensiamo che il Signore ci voglia bene e che sappia cosa sta facendo". Ma questo bambino, così com'è, è una ricchezza per l'intera comunità. Basta guardare lo straordinario video che racconta di come i bambini, compagni di classe delle elementari, lo accudiscono, lo sostengono, gli fanno compagnia. E di come perciò stanno imparando ad amare, per la sua sola presenza, in un modo così vero che chissà quali simili esperienze sarebbero state alrettanto educatrive. La sua testimonianza, attraverso un appello di mamma Chiara, è giunta sino ai giudici Corte Europea dei diritti dell'Uomo (CEDU) che in queste ore stanno decidendo le sorti di vita o di morte del piccolo Charlie Gard. E chi sa mai che, oltre alle loro orecchie, giunga anche ai loro cuori.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/06/2017

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